19 aprile 2024
Aggiornato 05:00
La crisi del Governo Monti

«Chissenefrega» del Cav sullo spread. E il PPE diventa una grana

Gianni Letta glielo aveva preannunciato. Nessuna sorpresa, quindi, per gli attacchi concentrici delle cancellerie europee dopo il quasi-annuncio della sua sesta candidatura. Almeno in teoria. Perché in pratica Silvio Berlusconi un fuoco di fila così consistente non è che proprio se lo aspettasse

ROMA - Gianni Letta glielo aveva preannunciato. Nessuna sorpresa, quindi, per gli attacchi concentrici delle cancellerie europee dopo il quasi-annuncio della sua sesta candidatura. Almeno in teoria. Perché in pratica Silvio Berlusconi un fuoco di fila così consistente non è che proprio se lo aspettasse. Figurarsi quanto ci è rimasto male quando gli hanno messo sotto il naso le dichiarazioni del capogruppo del Ppe a Bruxelles, Joseph Daul, che ha definito un grande errore del Pdl (e dunque del Cavaliere) la caduta del governo Monti e messo in guardia l'Italia da certe derive populiste. Ma come fanno - è sbottato al telefono con i suoi fedelissimi - a rivolgere certe accuse proprio a noi che abbiamo adottato la carta dei valori del Ppe?

D'altra parte Berlusconi, per qualche ragione, è convinto che le sue ultime uscite contro l'euro e l'Unione troppo filo-germanica non possano essere considerate anti-europeiste giacché lui, semmai, ha sempre auspicato una Bce più forte e una politica estera comune. Ed è quello che ha provato a spiegare in una telefonata questa sera con lo stesso Daul. Tentando anche di far capire che il Pdl non è stato irresponsabile verso il governo Monti avendolo sostenuto per quanto possibile, ma che insomma, non si poteva andare oltre nel sostegno alla sua politica di rigore. Pare che al capogruppo del Ppe tali spiegazioni non siano bastate.

D'altronde il rapporto con il Professore pare essere ormai il discrimine fondamentale dalle parti del Parlamento europeo. Nella stessa delegazione del Pdl a Bruxelles, infatti, è in atto una sorta di mini terremoto con i fedelissimi berlusconiani, in testa Licia Ronzulli, che sono arrivati a chiedere addirittura le dimissioni del capodelegazione Mario Mauro proprio per le sue dichiarazioni critiche verso il Cavaliere. Insomma, pare che la cittadina belga sia diventata un palcoscenico non troppo favorevole: Berlusconi potrebbe decidere anche di annullare la sua presenza al vertice del Ppe in agenda per giovedì.

D'altra parte era evidente che il rapporto con l'Ue avrebbe giocato un ruolo fondamentale in questa campagna elettorale. Semmai serviva ancora una conferma, l'ex premier l'ha fornita questa mattina quando, durante 'La telefonata' su Canale, 5 è arrivato addirittura a chiedere 'e chi se ne importa dello spread', quasi dimenticando che è proprio a causa di quel benedetto differenziale con i bund tedeschi che 13 mesi fa ha deciso di lasciare palazzo Chigi facendo posto ai professori.

Ed è sempre là che si torna: ai professori. O meglio, al Professore. Perché al di là dell'ostentazione di indifferenza, le prossime mosse di Mario Monti sono tutt'altro che ininfluenti per il Cavaliere. Che pare si sia convinto che il presidente del Consiglio non si candiderà a capo di una lista perché ormai ha un accordo con Bersani per andare al Colle. «Io - ha ripetuto anche in queste ore - gli avevo offerto di mettersi alla guida dell'unione dei moderati, ma lui ha detto no per le pressioni del Colle». E tuttavia, se Monti dovesse 'scendere in campo', non è escluso - spiega chi ha avuto modo di parlarci - che l'inquilino di Arcore non opti addirittura per un passo indietro.

Intanto Berlusconi cerca almeno di mettere a posto un tassello, ossia quello del rapporto con la Lega. Questa sera a palazzo Grazioli è in programma una cena con Roberto Maroni alla quale parteciperanno anche Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgietti. L'ex premier si è detto convinto di poter chiudere un accordo per le Politiche che passi attraverso la Lombardia e il ticket Maroni-Gelmini. Intesa che mette in subbuglio la base del Carroccio contraria a un ritorno di fiamma con il Cavaliere. Ma per superare le ultime resistenze, Silvio mostrerà dei sondaggi che riguardano non solo la Regione (+2% rispetto al centrosinistra) ma anche palazzo Madama: in caso di accordo le possibilità di avere un peso al Nord sarebbero decisamente maggiori e inoltre la Lega potrebbe puntare a 7 senatori in Lombardia e 3 in Veneto. Non poco, visti i tempi.