28 agosto 2025
Aggiornato 10:00
La crisi di Governo vista dai Vescovi

La CEI in campo, divorzia da Berlusconi e punta su Monti

Un divorzio scatenato dall'annuncio dello stesso Cavaliere di tornare in campo e dalla successiva accelerazione che il presidente del Consiglio Mario Monti ha impresso al quadro politico. «Non si può mandare alla malora i sacrifici di un anno», ha tuonato in un'intervista al Corriere della sera il cardinale Angelo Bagnasco

ROMA - Alla fine, Mario Monti fa divorziare la Conferenza episcopale italiana da Silvio Berlusconi. Alleato solido della Cei del card. Ruini per un quindicennio, poi, nel corso degli anni, partner sempre più imbarazzante, Berlusconi è stato definitivamente 'scaricato' oggi dai vertici della Conferenza episcopale italiana. Un divorzio scatenato dall'annuncio dello stesso Cavaliere di tornare in campo e dalla successiva accelerazione che il presidente del Consiglio Mario Monti ha impresso al quadro politico. «Non si può mandare alla malora i sacrifici di un anno», ha tuonato in un'intervista al Corriere della sera il cardinale Angelo Bagnasco. «Ciò che lascia sbigottiti è l'irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa sta ancora bruciando». Ora la Cei - mai così in linea con il Vaticano del cardinale Tarcisio Bertone - tifa per il Professore, sperando che giunga anche la sua 'benedizione' per un rassemblement di centro che sciolga l'incertezza elettorale per i cattolici.

La freddezza dei vertici della Chiesa nei confronti di Berlusconi non è una novità assoluta. Bagnasco, Bertone e le associazioni cattoliche di Todi tolsero il loro sostegno al Cavaliere, l'anno scorso, concorrendo alla sua uscita da Palazzo Chigi. Ma, fino agli ultimi giorni, l'addio non era conclamato. Adesso, per Bagnasco «sarebbe un errore in futuro non avvalersi di chi ha contribuito in modo rigoroso e competente alla credibilità del nostro paese in ambito europeo e internazionale evitando di scivolare in situazioni irreparabili».

I vertici della Cei, ora, osservano quale sarà la prossima mossa di Monti. La speranza è vederlo coinvolto, in qualche modo, in prima persona. Magari non da solo, certo. Le sue annunciate dimissioni sono state «un altro serio e disinteressato servizio all'Italia e agli italiani reso da un uomo capace di dirittura personale, motivato rigore e saggia e popolare moderazione», ha commentato il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. «Non può essere l'ultimo, non dovrà esserlo». Di Mopnti, però, non si potrà comunque fare a meno.

Il premier, però, non ha ancora sciolto la riserva se darà il suo sostegno ad una 'lista per Monti' o no. «Noi vorremmo avere Monti, ma non lo forziamo, aspettiamo di vedere cosa sceglierà di fare», ha detto Andrea Olivero, presidente delle Acli. «Cosa farà Monti? Bisogna chiederlo a lui, mi domando cosa farà l'Italia», afferma il ministro Andrea Riccardi. Di sicuro un sostegno esplicito di Monti farebbe volare un 'rassemblement' che veda assieme, verisimilmente in due liste elettorali collegate, l'Udc di Pier Ferdinando Casini e una lista 'Italia civica' nata dall'iniziativa 'Verso la Terza Republica di Riccardi, Olivero, Montezemolo ed altri esponenti della società civile. Ma i tempi sono brevi, la legge elettorale resta, problematicamente, il 'Porcellum', e non è esclusa, in questo contesto, nessuna 'extit strategy'. Solo il Professore, del resto, può sciogliere tutti i dubbi.

Quel che è certo è che di Berlusconi la Chiesa non si fida più. Anche tra i ciellini, le perplessità si moltiplicano. E c'è chi prospetta una 'terza gamba' del nuovo centro, costituito da quelle associazioni di Todi meno inclini ad un'alleanza elettorale con Bersani e dai fuoriusciti dal Pdl ripreso in mano da Berlusconi. Nel partito cattolici 'doc' ce ne sono molti, ma, con il Porcellum, molti potrebbero non ritrovare il proprio nome in lista. In tal caso, il partito di centro-destra non godrebbe di alcuna simpatia da parte dei vertici ecclesiali. Che, invece, pur ponenedo paletti e puntualizzazioni, iniziano a guardare con attenzione il Pd. Non solo per la presenza, al suo interno, di una solida componente cattolica e popolare. Bersani rassicura. Non a caso, l'Osservatore Romano ha salutato il suo trionfo alle primarie sottolineando che la sua promessa - «Dobbiamo vincere ma non si può vincere a qualsiasi prezzo, raccontando favole, perché poi non si governa» - è «un punto cruciale per il partito e per il Paese: la necessità di una buona dose di realismo nella ricetta che i partiti intendono proporre per fare uscire l'Italia dalla crisi. E' un tema che deve accomunare tanto la sinistra quanto la destra». Non - è il sottinteso - la destra berlusconiana.