19 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Consiglio federale della Lega Nord

Lega, Maroni «ottiene» l'espulsione della Mauro

Umberto Bossi, i «triumviri» e tutti i componenti del Consiglio federale hanno chiesto più volte a Rosy Mauro di dimettersi dall'incarico di vicepresidente del Senato. Richiesta respinta dall'interessata. Così, i vertici del Carroccio hanno decretato «all'unanimità» la sua espulsione dal partito

MILANO - La decisione di espellere dalla Lega Rosy Mauro è stata presa dopo che l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni ha minacciato di dimettersi se il Consiglio federale non avesse deliberato la 'cacciata' della vicepresidente del Senato. Lo si apprende al termine della riunione del Consiglio federale della Lega.

DECISIONE UNANIME - Umberto Bossi, i «triumviri» e tutti i componenti del Consiglio federale hanno chiesto più volte a Rosy Mauro di dimettersi dall'incarico di vicepresidente del Senato. Richiesta respinta dall'interessata. Così, i vertici del Carroccio hanno decretato «all'unanimità» la sua espulsione dal partito «ritenendo inaccettabile la sua scelta di non obbedire ad un preciso ordine impartito dal Presidente Federale e dal Consiglio Federale». La ricostruzione è riportata nel comunicato finale del vertice di via Bellerio. Umberto Bossi e Marco Reguzzoni non hanno partecipato al voto come anche Francesco Speroni, presente all'incontro ma senza il diritto di voto.
A quanto si apprende, Rosy Mauro ha effettuato una «strenua difesa di se stessa».

NESSUN PROVVEDIMENTO PER RENZO BOSSI - Durante la riunione del Consiglio federale invece non è stato preso alcun provvedimento nei confronti di Renzo Bossi né è stato affrontato l'argomento. A quanto si apprende, l'orientamento generale è stato quello di considerare sufficienti le dimissioni rese spontaneamente dal figlio dell'ex segretario della Lega dal Consiglio regionale lombardo e di non voler «infierire» su una vicenda che ha colpito profondamente il «capo».

STRENUA AUTODIFESA DELLA MAURO - Rosy Mauro si sarebbe prodotta in una «strenua autodifesa», ha spiegato a Tmnews un leghista di vecchio corso che ha partecipato al Consiglio federale, ma «non ha voluto capire» che non avendo soddisfatto la richiesta di dimissioni sia del presidente della Lega Umberto Bossi sia del triumvirato che guida il Carroccio dopo le dimissioni del «capo» si è di fatto messa «contro le direttive del partito».
E' con questa constatazione, secondo una ricostruzione, che alcuni componenti del Consiglio federale, tra cui il deputato veneto Gianni Fava, hanno posto la questione a Bossi. Alla richiesta si è associato Roberto Maroni, che ha ricordato la promessa fatta due giorni fa a Bergamo al raduno dell«orgoglio padano' («Se non si dimette, la dimetterà la Lega«) e minacciato di rassegnare lui stesso le dimissioni da membro del triumvirato se il Consiglio federale non avesse votato a favore dell'espulsione. Richiesta accolta quasi all'unanimità. Bossi, a quanto si è appreso, non avrebbe partecipato alla votazione, così come l'ex capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni. Neanche Angelo Alessandri, ex presidente federale della Lega prima di Umberto Bossi, era presente, secondo quanto riferito da Rosi Mauro al termine dell'incontro, al momento del voto.