PD, Renzi è l'astro nascente per il dopo-Monti. Parola del Financial Times
L'analisi del corrispondente Guy Dinmore: Con Alfano Berlusconi ha già puntato sul ricambio generazionale. Bersani: Se sarò candidato Premier non sarà per norma Statuto. Veltroni: Le primarie di coalizione sono una stranezza italiana
ROMA - «Se il Partito Democratico deciderà, come ha fatto Mr Berlusconi, che è giunta l'ora di un ricambio generazionale e che il cammino verso la vittoria elettorale è convincere chi vota delle sue credenziali «montiane», allora un astro nascente che ha la possibilità di mettersi alla prova è Matteo Renzi, il sindaco 37enne di Firenze». Lo sostiene il Financial Times, in edicola oggi, in un articolo bene in vista fra le pagine esteri dedicato al «sentimento dell'opportunità di un cambiamento politico ad ampio spettro» in Italia (come recita il titolo).
Renzi si presenta come un fan delle riforme - Il punto di partenza dell'analisi firmata dal corrispondente Guy Dinmore è che il governo tecnico «non sta soltanto svegliando un'economia moribonda, ma anche alimentando le speranze di un elettorato ormai disilluso sulla possibilità di un profondo cambiamento politico. Monti ha appena completato i suoi primi cento giorni da presidente del Consiglio, e gli investitori stranieri si chiedono già cosa accadrà all'indomani delle politiche dell'anno prossimo» prosegue il quotidiano della City londinese.
Se è così, il «rottamatore» Renzi, che «si presenta come un fan delle riforme del mercato del lavoro» dell'attuale esecutivo, sembra determinato «ad andare oltre». «Va bene liberalizzare i taxi e le farmacie» commenta lui stesso interpellato dal quotidiano britannico, «ma cosa mi dice di banche, assicurazioni e aziende energetiche?» aggiunge il sindaco di Firenze. E ancora: «Prima la politica italiana era guidata dall'odio fra nemici. Berlusconi andava dicendo che i comunisti mangiavano i bambini e la sinistra che lui era il male assoluto... Monti ci ha portato fuori da questa fase di odio - secondo Renzi - in una fase di dibattito e confronto».
Bersani: Se sarò candidato Premier non sarà per norma Statuto - «Lo statuto del Pd dice che il segretario è il candidato alla premiership ma a me non piacciono le decisioni prese con strumenti statutari o notarili. Sono a disposizione ma non per una norma allo statuto». Lo ha detto Pier Luigi Bersani durante la registrazione di Rapporto Carelli su Sky Tg24 a proposito della leadership del centrosinistra.
«A me interessa l'Italia - ha ribadito il segretario del Pd - non metto davanti le mie prospettive, se si riterrà però non lo dobbiamo decidere in quattro o cinque o attraverso norme statutarie, i meccanismi di partecipazione sono la cosa migliore» anche se «le primarie si faranno se lo deciderà la coalizione».
Veltroni: Bersani resta segretario fino alla scadenza - «Assolutamente sì». Walter Veltroni risponde così a Barbara Palombelli che, su Radiodue, gli chiede se Pierluigi Bersani resterà segretario fino alla scadenza naturale nell'autunno del 2013. «Ho chiesto a tutti di sciogliere le correnti e le componenti, non ne ho mai creata una, questa ossificazione rischia di far male a un partito», e mentre «altri partiti sono in crisi», «noi abbiamo voglia di discutere».
«L'ultima direzione è stata a ottobre, da allora sono successe cose clamorose», ha aggiunto Veltroni riferendosi alla prossima direzione convocata per il 26 marzo. Si discuterà, come «Napolitano e Ingrao discutevano con Berlinguer nel Pci».
Le primarie di coalizione sono una stranezza italiana - «Le primarie nella storia non italiana, ma mondiale, sono primarie di partito. Si tratta di partiti grandi che trovano la loro composizione con le primarie. Quelle di coalizione sono cosa molto italiana e sono una stranezza». Secondo l'esponente Democratico dalle primarie «non si torna indietro, sono un valore e l'esito va sempre rispettato, chiunque vinca, ma bisogna cercare di metterne a posto il meccanismo».
Gentiloni: Bersani Premier? Dipende da Monti e legge elettorale - Il Pd nel 2013 dovrà garantire «continuità» con le riforme avviate da questo Governo, è giusto pensare di candidare a premier il segretario Pier Luigi Bersani, ma tutto dipenderà dal tipo di legge elettorale con cui si andrà a votare e dalle scelte che farà l'attuale premier Mario Monti. In una intervista all'Unità Paolo Gentiloni, dirigente Pd della minoranza, parla esplicitamente del tema della leadership in vista delle prossime elezioni.
Gentiloni parte dal voto a Palermo e spiega che «non si può più rinviare una discussione a livello nazionale». In generale, aggiunge, «è cambiato tutto, tranne la nostra linea di condotta. Non possiamo continuare a ragionare con schemi maturati due anni fa. Il primo punto da mettere a fuoco è che questo è il nostro Governo». Per quanto riguarda le alleanze, «mi sembra chiaro che si debba partire dagli interlocutori con siamo stati in sintonia in questa nuova stagione. Escludiamo grandi coalizioni» ma «va preferito Casini a Di Pietro».
Quindi, per quanto riguarda l'ipotesi di avere Bersani come candidato premier, Gentiloni risponde: «Abbiamo il diritto-dovere di candidare il segretario del Pd. Ma questa non è una decisione che si può prendere un anno prima delle elezioni. Dipende da come si svilupperanno le cose sul fronte della legge elettorale, che oggi prevede l'indicazione di un candidato premier, ma non è detto che rimarrà. E dipende dalle scelte che faranno i protagonisti della fase attuale, a cominciare dal presidente del Consiglio».