11 ottobre 2024
Aggiornato 16:00
Decentramento Ministeri

Napolitano: Spostare i Dicasteri non è legittimato dalla Costituzione

Il Presidente della Repubblica: «Se poi fossero delle mere rappresentanze va registrata dalla Corte dei Conti»

ROMA - Il decentramento di sedi governative «non è legittimato né dalla Costituzione che individua in Roma la capitale della Repubblica, né dalle leggi ordinarie». Lo scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella lettera inviata due giorni fa al Premier Silvio Berlusconi e pubblicata oggi sul sito del Quirinale al termine del Consiglio dei Ministri, dopo che Umberto Bossi ha risposto ai rilievi di Napolitano che «il decentramento è una opportunità» e «i ministeri li abbiamo fatti e li restano».

«Tutt'altra fattispecie - sottolinea la lettera di Napolitano - prevista dalla stessa Costituzione e da numerose leggi attuative, è quella della esistenza, storicamente consolidata, di uffici periferici (come ad esempio i Provveditorati agli studi e le Sovraintendenze ai beni culturali e ambientali), che non può quindi confondersi in alcun modo con lo spostamento di sede dei Ministeri; spostamento non legittimato né dalla Costituzione che individua in Roma la capitale della Repubblica, né dalle leggi ordinarie». E a tal proposito, Napolitano cita «ad esempio l'articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, che consente di intervenire con regolamento ministeriale solo sull'individuazione degli uffici centrali e periferici e non sullo spostamento di sede dei Ministeri. Inoltre, il rapporto tra tali uffici periferici e gli enti locali va assicurato sull'intero territorio nazionale nell'ambito dei già delineati uffici territoriali di Governo».

Una diversa «allocazione di sedi o strutture operative, e non già di semplice rappresentanza, a giudizio di Napolitano, dovrebbe più correttamente trovare collocazione normativa in un atto avente tale rango, da sottoporre alla registrazione della Corte dei Conti», e in ogni caso anche l'apertura di sedi di mera rappresentanza andrebbe valutata anche in una «logica di costi benefici» e ispirata «al più rigido contenimento delle spese e alla massima efficienza funzionale».