Berlusconi tace ma resta inquieto: Non mi faccio commissariare
Il Premier: «Presto dirò la mia». Si studiano i tempi del «rimpastino»
ROMA - Certo, le motivazioni non mancano. Ieri la morte di un militare in Afghanistan che rendeva inopportuno visitare il ritiro del Milan. Oggi, l'esigenza di «verificare alcuni punti» del testo della manovra. Quel che è inconfutabile è che l'elenco dei forfait di Silvio Berlusconi non fa che allungarsi. Questo pomeriggio il presidente del Consiglio non ha partecipato alla conferenza stampa in cui, accanto al ministro Michela Vittoria Brambilla, avrebbe dovuto presentare il progetto 'Italia&turismo'. In serata ha persino rinunciato all'ultimo minuto a partecipare alla commemorazione a Sant'Ivo alla Sapienza in memoria del suo caro amico Romano Comincioli, morto un mese fa.
Un silenzio, rotto a malapena da una nota ufficiale di ieri, che ormai dura da una settimana. Una scelta che è stata vivamente consigliata a Silvio Berlusconi dai suoi più stretti collaboratori ma che - viene riferito - comincia a stare sempre più stretta all'interessato. La motivazione alla base della consegna del silenzio è stringente: qualsiasi cosa dovesse dire Berlusconi in questo momento così delicato per i mercati, e mentre si tesse la tela del dialogo con l'opposizione, rischierebbe di mandare tutto a pallini. Perchè al Cavaliere piacerebbe tantissimo, anzi lo considera un suo «diritto», sfogarsi contro la sentenza che obbliga la Mondadori a pagare 560 milioni di euro alla Cir del nemico numero uno De Benedetti, spiegare che la manovra che il Parlamento si accinge a varare in tempi mai visti non è affatto come l'avrebbe scritta lui, che i rapporti con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti restano a livelli da minimo storico, che la tesi che Napolitano lo abbia commissariato lo irrita o che certe prese di distanza della Lega, ma anche nel Pdl, e le voci di esecutivi tecnici lo inquietano. Tutte cose che non si possono dire.
«Un animale ferito in gabbia» - Ma non sarà un caso se anche parlamentari del Pdl al di sopra di ogni sospetto di fedeltà confidino di aver evitato contatti con il premier in questi giorni perché la situazione è messa talmente male che non saprebbero cosa dire. Berlusconi, insomma, viene descritto quasi come un animale ferito in gabbia impossibilitato per amor di patria a reagire per amor proprio. Tanto che anche stretti collaboratori arrivano a descriverlo di umore altalenante, in bilico tra il mantra del «andiamo avanti fino al 2013» e la voglia che a volte ritorna prepotente di mollare tutto. «Ma se lo facessi - ripete Berlusconi - si scaglierebbero contro le mie imprese, rovinando tutto quello che ho costruito».
Le «urgenze» del Premier - Al di là degli stati d'animo, e per quanto abbia delegato la gestione della pratica «manovra» a Gianni Letta e Giulio Tremonti, come presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha una serie di urgenze da affrontare. Tra queste anche l'ipotesi di un rimpastino di governo. La prima pedina da muovere è quella del ministero della Giustizia: Angelino Alfano avrebbe confidato che la sua intenzione è lasciare entro una settimana. Tra le ipotesi c'è quella di un giro di valzer che vedrebbe Franco Frattini spostarsi dalla Farnesina a viale Arenula. Ma circolano anche altri nomi, per esempio quello di Donato Bruno o dell'attuale capo di gabinetto del ministero, Augusta Iannini. Ma il rimpasto potrebbe essere allargato se davvero, a manovra approvata e alla luce delle carte su Milanese e P4, Giulio Tremonti dovesse effettivamente mollare via XX settembre. Voci che peraltro il superministro continua a negare decisamente. Ma nella maggioranza oggi è scoppiata anche un'altra grana ed è quella che riguarda il ministro delle Politiche Agricole, Saverio Romano per il quale la procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa. Un rischio sul quale il Quirinale aveva messo in guardia il presidente del Consiglio già al tempo della nomina, e che fa il paio con la richiesta di dimissioni che adesso arriva dalle opposizioni.