19 aprile 2024
Aggiornato 10:00
150esimo anniversario dell'unità del Paese

L'appello del Papa all'Italia su precari, Nord solidale e buona politica

Con i Vescovi italiani dedica il paese a Maria «Mater Unitatis»

ROMA - Il Papa parla all'Italia. L'occasione è il rosario che i vescovi italiani hanno convocato nella basilica di Santa Maria Maggiore per 'affidare' l'Italia alla Madonna Mater Unitatis in occasione del 150esimo anniversario dell'unità del Paese. Benedetto XVI si indirizza ai vescovi ma si rivolge all'intero paese. Fa un appello accorato alla difesa dell'occupazione, soprattutto al precariato dei giovani, ad una politica che sia capace di superare le divisioni e la sete di potere, e chiede al Nord di recuperare lo spirito di solidarietà e prendere esempio dal Sud per quanto riguarda l'accoglienza.

Il discorso di Benedetto XVI non si sofferma certo sulle polemiche di giornata e sulla prospettiva dei ballottaggi alle amministrative, ma tocca tutti i punti cari alla Chiesa in questo frangente. Il Vaticano e la Cei, del resto, hanno scelto di giocare da protagonisti le cerimonie di commemorazione per l'unità del 1861, con convegni, interventi e - lo scorso 17 marzo - una messa del cardinale Angelo Bagnasco con le massime cariche dello Stato. Il Papa ha mandato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una dettagliata lettera sul tema dell'unità italiana e del ruolo che vi svolsero i cattolici. Lo stesso presidente della Cei, nel saluto odierno al Papa, è partito da quel testo per chiedere «un sussulto di responsabilità da parte di tutti, in primo luogo da parte di chi è chiamato ad esercitare una forma di rappresentanza politica» ed ha ribadito l'invito ai cattolici, e «in particolare» ai «giovani che ne avvertono la vocazione», ad impegnarsi in politica.

Il Papa, nel suo discorso, riprende questi temi e allarga il discorso. Esorta «chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative» a non rimanere «vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere». Riprende il suo auspicio di una nuova generazione di cattolici in politica invitando i vescovi a «stimolare i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza, e a partecipare in prima persona alla vita pubblica». Esprime l'auspicio che i 150 anni siano l'occasione per «rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione».

Non parla esplicitamente di federalismo o di Lega, ma fa un riferimento netto alla questione settentrionale, quando chiede di rinnovare «le occasioni di incontro, nel segno della reciprocità, tra Settentrione e Mezzogiorno» e sprona i vescovi ad aiutare il Nord «a recuperare le motivazioni originarie di quel vasto movimento cooperativistico di ispirazione cristiana che è stato animatore di una cultura della solidarietà e dello sviluppo economico. Similmente - aggiunge - provocate il Sud a mettere in circolo, a beneficio di tutti, le risorse e le qualità di cui dispone e quei tratti di accoglienza e di ospitalità che lo caratterizzano».

Papa Ratzinger tocca poi, a grandi linee, i temi che la Chiesa indica come prioritari nell'agenda politica. Ricorda la necessità - più volte ribadita dai vertici ecclesiastici nel corso degli anni - di tutelare la vita umana «in tutte le sue fasi» e - riferimento evidente alle politiche famigliari - «sostenere fattivamente» la famiglia. Poi allarga lo sguardo e si sofferma sull'emergenza occupazionale. «Mi unisco a quanti chiedono alla politica e al mondo imprenditoriale - scandisce il Papa - di compiere ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo, che nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società». L'Italia, precisa il Papa, «può essere orgogliosa della presenza e dell'azione della Chiesa». Che, in questo momento politico, non vuole stare a guardare.