Non lasciate sola la Gelmini
Infuocate le reazioni alle affermazioni sui precari del ministro dell’Istruzione. Attacca anche Di Pietro
L’attacco di Di Pietro - «Solo nelle dittature le proteste della società civile vengono bollate come opposizione politica proprio per nascondere la verità. Il ministro della distruzione Gelmini ha lasciato per strada milioni di precari che, dopo tantissimi anni di insegnamento, si ritrovano senza lavoro, senza speranza, senza futuro. Ha effettuato tagli di otto miliardi sul settore dell’istruzione pubblica che peseranno sul nostro Paese come un macigno. Ha tarpato le ali ai nostri figli che si ritroveranno senza un’adeguata formazione», ha scritto questa mattina Antonio di Pietro sul suo blog.
Ma le cose stanno veramente così? Tutti i mali della scuola italiana dipendono da Mariastella Gelmini, come afferma il leader dell’Italia dei valori.
Partiamo dai precari - Secondo quanto ha affermato il ministro,nella conferenza stampa dei giorni scorsi al centro delle polemiche, se si considerano precari anche quelli che hanno fatto una sola supplenza il numero è arrivato a 229 mila a fronte dei 700 insegnanti già impiegati.
Anche volendo mettere la Gelmini a tutti i costi sul banco degli imputati vogliamo sostenere che è colpa del ministro se siamo arrivati al punto che ci sono in segnanti in Italia che rischiano di arrivare all’età della pensione (o della non pensione) essendo ancora precari? O vogliamo ammettere che dietro questa scandalosa anomalia italiana c’è tutta una storia di governi di destra e di sinistra che hanno buttato montagne di soldi in ogni iniziativa (ma l’indirizzo è stato il più delle volte quello dei soliti amici) senza curarsi di investire razionalmente e adeguatamente in un settore fondamentale per le famiglie e per il Paese?
I sindacati - Ci vorrebbero pagine e pagine per elencare tutte le riforme annunciate, realizzate, riformate a loro volta, che si sono succedute da quando è in vigore l’alternanza al governo di destra e sinistra.
Vale la pena di ricordarne una per tutte, quelle introdotta dal ministro Luigi Berlinguer, che fra gli indirizzi innovativi prevedeva un aumento di stipendio agli insegnanti a patto che accettassero una verifica sull’aggiornamento delle loro capacità didattiche. Forse non tutti ricordano che i sindacati fecero muro compatti contro la riforma del ministro di sinistra (ex comunista) che osava mettere alla prova la professionalità degli insegnanti. Andò a finire che la riforma fu bocciata e Berlinguer mandato a casa anzitempo dai suoi compagni di partito.
Insegnamento e futuro dei giovani - Di Pietro ha accusato il governo di avere tagliato otto miliardi al settore dell’ istruzione pubblica. Lla Gelmini si è difesa sottolineando che da ora in poi la scuola pubblica avrà a disposizione un miliardo l’anno per la qualità.
Il ministro ha poi insistito sugli sprechi, a partire da quanto la scuola spende per le pulizie, affidate a società esterne, a causa dei bidelli che non spolverano più le aule.
L’opposizione continua a mettere in croce la Gelmini sul tempo pieno, ma il ministro ha replicato che «i numeri sono numeri», e ha poi specificato che «il tempo pieno è aumentato, per il biennio 2009-2011, del 3,5%. Nel prossimo anno scolastico le classi a tempo pieno, grazie all'eliminazione delle compresenze, passeranno da 36.493 a 37.275».
Gli argomenti scottanti sulla scuola, come si vede, sono tanti, ma quello da cui dovrebbe partire ogni analisi non macchiata da faziosità preconcette è principalmente uno: il 97 per cento delle risorse impiegate nella scuola, ha asserito la Gelmini, servono a pagare il personale.
Con un macigno sulla testa come questo come è possibile parlare nella scuola di innovazione e nuove tecnologie, cioè affrontare quelle parole chiave alla base del futuro dei nostri figli?
Puntare il dito contro il ministro può essere utile a guadagnare qualche voto, ma distoglie dal punto centrale: non a Mariastella Gelmini ma al governo intero bisognerebbe chiedere che cosa intende fare con la scuola, con quali forze e idee intende procedere per migliorarne i destini.
Ma subito dopo bisognerebbe rivolgere all’opposizione l’interrogativo se è disponibile ad abbandonare lo scontro a tutti i costi per partecipare costruttivamente al rinnovamento della formazione in Italia.
Poi la stessa domanda bisognerebbe farla ai sindacati e al corpo insegnanti.
E infine anche alle famiglie. Per chiedere loro se sarebbero disposte a rinunciare (ove possibile) a qualche consumo non indispensabile in più pur di non fare mancare il loro contributo economico al rilancio qualitativo dell’insegnamento.
Infine bisognerebbe mettere intorno a un tavolo accademici, filosofi, futurologi, imprenditori, sociologi, ambientalisti ed esperti di geoeconomia per interrogarli sullo stato dell’arte di quanto si insegna oggi ai giovani italiani, dalle materne all’Università: nelle scuole pubbliche come in quelle private.
Può fare tutto questo un ministro da solo, chiunque esso sia?
E’ per questo che l’appello è : non lasciate sola Mariastella Gelmini.
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