19 maggio 2024
Aggiornato 02:00
Inchiesta appalti G8 della Maddalena

Toro: avrei lasciato la Magistratura, non mollo per mio figlio

Il Magistrato in lacrime riconsegna la delega sui reati nella Pubblica Amministrazione

ROMA - «Non ho mai conosciuto o incontrato questa gente. Anemone, Balducci, Bertolaso, sono tutti nomi nuovi. Il capo della Protezione civile l'ho visto una volta, quando ero al ministero, e al termine della riunione ci stringemmo la mano. Non posso dire niente di tutto questo giro di corruzione, ci sono delle indagini. I colleghi di Firenze saranno stati scrupolosi, ma il dolore adesso è tanto».

Il procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, parla con difficoltà, è provato. E' accusato, insieme con il figlio Camillo, di rivelazione del segreto d'ufficio nell'inchiesta della Procura di Firenze sul G8 della Maddalena e su appalti connessi ad altri grandi eventi. «A Camillo viene contestato anche il favoreggiamento personale. Ma è una cosa connessa a quello che altre persone hanno detto».

Nel suo ufficio, al primo piano dell'edificio C della cittadella giudiziaria romana, è un andirivieni di impiegati che portano via fascicoli. Il magistrato stringe in mano un foglietto, indirizzato al procuratore capo della Capitale, Giovanni Ferrara.

«Ho riconsegnato le deleghe per il coordinamento delle inchieste sui reati nella pubblica amministrazione. Avrei lasciato tutto, sarei andato in pensione subito, da ieri mattina, per difendermi da normale cittadino. Ma c'è mio figlio Camillo e allora non posso mollare. Ho passato 40 anni nella magistratura, ho raggiunto il massimo di anzianità. Avrei potuto fare il procuratore capo, ma dopo l'esperienza all'ufficio legislativo del ministero dei trasporti, mi è stato chiesto di tornare qui a Roma».

Nel merito delle accuse, Toro aggiunge: «La sola persona che mio figlio conosce da tempo è l'avvocato Edgardo Azzopardi. E' meglio però che non dica nulla». La sensazione che si registra è che in qualche conversazione intercettata ci sia stato qualcuno che abbia millantato incontri e contatti con Toro. «Dovrò provare che io non ho fatto nulla e così anche mio figlio sarà assolto», dice in lacrime il procuratore aggiunto. «E' un momento difficile, scusate. Ho ricevuto tanti attestati di solidarietà. Devo andare avanti, anche se non è facile». Toro sarà assistito dall'avvocato Roberto Rampioni.