Calderoli: Convenzione per cambiare la Costituzione
La proposta bocciata a più voci da esponenti del PdL. E Chiti (Pd): «Errore discutere degli strumenti prima del che fare»
ROMA - Per fare le riforme bisogna mettersi d'accordo sul come farle: è questo il primo ostacolo con il quale devono fare i conti le forze politiche, come dimostra il dibattito acceso oggi dalla proposta di Roberto Calderoli, ministro e coordinatore leghista, di una Convenzione per cambiare la Costituzione. Proposta bocciata a più voci dal Popolo della Libertà.
LA PROPOSTA - «Dobbiamo dircelo: le riforme, così, non le faremo mai. Ci stiamo prendendo per i fondelli», avverte senza usare mezze misure Calderoli in un'intervista al Corriere della sera. Secondo Calderoli la Convenzione dovrebbe essere composta «da 25 membri della prima commissione della Camera e altrettanti dal Senato, da 5 presidenti di Regione, da 3 esponenti indicati dall'Anci e da 2 dell'Upi. E poi, 3 membri indicati dal governo e 2 dal Capo dello Stato. Infine, dai presidenti emeriti della Repubblica e dai presidenti di Consulta, Corte dei conti e Cnl. Anche se il diritto di voto lo avrebbero solo gli eletti». E l'organismo escogitato dall'esponente del Carroccio dovrebbe occuparsi di «tutti i problemi» pendenti.
IL GELO DEL PDL - La prima bocciatura arriva da Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl: «Per riformare e modernizzare le nostre istituzioni - commenta - non c'è bisogno di riproporre organismi costituenti caratteristici dei periodi di fine regime». Freddo anche Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce di Silvio Berlusconi: «Il percorso ottimale per le riforme - dice - è il Parlamento, luogo deputato alla discussione, strada maestra, regina di tutte le vie. Tutte le altre non sono scorciatoie ma «allungatoie» che prolungherebbero i tempi». Bonaiuti non manca di precisare che il Pdl intende andare avanti anche sulla giustizia, con le proposte di legge sul processo breve, il legittimo impedimento e con il lodo Alfano per via costituzionale.
PD - Dal Pd prende posizione Vannino Chiti, vicepresidente del Senato: «Al di là delle intenzioni, che possono essere le migliori, nel dibattito sulle riforme si rischia - ammonisce - di fare un grosso errore: discutere degli strumenti prima di chiarire che fare».
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