Giustizia: Pdl dice «bicameralina» su riforma, no dall'Opposizione
Cauta apertura dall'Anm. Per il Presidente della Repubblica Napolitano: «Rischiose riforme di corto respiro»
ROMA - Il Pdl, di fatto, pare raccogliere prima che venga formulato l'invito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a fare «riforme condivise» e che non siano «di corto respiro», in quanto «rischiose». Per questo, la Consulta per la Giustizia del Pdl chiama tutte le forze politiche ad un incontro il 4 novembre, con l'intento di discutere come modificare l'ordinamento giudiziario e «proseguire sulla strada delle riforme costituzionali». Solo che nessuno dell'opposizione sembra fidarsi della proposta firmata dalla Consulta per la Giustizia del Pdl: chi più chi meno, tutte le forze parlamentari respingono l'invito e chiedono di vedere prima le carte e poi di «lavorare in Parlamento», perchè «quella è la sede opportuna per fare le riforme».
«BICAMERALINA» - Il Pdl, invece, aveva invitato tutti a una «festa» che di parlamentare - si fa notare dall'opposizione - avrebbe avuto soltanto i protagonisti e la location (la sala del gruppo alla Camera), ma non l'autorevolezza e le peculiarità. E qui sta il primo 'buco nero' della faccenda, che non è sfuggito a molti osservatori. Convocare «tutte le forze politiche», ma anche «successivamente magistratura e avvocatura» (come si legge chiaro e tondo nell'invito) in una sede extraparlamentare e parlare di «bicameralina» significa, in pratica, spostare il focus della preparazione della riforma a data da destinarsi e quindi, con il paravento del «tavolo tecnico», poter agire quasi indisturbati in commissione e Aula, dove ovviamente «l'opposizione - spiega una fonte di minoranza - non potrebbe certo fare barricate, essendo chiamata la sera a condividere».
OPPOSIZIONE - E' forse per questo che soprattutto il Pd ha respinto con fermezza l'invito. L'attuale segretario, Dario Franceschini, ha infatti detto chiaro e tondo che, se sarà riconfermato alla guida, il suo partito non siederà al tavolo del Pdl. «La riforma della giustizia - è il ragionamento - per il Pdl non significa certezza della pena e processi più veloci per tutti, ma leggi ad personam e intenti punitivi verso i magistrati. Non è il tempo di pasticci e di nuove bicamerali». Quasi d'accordo anche Pierluigi Bersani: «E' nelle commissioni parlamentari che deve essere riportata la discussione. E` ora che il Pdl ricordi che quando parla di riforme con l`opposizione non può pretendere di dettare l`agenda».
Altro c'è poi da ridire, in casa Pd, sulla proposta del Pdl: convocare la riunione il 4 novembre, per i tempi parlamentari praticamente domani, vuol dire cercare di cogliere i Democratici in palese affanno. Chiunque esca vittorioso dalle primarie, infatti, non avrebbe il tempo per organizzarsi e schierare i propri uomini in campo giustizia. E' evidente, ragionano quindi al Nazareno, che la proposta di un tavolo immediato è ancor di più inaccettabile. Altro avrebbe significato parlare di un incontro all'inizio dell'anno nuovo.
DI PIETRO - Ancora meno concilianti dei democratici sono poi i dipietristi. Il capogruppo dell'Idv alla Camera, Massimo Donadi, dice chiaro e tondo di non fidarsi del Pdl, mentre il leader del partito, Antonio Di Pietro, incalza: «Riteniamo indecente la proposta di una di riformare la giustizia attraverso una bicameralina e la rispediamo al mittente». Più sfumata la posizione dell'Udc: Michele Vietti fa sapere che i centristi sono «pronti a vedere le carte, sperando che almeno questa volta non si tratti di un bluff».
ANM - E anche l'Anm al momento mostra una cauta apertura: «nel metodo» pare accogliere la proposta della maggioranza, dicendosi «pronta al confronto», ma soltanto su una riforma «non punitiva nei confronti delle toghe».
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