29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
L'intervista

Grassi: «La riforma della giustizia cancella l'orrore giuridico voluto dal M5s»

Il senatore Ugo Grassi, della Lega, commenta al DiariodelWeb.it la riforma firmata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, che supera la legge Bonafede del governo Conte

Il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia
Il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia Foto: Palazzo Chigi

La battaglia politica più accesa all'interno della maggioranza del governo Draghi si è combattuta, nelle scorse settimane, sulla riforma della giustizia. Il Movimento 5 stelle ha sollevato le barricate per difendere la sua legge Bonafede, varata durante il governo Conte, che cancellava la prescrizione in Appello e in Cassazione. I grillini hanno ottenuto di mantenerla, ma la ministra Marta Cartabia l'ha, di fatto, sterilizzata con una dichiarazione d'improcedibilità che scatta dopo un certo limite di tempo. Al DiariodelWeb.it il parere sulla norma del senatore Ugo Grassi, oggi nella Lega, ma eletto proprio con il M5s, oltre che già docente di Diritto civile all'università di Napoli.

Senatore Ugo Grassi, Matteo Salvini e Giulia Bongiorno hanno applaudito la riforma Cartabia. Lei la pensa come loro?
Sì, sono d'accordo, anche se ho necessità di entrare nel dettaglio.

Prego.
Io ero ancora nel Movimento 5 stelle quando iniziarono a lavorare sulla riforma della prescrizione. E da subito segnalai che la loro norma presentava gravissimi rischi d'incostituzionalità. Sulla base delle ultime sentenze della Corte costituzionale, aveva ben poche possibilità di sopravvivenza in futuro, con effetti a catena gravissimi. Cercai anche di far capire che potevano raggiungere lo stesso risultato politico con altre soluzioni: ovvero, la prescrizione non andava sospesa, bensì interrotta dopo la sentenza di primo grado, ovviamente insieme ad altre modifiche. Ma non ci fu nulla da fare, mi trovai di fronte ad una totale indisponibilità al dialogo. Per me fu molto frustrante.

Perché il M5s si è così incaponito su questo punto, tanto da farne una battaglia ideologica, come abbiamo visto anche durante le trattative per questa riforma?
Bella domanda. Credo che il motivo sia la loro presunzione di sapere tutto senza aver studiato. Si sono fatti ingannare da alcuni cattivi maestri, che hanno indicato quella soluzione. Anche facendo riferimento ad altri ordinamenti dove viene applicata, ma dove esistono anche altre regole di contorno che ne bilanciano gli effetti. È un po' come dire: con il gasolio si possono fare più chilometri, allora mettiamolo nei motori a benzina.

Chi sono questi cattivi maestri a cui si riferisce?
Preferisco non fare nomi. Alcuni, forse, sono facilmente individuabili. Altri hanno avuto un ruolo forse di secondo piano, ma non per questo meno importante.

Provo a fare io un nome, allora. Travaglio?
Travaglio capisce di diritto quanto io di geologia. Solo che lui ha la presunzione di sapere tutto. In più occasione ha dimostrato di avere idee confuse e pretenziose. Ma non perdiamo tempo a parlare di lui.

Qual era il problema principale della legge Bonafede?
Aver reso tutti i reati imprescrittibili dopo la sentenza di primo grado, ad esempio persino un abuso edilizio per una finestra aperta sulla facciata, magari per una errata interpretazione della normativa. La Corte costituzionale ha invece più volte chiarito che nel nostro ordinamento possono configurarsi come imprescrittibili solo quei reati di eccezionale gravità. Hai voglia, poi, a velocizzare il processo: ci sono dei meccanismi che potrebbero renderlo lentissimo. Basta una sentenza della Cassazione che rinvia al primo grado e si ricomincia tutto da capo. Anche un processo per un fatto minore può, potenzialmente, durare anni. La verità è che in qualunque ordinamento civile, trascorso un certo tempo in ragione della gravità del reato, la potestà punitiva dello Stato non può più essere esercitata.

La riforma Cartabia, dunque, supera questi limiti?
Il ministro Cartabia ha dovuto inventare una soluzione eclettica per far quadrare il cerchio. Cioè, far contento il M5s, che può continuare a dire che la prescrizione non decorre più dopo la sentenza di primo grado, ma allo stesso tempo prevedere comunque una data ultima oltre la quale non si può procedere. Lo ha fatto attraverso l'istituto della cosiddetta «improcedibilità», dietro il quale però si nasconde in realtà la prescrizione come la conosciamo. È il miglior compromesso a cui si potesse giungere, visti gli attori sulla scena.

Conte ha fatto passare la sua trattativa con Draghi come un successo. È davvero così?
Conte non può rivendicare alcunché. È un giurista come me, eppure all'epoca non batté ciglio, pur avendo gli strumenti culturali per capire che quella norma era un orrore giuridico. In questo ha delle gravi responsabilità: girò la testa dall'altra parte e fece finta di niente. Se a suo tempo il M5s avesse difeso una norma costituzionalmente legittima, l'avrebbe anche blindata. Nessuno si sarebbe potuto permettere di eccepire nulla. In realtà sono stati loro stessi a creare le condizioni per il loro fallimento politico, su questo tema.

Si sono suicidati politicamente.
Certo, quelli che credono ciecamente alla propaganda a cinque stelle, a questo punto, sono persuasi che la prescrizione sia un istituto che protegge i delinquenti. Purtroppo è vero che in alcuni casi ha permesso a persone che si sono macchiate di reati gravi di sfuggire alla giustizia, e infatti da più parti si segnalava la necessità di un intervento. Però, in altri casi, ha operato a vantaggio di cittadini che si erano ritrovati nell'ingranaggio della giustizia senza particolari colpe. Quello che non viene detto è che gran parte dei processi si prescrive addirittura durante le indagini preliminari.

I referendum che avete proposto con i Radicali vanno nella stessa direzione della riforma Cartabia?
Sono un corollario. Hanno lo scopo di segnalare alla politica che gli italiani chiedono un intervento deciso sul funzionamento della giustizia. Al di là del singolo quesito, vogliamo lanciare un messaggio. Il nostro obiettivo è quello di raccogliere molte firme, anche oltre un milione, così da poter portare sul tavolo della discussione una richiesta chiara da parte dei cittadini.

Tra i tanti che hanno già firmato ci sono anche pezzi della sinistra, da Renzi a Bettini. Che cosa significa questo a livello politico?
Che, evidentemente, il problema del funzionamento della giustizia è stato percepito da molti. Pensiamo agli amministratori locali: oggi quello è un mestiere ad alto rischio, perché è molto probabile ricevere un avviso di garanzia, anche al di là delle colpe reali e in perfetta buona fede. C'è stata una deriva vessatoria della nostra giurisprudenza, che ha affievolito alcuni principi che pure si rinvengono nei manuali di diritto penale. Questo significa, alla fine, scoraggiare i cittadini onesti dall'ingresso in politica. Paradossalmente questo atteggiamento vessatorio delle procure finisce per produrre un effetto opposto.

I giustizialisti le risponderebbero che comunque, dopo l'avviso di garanzia, segue un processo in cui, se si è innocenti, si può essere assolti.
Questo non è un buon modo di ragionare. Per una persona onesta, già essere indagati rappresenta una condanna. Io, che ritengo inaccettabile perfino prendere un mezzo pubblico senza pagare il biglietto, considererei una catastrofe essere raggiunto da un avviso di garanzia.

Non posso non chiederle anche una sua opinione sul caso Durigon, il sottosegretario leghista all'Economia che vorrebbe intitolare il parco di Latina, invece che a Falcone e Borsellino, al fratello di Mussolini. Lei pensa, come chiedono il M5s e il Pd, che dovrebbe chiedere scusa e dimettersi?
Da parte di Durigon c'è stata una ingenuità nelle comunicazione, perché è ovvio che ormai Falcone e Borsellino siano, giustamente, due eroi del nostro tempo. Ma il sottosegretario ha chiarito lo spirito della sua dichiarazione e il suo pensiero. Ciò detto la strumentalizzazione ad opera del Pd e del M5s è inaccettabile, e palesemente funzionale ad ovattare le notizie sul green pass e sul ministro Lamorgese, che ha dimostrato di non conoscere neppure la normativa la cui applicazione dovrebbe vedere il suo ministero in prima fila.