29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Il Presidente della Camera avalla l'appello ad un «disarmo ideologico»

Fini garantisce libertà di coscienza su biotestamento

Relatore vuole legge completa. Calderisi: «Dubbi costituzionalità». Un drappello di parlamentari del Pdl ha rivolto un appello al Premier

ROMA - Garantisce che sul testamento biologico i parlamentari votano secondo «coscienza». Riceve due associazioni che gli illustrano le 'dichiarazioni anticipate di volontà' (Dat) firmate da tremila persone su iniziativa dei radicali. Avalla l'appello ad un «disarmo ideologico» sul tema del fine vita che un drappello di parlamentari del Pdl ha rivolto al presidente del Consiglio. Dopo il chiarimento con Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini continua a insistere su uno dei tempi meno condivisi all'interno del Pdl ma a lui più cari.

Per Fini rischio «stato etico» - Dopo l'approvazione del disegno di legge al Senato Fini già denunciato il rischio di uno «Stato etico». Nel corso dei mesi, poi, aveva chiesto una formulazione meno «dogmatica». Ora, a pochi giorni da quando la commissione Affari sociali inizierà a votare, Fini si impegna a garantire che il dibattito si svolga nel doveroso rispetto del diritto di ogni deputato di esprimersi secondo coscienza.

«Soft law» - Parole che cadono mentre sul tavolo di Berlusconi arriva la lettera di un gruppo di parlamentari Pdl che chiedono di evitare lo «scontro ideologico tra due impostazioni speculari». Missiva, ovviamente, condivisa da Fini. Il gruppo, capeggiato dal liberal Benedetto della Vedova e dal viceministro Adolfo Urso, chiede una «soft law, che ribadisca con chiarezza il no all'eutanasia e all'accanimento terapeutico» e che, per il resto, lasci le decisioni a pazienti, medici e familiari.

Rischi di incostituzionalità - L'ex radicale Peppino Calderisi, tra i firmatari della lettera, puntella l'iniziativa con un articolato intervento in commissione Affari sociali sui rischi di incostituzionalità dell'attuale ddl. Fare una legge sulle Dat che poi ne nega il valore vincolante - spiega, ad esempio, il capogruppo del Pdl in commissione Affari costituzionali - è una «irrazionalità intrinseca» che «rende la legge facilmente aggredibile dalla Corte costituzionale». Spiega, da parte sua, Adolfo Urso: «Se oggi adottiamo un testo così prescrittivo, è legittimo che, magari, la prossima maggioranza adotti un testo altrettanto prescrittivo ma che va contro la nostra coscienza e i nostri valori».

Idee che, nel Pdl, faticano a fare strada. Se nel partito c'è chi, come Maurizio Sacconi, propone di stralciare la norma relativa al caso Eluana e approvarla in tempi brevi - una sorta di 'hard law' - il relatore, Domenico Di Virgilio, sembra scegliere la via di mezzo. Ammette che il ddl, rispetto al concitato frangente in cui fu approvato al Senato, a pochi giorni dalla morte di Eluana Englaro, è «migliorabile». E' necessaria una legge «completa», che «affronti tutti gli argomenti del testo approvato del Senato», scandisce. Nulla di più.