20 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Il CDM ha deciso che lunedì prossimo si tengano i funerali solenni e venga proclamato il lutto nazionale

Berlusconi: ci vuole una transition strategy

Intanto non si placano le polemiche sul ritiro chiesto da Bossi

ROMA - Umberto Bossi come al solito ha detto in modo esplicito, tagliando le parole con l’accetta, quello che evidentemente in molti in Italia hanno in mente.
Secondo sondaggi già noti prima della pausa estiva oltre il 55 per cento degli italiani pensa quello che il capo della Lega dice, infischiandosene del linguaggio diplomatico.
Ma andarsene è proprio il contrario di quanto Silvio Berlusconi ha promesso a Barack Obama quando, nella recente visita a Washington, si era impegnato a mettere in campo un maggiore coinvolgimento italiano nella logorante guerra in Afghanistan.

La strage di soldati italiani a Kabul, il comune sentire degli italiani riportato dai sondaggi, la posizione di Bossi, può convincere il Presidente del Consiglio a rimettere in gioco la nostra presenza in Afghanistan?
Le dichiarazioni rilasciate da Berlusconi ieri a Bruxelles riaffermano la volontà del premier ad essere contrario a iniziative unilaterali, ma nelle sue parole manca la determinazione ad andare fondo alla faccenda afghana e non mancano spiragli per altre soluzioni, anche se non di breve periodo, come chiede Bossi.

500 A CASA - Non può essere casuale inoltre che il premier abbia fatto coincidere il diktat di Bossi con l’annuncio che entro Natale, non tutti come vorrebbe la Lega, ma potranno ritornare a casa intanto i 500 militari che erano stati inviati a Kabul per sorvegliare sulla sicurezza degli afghani chiamati a votare.
Per quanto riguarda il ritiro totale Berlusconi ha risposto che non c’è una exit strategy, ma è giusto prendere in considerazione una transition strategy . Si deve finire, ha detto, il lavoro iniziato in Afghanistan per una democrazia essenziale in quel paese, ma anche per proteggere il resto del mondo dal terrorismo, ma si deve farlo «con una forte riduzione» del contingente italiano. Non ha dunque senso ipotizzare «passi indietro solitari perché nessun paese può assumere decisioni univoche: questo tradirebbe l’accordo e la fiducia degli altri paesi presenti». Per rintuzzare le polemiche accese dalla sparata di Bossi, Berlusconi ha poi aggiunto:» E’ la solita montatura dei giornali per una battuta». In sostanza il premier dice:si può tornare indietro, ma solo insieme agli altri. Ma dire che ci sia una possibilità condizionata all’andarsene è la stessa cosa che affermare la propria determinazione ad andare fino in fondo?

GLI AMERICANI - Insomma le parole di Berlusconi, oltre alla «battuta» di Bossi schiudono la porta a interpretazioni possibiliste su un possibile disimpegno italiano? A scanso di equivoci ieri il sottosegretario Gianni Letta ha rassicurato il neoambasciatore americano David Thorne che nulla è cambiato negli impegni italiani. Resta comunque il fatto che mentre Bossi chiede il ritorno a casa dei nostri soldati i vertici militari Usa, davanti alla piega che ha preso la guerra in queste ultime settimane, hanno prospettato la necessità di altri rinforzi.

CAMBIARE LA MISSIONE - Quello che va invece cambiato lo ha detto il ministro degli esteri in una intervista al Corriere della Sera. «Vanno cambiate le modalità della missione» ha detto Franco Frattini che ha poi aggiunto «dobbiamo ancora conquistare il cuore e la fiducia e il cuore degli afghani».
La missione quindi prosegue, ha detto il ministro, ma deve concentrarsi su risultati visibili e positivi per il popolo, che purtroppo non ci sono.

BROGLI ELETTORALI - Quanto sia difficile raggiungere l’obiettivo indicato da Frattini lo dimostrano le elezioni che si sono svolte recentemente in Afghanistan. La missione di osservatori inviata a Kabul dall’Unione europea ha concluso i lavori denunciando che ci sono perlomeno un milione e cento mila voti sospetti a favore del vincitore, Hamid Karzai. Una affermazione che ha rinfocolato le proteste per brogli già espresse dallo sconfitto Abdullah Abdullah, e fatto infuriare l’entourage del presidente uscente che ha dato degli irresponsabili agli osservatori dell’Unione Europea.
Tutto questo mentre i talebani, che hanno rivendicato l’attentato contro gli italiani, hanno già annunciato azioni della stessa intensità.

PD, NO AL RITIRO - Franceschini e Bersani scritto insieme la dichiarazione in cui dicono «no» al ritiro. Il Pd unito non chiede quindi al governo di fare marcia indietro, ma propone di convocare al più presto una conferenza internazionale di pace » per affiancare alla presenza militare una iniziativa politica e diplomatica».

DI PIETRO CON BOSSI - «Per una volta mi trovo d’accordo con Bossi», ha detto il segretario dell’Italia dei valori. Per Di Pietro sono cambiate le condizioni iniziali che avevano consentito una nostra presenza in quel paese. «Siamo ormai di fronte ad una guerra fra fazioni, ad uno scontro di potere interno- ha spiegato- è dunque lecito chiedersi se si possa ancora parlare di missione di pace».

Pierferdinando Casini ha definito sciacallaggio la richiesta di Bossi.

A favore del ritorno a casa dei nostri soldati si è invece espressa compatta la sinistra radicale. Mentre Rifondazione comunista ha annunciato presidi davanti alle prefetture.