29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Influenza suina

Anche in Vaticano scorte di antivirali, Papa sicuro

«Siamo perfettamente in grado di conformarci a avvisi dell'OMS»

Città del Vaticano - Anche la Santa Sede è all'erta sulla 'febbre suina'. Oltre le Mura leonine non c'è allarme né per i circa ottocento residenti, né per i dipendenti né, tanto meno, per il Papa. Ma il piccolo Stato della Città del Vaticano si è attrezzato come ogni altro paese di fronte all'ipotesi che la febbre del Messico lambisca il Palazzo apostolico.

La Farmacia vaticana ha a disposizione scorte sufficienti di antivirale. «Abbiamo la potenzialità di trattamento per tutti i residenti dello Stato della Città del Vaticano», spiega il professor Giovanni Rocchi, direttore dell'ufficio Sanità e igiene del Governatorato. Il Vaticano è uno dei 'focal point' dell'Organizzazione mondiale della sanità e riceve regolarmente le comunicazioni relative alla nuova influenza. «Attualmente non abbiamo informazioni diverse da quelle di pubblico dominio», spiega Rocchi, «ma qualora partisse la pandemia siamo pronti a dare indicazioni più specifiche». Le comunicazioni di profilassi, in quel caso, verrebbero diramate dalla palazzina dell'ufficio Igiene e sanità del Governatorato, che si trova a pochi metri dalla sede dell«Osservatore romano' e delle Poste vaticane, verso tutti gli uffici e le abitazioni all'interno del Vaticano, così come alle sedi 'extraterritoriali' come il Laterano, dove si trova la basilica di San Giovanni e la pontificia università lateranense.

Nell'ipotesi «fanta-epidemiologica» di una pandemia, spiega il responsabile della sanità vaticana, l'Oms potrebbe chiedere al Vaticano - così come a qualsiasi altro Stato - di controllare i varchi e attuare misure tese a contenere la diffusione dell'infezione. Precauzioni diverse verrebbero prese per epidemie di altra natura. In casi come quello della 'mucca pazza' (la «infezione dei prioni» che attecchì anni fa in Nord Europa) bisognerebbe controllare anche gli alimenti in entrata. Per episodi come la 'Sars' - che ha modalità di incubazione diversi dalla nuova influenza - si rese necessario consigliare misure di «quarantena» in casa, prima di varcare il Portone di bronzo, a chi proveniva da zone dove si trovano i focolai della malattia. All'interno delle mura Leonine, poi, ci sono tutte le necessarie dotazioni per formulare la diagnosi clinica di una malattia, mentre per la diagnosi micro-biologica il Vaticano utilizza la collaborazione di alcune qualificate strutture sanitarie italiane. «Ad ogni modo - assicura Rocchi - siamo perfettamente in grado di conformarci agli avvisi dell'Organizzazione mondiale della sanità».

Il professor Rocchi è molto tranquillo per quanto riguarda le misure per garantire la salute del Papa. «La persona del Pontefice è oggetto di particolare cura e di particolari disposizioni», spiega, «anche perché, a differenza di altri Capi di Stato, non va sottovalutata la particolare modalità di esposizione al contatto con la gente che fa parte dell'esercizio del suo magistero di pastore. Siamo pronti a fronteggiare qualsiasi emergenza, non solo per questa influenza, ma per qualunque evento morboso». Proprio ieri, peraltro, Benedetto XVI ha espresso solidarietà al popolo messicano, chiedendo che attraverso i mezzi d'informazione si faccia sapere che «il Pontefice è vicino a tutti gli ammalati e sta pregando per le vittime e le loro famiglie». Qualora l'allarme dell'Organizzazione mondiale della sanità crescesse, non è esclusa l'eventualità che in alcuni paesi vengano vietati gli assembramenti di persone, come concerti o partite allo stadio. O - analogamente - l'afflusso di pellegrini in occasione delle udienze del Papa. Ipotesi, in realtà, talmente infondata da essere praticamente impossibile. «Neppure nei casi di precedenti pandemie, con l'asiatica del 1957, furono cancellate le udienze pontificie», spiega il professor Rocchi. Il Vaticano è all'erta, insomma, e nel Palazzo apostolico si dormono sonni tanto vigili quanto tranquilli.