8 ottobre 2024
Aggiornato 01:30
I fatti del Buongoverno

Cosa cambia nel mondo della scuola

Il ministro Gelmini sta attuando una politica scolastica tutta in favore delle famiglie

La spesa per il personale ha un’incidenza altissima sul bilancio complessivo del Ministero, e questo significa che la nostra scuola non ha la capacità, se non si interviene strutturalmente, di rinnovarsi e di guardare con serenità al futuro. Dobbiamo assolutamente porre rimedio ad una situazione insostenibile. La scuola italiana è stata troppo spesso usata in passato come un ammortizzatore sociale, come ha giustamente denunciato il ministro Gelmini. È un dovere morale verso le nuove generazioni rivedere completamente il sistema-scuola nel nostro Paese.

Il ministro Gelmini sta attuando una politica scolastica tutta in favore delle famiglie. Il monitoraggio sui costi dei testi scolastici e il contenimento del caro libri è un tema strettamente collegato a quello del diritto allo studio e anche per questo è stato posto tra le priorità del Ministero dell’Istruzione e del governo. Sono stati introdotti per la prima volta dei tetti di spesa massima per i libri di testo, e il ministro ha raggiunto con i rappresentanti dell’Associazione Italiana Editori un accordo grazie al quale l’incremento del prezzo dei libri di testo viene mantenuto sotto il tetto dell’inflazione. Il comportamento degli studenti, giudicato dal consiglio di classe, concorrerà alla valutazione complessiva e – a differenza di quanto accadeva fino ad ora - potrà determinare, se insufficiente, la non ammissione al successivo anno di corso. Inoltre, ai fini dell’ammissione all’esame di Stato, è prevista la riduzione fino a un massimo di 5 punti del credito scolastico. Si tratta di una misura in qualche modo rivoluzionaria e che va nella giusta direzione, perché valutare il comportamento significa rafforzare nella comunità scolastica l’importanza del rispetto delle regole e, dunque, la capacità dello studente, cittadino di domani, di saper stare con gli altri, di esercitare correttamente i propri diritti, di adempiere ai propri doveri e di rispettare le regole poste a fondamento della comunità di cui fa parte.

La sinistra sta diffondendo nel Paese un allarme sociale del tutto ingiustificato, asserendo che il ministro Gelmini ha abolito il tempo pieno. Si tratta di una falsità, visto che non solo il tempo pieno non verrà meno, ma anzi riusciremo ad aumentare lo spazio ad esso riservato. Il governo si rende conto che nelle famiglie ci sono difficoltà economiche e che la maggior parte delle mamme lavora. Con l’introduzione del maestro unico manterremo il tempo pieno e riusciremo a migliorare il servizio estendendolo a un numero maggiore di classi..
La disciplina torna protagonista della finalità educativa. Si punta al recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale e in generale a vantaggio della comunità scolastica. Una disposizione che in sostanza dice che chi imbratta i muri sarà obbligato a ritinteggiarli, chi compie atti di vandalismo dovrà ripagare, chi compie azioni di bullismo verrà impiegato in lavori socialmente utili all’interno della scuola, e chi si renderà responsabile di episodi ancor più gravi potrebbe essere interdetto dalle lezioni, e quindi perdere l’anno scolastico, anche senza ricorrere al voto in condotta. Insomma, il governo ha dato un giro di vite che richiama un po’ tutti alle loro responsabilità.
Aver introdotto in passato un team di tre insegnanti non corrispondeva a esigenze pedagogiche e formative, è servito a far aumentare il numero degli insegnanti. E la cosa pare piuttosto illogica visto che il numero dei bambini in classe durante gli anni è diminuito per il calo delle nascite. Il ritorno al maestro unico nella scuola elementare, superando finalmente la logica corporativa e sindacale che ha contribuito ad affossare la scuola in questi ultimi decenni, trova giustificazione nell’esorbitanza delle spese correnti sostenute dal Ministero ed un positivo riscontro anche nell’esperienza educativa e didattica delle scuole primarie paritarie. Queste scuole, infatti, a causa dei magrissimi budget a disposizione, hanno realizzato esperienze di insegnamento di eccellenza con il minor numero possibile di docenti. E anche le cosiddette «scuole dei ricchi» hanno il maestro unico. Bisognerebbe, forse, chiedersi il perché.

Sette italiani su dieci sono favorevoli al ritorno al voto in condotta nelle scuole. C’è una grande condivisione, nell’opinione pubblica, della svolta voluta dal governo, che, facendo passare il principio del merito e della responsabilità, ha richiamato scuola e famiglie ai loro doveri, in un contesto di stretta collaborazione. Il ritorno al voto in condotta, il ripristino degli esami di riparazione, l’insegnamento obbligatorio ed esclusivo dell’educazione civica, la possibilità di introdurre l’uso del grembiule a scuola e il ritorno del maestro unico costituiscono il definitivo superamento di quella cultura sessantottina che ha indebolito la funzione della scuola negli ultimi quarant’anni.