29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
elezioni politiche

Se il nostro voto politico è legato a un chatbot

Per gli indecisi al voto sono stati creati dei veri e propri chatbot che aiutano l'elettore ad andare alle urne

Se il nostro voto politico è legato a un chatbot
Se il nostro voto politico è legato a un chatbot Foto: Shutterstock

ROMA - Dimmi chi sei e ti dirò chi votare il 4 marzo. Forti dell’indecisione popolare e dell’astensionismo che ha ormai toccato, in Italia, i minimi storici, gli sviluppatori informatici si sono fatti largo. Sui social e sul web, è un purpurì di chatbot e assistenti al voto virtuale. Cosa fanno nella pratica? Ti suggeriscono il candidato politico più incline ai tuoi ideali, dopo averti sottoposto a una serie di domande su quelli che sono i maggiori settori e problemi da risolvere: salute, lavoro, ambiente e via discorrendo.

Alcuni sono dei giochi, altri interagiscono con te come se fossero dei veri assistenti. Come il chatbot lanciato e implementato dall’ex premier Matteo Renzi, sulla sua pagina Facebook. Un vero bot supportato dalla chat di Messenger che permette di esplorare le principali proposte del programma del PD, i 100 punti e i risultati raggiunti nei giorni di governo. Il chatbot è in grado di riconoscere alcune parole chiave come ‘economia’, ‘lavoro’ e ‘tasse’ e di fornire agli utenti infografiche e video utili alla condivisione sui social. Tra i pulsanti anche l’opzione ‘segnala una fake news’. Si tratta del primo caso di implementazione di un chatbot nel panorama politico italiano, tecnica già ampiamente utilizzata negli USA. Nelle ultime elezioni presidenziali, Hillary Clinton e Donald Trump hanno fatto incetta di chatbot implementati su Facebook Messanger e su alcuni siti costruiti per l’occasione dove gli utenti-elettori potevano chattare con i candidati alla Casa Bianca sugli argomenti più disparati.

In Italia, seppur con ingenti problemi di sviluppo digitale, non possiamo certo lamentarci dell’offerta. A costruire un bot per traghettarci sapientemente alle urne ci ha pensato anche l’Università di Pisa, attraverso quello che è stato chiamato Navigatore elettorale. Trentadue domande, a cui rispondere, per capire chi è il candidato ideale, quello che corrisponde di più ai nostri «ideali». In questo modo l’utente viene posizionato su una mappa, dove può vedere a quale partito è più vicino (in generale e su ogni singolo tema) e capire come la pensano i partiti sulle varie tematiche. Un lavoro da certosino, con un team di ricercatori che ha raccolto tutte le posizioni dei partiti politici per poi trasformare le tematiche in domande precise da porre agli elettori. Colossi e Pizzimenti, dirigenti del team, hanno detto che si tratta di uno strumento indipendente, il cui obiettivo è proprio abbattere l’incertezza che spesso, poi, porta all’astensionismo.

Un altro chatbot è stato sviluppato da due amici di Monfalcone, in Friuli Venezia Giulia. Si chiama Vito ed è un bot implementato attraverso Messenger. A chi lo contatta, il chatbot propone una batteria di 10 quesiti sui principali temi della campagna elettorale e in base alle risposte, elabora il profilo di elettore, consigliando all'utente, in maniera simpatica, quale compagine politica rispecchia di più il suo pensiero e quale partito, invece, dista anni luce dal suo modo di vedere le cose. Per chi invece avesse le idee gia' chiare, Vito propone il PolitiQuiz, sorta di "trivial" a tempo e a risposta multipla.

Sempre a quiz è il bot sviluppato da «VizandChips», agenzia specializzata nell’elaborazione di dati, che anche in questo caso traghetta l’elettore al voto attraverso 5 domande su alcuni dei temi principali, come il Made in Italy, il lavoro o l’ambiente. Dopo aver detto la sua, all’elettore viene presentata un’infografica raffigurante il Parlamento italiano e la sua composizione, a seconda delle preferenze manifestate.

Utili o eccessivi? Una cosa è certa: la politica non è esente dall’innovazione tecnologica. Che si tratti di Franklin D Roosevelt che utilizzò la radio nel 1932, Ronald Reagan che face uso di video pre-registrati nel 1980 o Barack Obama che impiegò la comunicazione sui social media nel 2008. Tuttavia, l’intelligenza artificiale, come qualsiasi altra tecnologia è amorale, dipende esclusivamente dal modo in cui gli esseri umani la usano. La disinformazione può essere creata altrettanto facilmente quanto le informazioni con l’AI, e sia video che audio falsificati sono diventati più facili da produrre. Usando gli algoritmi di apprendimento generativo audio e di machine learning, il software AI può far dire a un politico quello che si vuole.

Cè da dire che gli algoritmi di intelligenza artificiale, infatti, possono restituire una realtà piuttosto distorta. I media hanno ampiamente trattato diversi esempi chiave di come l’AI può influenzare la realtà. L’algortimo di Google ha, ad esempio, etichettato alcuni afroamericani come «gorilla», le ricerche di immagini associate alla parola «CEO» restituiscono solo raffigurazioni di uomini bianchi, la piattaforma pubblicitaria di Google tende a mostrare meno annunci per lavori esecutivi ad alto pagamento alle donne. Un altro esempio è il programma pubblicitario LinkedIn che ha mostrato una preferenza per i nomi maschili nelle ricerche. Oppure il caso di un pediatra britannico che si è visto negare l'accesso allo spogliatoio delle donne nella sua palestra, perché il software utilizzato dalla struttura per gestire il suo sistema di affiliazione ha codificato automaticamente il suo titolo di «medico» come maschio. Insomma, molto dipende anche da chi sviluppa questi algoritmi. Il nostro consiglio? Prendente questi chatbot come un gioco.