19 aprile 2024
Aggiornato 05:00
big data

Il dato come fattore di produzione (e come usarlo)

Nella digital economy, i dati sono al centro della creazione di valore, mentre gli asset fisici stanno perdendo significato nei modelli di business

Il dato come fattore di produzione (e come usarlo)
Il dato come fattore di produzione (e come usarlo) Foto: Shutterstock

MILANO - «Strategicamente, l’IT non conta». Era questa la tesi provocatoria di un articolo molto discusso dello statunitense Nicolas Carr, pubblicato nel 2003 sulla Harvard Business Review. Allora, le aziende spendevano più di metà del loro intero investimento per l’IT, in un modo non differenziante. «In un mondo in cui gli strumenti sono ugualmente accessibili per ogni azienda, questi non offrono alcun vantaggio competitivo», così andava avanti la discussione. L’autore raccomandava piuttosto di guidare gli investimenti verso risorse strategicamente rilevanti. Negli anni successivi, molte aziende hanno esternalizzato le attività IT perché queste non le riguardavano più come parte del loro core business. 

Una nuova era
Quasi 15 anni dopo, la situazione è cambiata. Oggi, nell’era della digitalizzazione globale, ci sono molti esempi che dimostrano come l’IT in effetti conti. Sviluppi come il cloud computing, l’Internet of things, l’intelligenza artificiale e il machine learning stanno dimostrando che l’IT è diventato, di nuovo, un driver strategico per il business. Questo sta trasformando il modo in cui oggi le aziende offrono prodotti e servizi ai propri clienti. Basti prendere l’esempio dell’industria manifatturiera: nella prototipazione, modelli tecnologicamente complessi non sono più prodotti fisicamente, ma le loro caratteristiche possono essere testate in modo puramente virtuale ovunque, grazie alle simulazioni.

Più di un semplice supporto
Oggi, l’obiettivo del software non è solo quello di supportare i processi di business; al contrario le soluzioni software sono diventate un elemento essenziale in aree di business multiple, a partire da piattaforme integrate che possono gestire tutte le attività (dalla ricerca di mercato alla produzione, fino alla logistica). Oggi, l’IT è la base dei modelli di business digitali e ha dunque un ruolo dal valore aggiunto, come si può notare, per esempio, quando le persone della vendita interagiscono con i loro clienti sugli shop online o tramite app mobile. Gli esperti di marketing utilizzano i big data e l’intelligenza artificiale per capire di più delle future esigenze dei loro clienti.

Creazione del valore attraverso i dati
Nella digital economy, i dati sono al centro della creazione di valore, mentre gli asset fisici stanno perdendo significato nei modelli di business. Fino al 1992, la aziende più valutate nell’S&P 500 Index erano quelle che producevano o distribuivano cose (per esempio l’industria farmaceutica, il commercio). Oggi, chi sviluppa tecnologie (come tecnologia medica, software) e gli operatori di piattaforma (social media enabler, aziende di carte di credito) sono al top della classifica. Inoltre, il commercio attraverso i dati contribuisce alla crescita globale più del commercio con le merci. Di conseguenza, l’IT non è mai stato più importante per la strategia di quanto lo sia ora – non solo per noi, ma per ogni azienda dell’era digitale. «Chiunque voglia sviluppare ulteriormente la sua attività da punto di vista digitale oggi non può farlo senza pensare allo stesso tempo a quale infrastruttura, quale software e quali algoritmi gli serviranno per realizzare i suoi piani - spiega Werner Vogels di Amazon -.  Se i dati diventano protagonisti, allora le aziende devono imparare come trarne valore aggiunto – cioè combinando i dati di cui dispongono con fonti di dati esterne e utilizzando processi di analytics automatici e moderni».

Questo avviene con software e servizi IT forniti attraverso software API. Le aziende che vogliono diventare player digitali innovativi e di successo devono migliorare nella costruzione di soluzioni software. Bisognerebbe pensare bene a come si può organizzare la «produzione» di dati in modo tale da proporsi con un vantaggio competitivo. Abbiamo bisogno di meccanismi che consentano la produzione in massa di dati utilizzando capacità software e hardware. Tali meccanismi devono essere snelli, senza interruzioni ed efficaci e, allo stesso tempo, dobbiamo garantire che le esigenze in termini di qualità possano essere soddisfatte. Si tratta delle stesse sfide che per la merce fisica sono state risolte attraverso l’industrializzazione dei processi manifatturieri. Un’azienda che voglia industrializzare la «produzione di software» ha bisogno di trovare idee su come raggiungere lo stesso tipo di produzione di massa snella e qualitativamente di prima classe, come già accaduto per le merci industriali.

Imparare dalla leggerezza
Possiamo trasferire questo modello di successo anche all’IT? La risposta è sì. Nel mondo digitale, è decisivo attivare processi data-centrici e migliorarli continuamente; di conseguenza, qualsiasi ostacolo sulla via della sperimentazione e dell’ulteriore sviluppo di nuove idee dovrebbe essere rimosso il più in fretta possibile. Ogni nuovo progetto IT dovrebbe essere considerato come un’idea che deve passare per una fabbrica di dati – un sito di produzione completamente attrezzato con processi comuni che possono essere facilmente mantenuti. Il prodotto finale sono servizi o algoritmi di elevata qualità che supportano i modelli di business digitale. Le digital company si differenziano attraverso le loro idee, i dati e le relazioni con i clienti; quelle che trovano un modello di business digitale che funziona raggiungeranno un margine competitivo più velocemente. Soprattutto, la barriera tra lo sviluppo software e il business operativo deve essere superata: la ragione è che il successo, la velocità e la frequenza di questi esperimenti dipendono dalle performance dello sviluppo IT, e allo stesso tempo dalla rilevanza delle soluzioni per le business operation.

Incorporare i feedback
Il primo feedback del cliente fa tornare al «processo di produzione», nella migliore delle ipotesi. Inoltre, le aziende devono garantire che ogni singolo feedback sia applicato ai progetti futuri. Per evitare di perdersi in infiniti loop di feedback, questi dovrebbero essere organizzati secondo un processo snello: ricevere feedback delle parti interessate interne ed esterne non deve in nessun modo ostacolare il processo di sviluppo.

Imparare a rischiare
«Le buone intenzioni non funzionano mai, servono buoni meccanismi per far accadere qualsiasi cosa», dichiara Jeff Bezos. Per questo, è necessaria una cultura aziendale che insegni ai dipendenti a sperimentare costantemente e a portare a termine i progetti. Con ogni nuovo esperimento, ci si dovrebbe assumere un piccolo rischio in più rispetto al precedente. Allo stesso tempo, da ogni team servono dati basati su KPI predefiniti riguardo l’impatto degli esperimenti. E bisogna stabilire meccanismi che facciano effetto immediatamente se si va troppo lontano o se qualcosa va per il verso sbagliato, per esempio se la soluzione non arrivasse mai al cliente.  Chiunque lo abbia provato sa che non è facile iniziare la propria rivoluzione digitale in azienda e mantenere comunque lo slancio. Però, si può.