Perchè il calo degli investimenti VC in startup italiane non è il vero problema
Calano gli investimenti VC in startup italiane con 68 milioni di euro in meno rispetto all'anno passato. Ma perchè non arrivano investimenti dall'estero?

MILANO - Come ci aspettavamo, l’anno si chiude con una drastica riduzione degli investimenti VC in startup italiane. Secondo quanto riportato da Agi i milioni investiti in startup nel 2017 ammontano a 110.8, 68 milioni in meno rispetto ai 178 milioni del 2016. Sicuramente un bel po’ di passi indietro rispetto alle annate precedenti: è la prima volta negli ultimi tre anni che si assiste a un’inversione di tendenza rispetto alla crescita misurata precedentemente. Sicuramente un dato importante che fotografa uno stato legato all’economia innovativa italiana in drastica perdita, nonostante gli interventi effettuati dal Governo in questi anni. Ciò su cui ci sembra opportuno concentrarci, tuttavia, è sul perché le startup italiane non attirano investimenti dall’estero. Se è vero che il mercato delle startup e relativi investimenti deve essere considerato globale, come mai se il problema è il capitale globale non ci sono più capitali europei o extraeuropei che arrivano in Italia?
L’investment flow in Italia
Secondo i dati dell’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano, l’investiment inflow, ossia i capitali attratti dall’ecosistema startup hi-tech da parte di player esteri, si assesta a 92 milioni nel 2017, praticamente quasi quanto investito dal venture capital italiano. La maggior parte proviene prevalentemente da Europa (51,4%), USA (38,1%), Israele (7,3%) e Russia (0,5%), mostrando una distribuzione eterogenea. In Europa siamo particolarmente apprezzati da investitori con sede in UK (35,9%), seguiti da Benelux (24,5%) e Svizzera (19,1%). Questi 92 milioni di euro, però, rappresentano una cifra ridicola se consideriamo i 19 miliardi di capitali investiti in tutta Europa durante questo anno.
I VC europei investono all’estero
Eppure, secondo lo studio di Atomico negli ultimi due anni i fondi di venture capital europei hanno effettuato circa 1000 investimenti all’anno in società con sede al di fuori del loro mercato nazionale, ben il 33%. Questo perché i VC europei vedono sempre più spesso opportunità al di fuori della loro tradizionale impronta geografica. Interessanti anche gli 1,8 milioni di dollari ricevuti dagli investitori asiatici che hanno deciso di puntare su startup europee, così come i 200 fondi che hanno concluso almeno un accordo in Europa, più del doppio rispetto al 2012. Questo significa che i capitali ci sono, che l’interesse extraeuropeo e a diversificare i proprii investimenti c’è, ma non riguarda l’Italia.
Una questione sistemica
Per Roberto Bonanzinga, co-fondatore di InReach Ventures, una società di capitale di rischio con sede nel Regno Unito che investe principalmente in aziende tecnologiche europee in fase iniziale, si tratta - ovviamente - di una questione sistemica: «Dovremo smettere di lamentarci e ognuno dovrebbe fare il proprio lavoro, a partire dagli imprenditori che devono pensare a costruire aziende globali in grado di attirare capitale globale con team globali - ci spiega -. Gli investitori dovrebbero investire solo in startup capaci di sviluppare un business globale e non locale». Per effettuare investimenti, in più, Bonanzinga e i suoi soci si affidano ad algoritmi di intelligenza artificiale, che semplificano le operazioni di scouting e dovrebbero garantire maggiori margini di successo. Tornando a noi, la diversificazione dei capitali investiti in Europa continua a concentrarsi molto lontano dalle nostre città, con oltre 5 miliardi di dollari investiti solo nella città di Londra, 2 a Berlino (seguono Parigi, Barcellona e Stoccolma), sempre in questo 2017.
L’intervento del Governo
Ovviamente l’azione sistematica comprende anche l’intervento del Governo le cui misure hanno permesso in questi anni di raggiungere una quota di startup pari a 10mila su tutto il territorio. Numeri che, tuttavia, dato il nanismo delle nostre startup, non corrispondono a un buon stato di salute. L’ultimo intervento del Governo va, tuttavia, nella direzione di facilitare gli investimenti provenienti da investitori non UE. Lo scorso mese il MISE ha presentato la piattaforma web che permette agli investitori stranieri di poter ottenere un visto speciale per effettuare investimenti in Italia. Il visto in questione si chiama Investor Visa for Italy e ha come obiettivo quello di attirare i capitali di rischio stranieri nel nostro Paese.
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