Banche, in arrivo 22mila esuberi: è la rivoluzione del FinTech
Sono le grandi banche a prevedere i maggiori esuberi. In questa ‘moria’ di colletti bianchi, ovviamente, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, soprattutto quando parliamo di finanziamenti alle imprese

MILANO - Una vera e propria emorragia di colletti bianchi quella che ha colpito il settore bancario, una crisi che ha visto negli ultimi 7 anni, la chiusura di 7mila sportelli bancari, pari al 26,22% del totale. E che trova nella tecnologia una delle sue cause principali, laddove è cambiato drasticamente il rapporto tra cliente ed istituto di credito. E i numeri della crisi arrivano dritti dritti da Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, secondo cui gli esuberi programmati dalle banche italiane sono oltre 22mila, controbilanciati solo in piccola parte da quasi 3.600 nuove assunzioni.
Ben 22mila esuberi per le banche
E sono proprio le grandi banche a ‘potare’, quelle che - peraltro - stanno implementando le maggiori rivoluzioni a livello tecnologico. Il piano al 2019 di Unicredit prevede 3.900 uscite volontarie e lo scorso febbraio è stata sottoscritta l'intesa per l'uscita di questo numero di dipendenti usando il Fondo di solidarietà fino a 54 mesi. Di contro il gruppo di piazza Gae Aulenti garantirà nuove assunzioni per 2.000 unità. Il gruppo Intesa Sanpaolo/Popolari venete contempla 3.900 uscite volontarie di cui circa 1.000 nelle Popolari venete con la chiusura di 600 sportelli. L'accordo di Intesa per acquisire le banche venete (Popolare Vicenza e Veneto Banca) estende l'uso del Fondo esuberi fino a 84 mesi per la prima parte da 1.000 esuberi e a 60 mesi per la seconda tranche da 3.000 uscite. Ubi Banca prevede nel piano 2017-2020 2.750 uscite volontarie a cui si devono sommare le 1.500 delle 3 good bank (ex banca Marche, Banca Etruria e Carichieti). Banco Bpm prevede 1.800 uscite a fronte di 400 nuove assunzioni.
Perché sta accadendo tutto questo
La rivoluzione digitale ha apportato un cambiamento fondamentale che trova le sue radici in un concetto di primaria importanza: la democratizzazione. La tecnologia, per certi aspetti, permette a fasce sociali prima poco considerate, di avere le stesse possibilità di chi, la tradizione, ha sempre messo su un piano superiore. E nei nuovi servizi finanziari che si basano sul concetto di collettività, questo è un aspetto davvero interessante. Benefici e democrazia. Il che non significa perdita di qualità. La riduzione dei costi è data essenzialmente dalla disintermediazione del canale distributivo che in genere grava al 60% sul costo finale e non dalla qualità del servizio. Ma non solo. Da sempre il mondo degli investimenti viene segmentato in base a quanto capitale il cliente ha da investire. Cosa significa? Che se hai pochi soldi da investire spesso non vieni considerato da chi si occupa di promozione degli investimenti. E sono questi aspetti che la tecnologia ha messo completamente al palo.
La rivoluzione del P2P lending
In questa ‘moria’ di colletti bianchi, ovviamente, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, soprattutto quando parliamo di finanziamenti alle imprese. Uno dei segmenti che ha maggiormente rivoluzionato il settore è il 2p2 lending, che vale l’85% del mercato europeo e che ha visto la luce almeno 10 anni fa, nel Regno Unito. Laddove i finanziamenti bancari alle imprese perdono sempre più smalto, le piattaforme di p2p made in Britain erogano sempre più prestiti. Il peso del social lending alle pmi sul totale dei prestiti erogati in Gran Bretagna è del 3% e sale al 13% se lo sguardo si sposta alle piccolissime imprese, quelle sotto il milione di sterline di fatturato. Un ruolo importante gioca, altresì, il direct lending, introdotto oltre un anno fa in Italia con il Decreto Legge 18/2016 che riporta «misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio». Il decreto ha formalizzato, all’articolo 17, le modalità operative per la concessione di finanziamenti, il direct lending appunto, ai FIA o, per esteso, Fondi di Investimento Alternativi. I FIA possono, grazie alle nuove norme, fare direct lending, ossia concedere prestiti.
L’Intelligenza Artificiale
A farla da padrone, soprattutto nei prossimi anni, sarà l’intelligenza artificiale. Come sta avvenendo in tutti i settori dell’economia, il consumatore diventa sempre più esigente, che si tratti di beni o di servizi. Vuole prodotti realizzati ad hoc, personalizzati sulla base delle sue specifiche necessità. Il contatto umano tra banca e cliente è in netta dimininuzione: su una media di 18 interazioni mensili, soltanto una avviene fisicamente all’interno della filiale, le altre 17 si svolgono attraverso i canali digitali. Per la maggior parte dei banchieri italiani la sfida tecnologica più importante per le banche risiede nella capacità di sviluppare e adottare soluzioni che individuino in anticipo i bisogni dei clienti per tarare la propria offerta di servizi ad alto valore aggiunto. Il successo della banca, mai come oggi, è affidato alla creazione di reti di partner e di ecosistemi digitali. Anche se la blockchain viene vista, in Italia, ancora come una tecnologia lontana, non c’è alcun dubbio che conquisterà parte della scena nei prossimi anni.
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