16 aprile 2024
Aggiornato 08:30
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Progresso? Se non smettiamo di credere che l'innovazione sia lo smartphone saremo spacciati

Vi siete mai interrogati davvero sul significato di innovazione? «Introduzione di sistemi nuovi» «Fatto imposto nell’ambito di un rinnovamento radicale di una prassi». Sorpresa? La parola smartphone non c'è

L'innovazione non è lo smartphone
L'innovazione non è lo smartphone Foto: Shutterstock

TORINO - Vi siete mai interrogati davvero sul significato di innovazione? Un termine entrato ormai nel parlare comune, spesso affiancato a inglesismi di cui raramente sappiamo davvero il significato. Del resto anche qui - quanto a inglese - non brilliamo di certo: in Europa siamo 28esimi, con il report di Education First EPI che considera la nostra capacità di dialogare nella lingua di Shakespeare ‘moderata’, che poi in parole povere vuol dire a malapena sufficiente.

Tornando a noi, vi è mai capitato di aprire il dizionario e cercare il vero significato della parola innovazione? «Introduzione di sistemi nuovi» «Fatto imposto nell’ambito di un rinnovamento radicale di una prassi». E’ questo il significato che Google dà al termine ‘innovazione’, senza riferimento alcuno allo smartphone. Introdurre qualcosa di nuovo o rinnovare un metodo che si è talmente radicato nel quotidiano da diventare una prassi e che - per naturale evoluzione delle cose - smette di funzionare. E va cambiato.

E’ passato più di un anno da quando, davanti alla platea del Festival Supernova a Torino, Carlo Purassanta di Microsoft individuava uno dei principali problemi dell’Italia nel fatto che gli imprenditori considerassero l’innovazione strettamente legata allo smartphone. Nella consapevolezza più generica l’innovazione non è vista come un metodo quanto piuttosto come qualcosa di strettamente fisico e concreto, legato a un device che - oramai - ha impregnato le nostre giornate come fa l’olio con la carta assorbente. Ma l’innovazione è molto più di un semplice smartphone che, invece, ne è lo strumento, il veicolo, il tramite.

L’innovazione è un processo, è un modo di pensare. E’ un rendersi conto che quella prassi valida fino a ieri oggi non funziona più. E non funziona più perché cambiano le persone, cambiano le abitudini, le necessità. Cambia il mercato e il consumo che la comunità fa dei beni e dei servizi. Ed è forse per questo che l’Italia, naufragata di fronte a un gap digitale rispetto gli altri Paesi, sta oggi cercando la soluzione nell’Industria 4.0. Che cresce. Per un mercato che oggi vale 1,7 miliardi più 300 milioni di indotto.

L’Industria 4.0 è fatta delle imprese che oggi già esistono sul territorio italiano, quelle che fondano le loro radici nel Made in Italy, quello per cui siamo riconosciuti in tutto il mondo. E l’innovazione qui è di processo: rinnovare una prassi che non funziona più. Dare una nuova veste alla manifattura, all’artigianato, al cibo. Un esempio? Il ristorante ‘Miscusi’ di Alberto Cartassegna e Filippo Motulese a Milano. Niente di più semplice: farina, pasta e cucina, per dei piatti che riassumo l’essenza dell’innovazione. Perché? Perché a fare la differenza sono le strategie con cui questi due ragazzi milanesi hanno creato e stanno portando avanti il loro ristorante. I metodi, quelli che si applicano nel mondo delle startup digitali, applicati, però, nel mondo offline, nella ristorazione, un settore che - quanto a strategie di marketing, acquisizione clienti, comunicazione e fund raising - rimane ancora piuttosto obsoleto. (qui la loro storia che vi consiglio di leggere).

Un altro esempio? La finanza alternativa, una delle innovazioni più dirompenti di questa era, laddove è la folla che contribuisce a creare valore, per ridistribuirlo alla folla medesima. In una parola? Crowdfunding. Uno strumento di una democraticità così dirompente, ma allo stesso tempo ancora erroneamente associato al concetto di tecnologia, di qualcosa di prettamente fisico. Perché sulle piattaforme non ci finiscono solo wearable device che misurano il battito cardiaco (con tutti il rispetto per chi passa le notti a costruirne la campagna). Con il crowdfunding si può creare valore per la comunità. Costruire quella scuola per cui mancano i finanziamenti pubblici, far sorridere quella platea di disabili per uno spettacolo che non si sarebbe altrimenti svolto, se non con il contributo della folla. Crowdfunding è innovazione nel momento che crea un nuovo concetto di comunità e di finanziamento, indipendentemente dall’oggetto o servizio che va a essere finanziato.

E allora il device fisico, la piattaforma diventano lo strumento con il quale si collega la comunità ai servizi, per un servizio e una comunità che sono sempre esistiti, ma che hanno oggi un’esigenza diversa. Cambia il metodo. E non è forse questa la vera innovazione?