19 aprile 2024
Aggiornato 12:00
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Perché non siamo ancora pronti per la sharing economy, in 8 punti

Un'indagine di Altroconsumo mette in risalto come la sharing economy sia oggi tanto diffusa quanto poco conosciuta. Ecco perché, spiegato in 8 punti

MILANO - Sharing economy: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Nonostante oggi l'economia di condivisione sia presente in tutti i campi e in quasi ogni attività della vita, dal lavoro, all'assistenza sociale, in molti, ancora, non sono stati contagiati dal trend economico del momento. Si tratta di un fenomeno non da poco, visto che, in tutto il mondo, muove circa 15 miliardi di dollari l'anno e che potrebbe valerne 335 nel 2025 (la stima è di PriceWaterCoopers). Eppure, in Italia, siamo ancora poco convinti: a quanto pare, gli italiani, sono restii a mettere la loro casa su piattaforme online per affittarla a sconosciuti viaggiatori, anche se per pochi giorni; all'inverso, chi è in viaggio preferisce fermarsi in un albergo invece che in una casa privata, con buona pace delle possibilità di risparmio. La musica non cambia neppure se si tratta di dividere la propria auto per un viaggio: i viaggiatori italiani preferiscono sobbarcarsi da soli il costo di un viaggio, pur di non condividere l'abitacolo con uno sconosciuto.

L’indagine di Altroconsumo
A dirlo sono i dati. Altroconsumo ha testato quanto gli italiani, in una fascia di età com presa tra i 45 e i 70 anni (tradizionalmente i più legati a forme di business più tradizionali), sono informati rispetto alla sharing economy e quanto, nel concreto, prendono parte alle sue iniziative. Sulla base dell’indagine effettuata sono 8 i motivi per cui gli italiani sono ancora restii a considerare la sharing economi come un vero e proprio mercato.

1) Il 46% dei potenziali utenti non partecipa perchè non vuole mettere la carta di credito online;
2) il 36% dei potenziali host non partecipa perchè non vuole avere degli estranei per casa;
3) il 28 dei potenziali conducenti car sharing teme di non fare un viaggio confortevole o di non andare d’accordo con il compagno di viaggio;
4) il 26% dei potenziali utenti trova che la piattaforma sia troppo complicata da usare;
5) il 21% dei potenziali utenti ritiene che il settore sia troppo giovane e che ancora manchino regole precise;
6) il 12% dei potenziali utenti sostiene che il vantaggio economico sia comunque trascurabile rispetto all’impegno che viene richiesto;
7) il 9% dei potenziali host teme che possano nascere complicazioni con la dichiarazione dei redditi;
8) il 9% dei potenziali guidatori di auto ha paura che in caso di problemi, danni o incidenti l’assicurazione non rimborsi;

Manca la fiducia
Di fatto l’indagine chiarisce come la sharing economy sia oggi tanto diffusa quanto poco conosciuta. E comunque, anche chi la conosce preferisce tenersene lontano privilegiando, per esempio, modi di viaggiare più tradizionali. Un vero e proprio paradosso poiché oggi è possibile fare praticamente tutto in condivisione, ma nessuno lo sa. «I teorici della sharing economy sostengono che si tratta di un modello di business in cui la moneta di scambio è la fiducia di chi offre un bene e di chi ne gode - afferma Monica Bernardi ricercatrice dell’Università Bicocca -. Senza di quella, lo si è visto più volte e in circostanze diverse, non si va da nessuna parte. Poi c'è un altro aspetto da considerare: serve che un soggetto pesante come lo Stato o la Pubblica Amministrazione si facciano promotori e, persino, utenti, dei servizi di sharing. Basterebbe l'apposizione di un bollino pubblico che si fa garante di un servizio per segnare un punto di svolta definitivo. Potrebbe fare molto per convincere anche i più scettici».