28 marzo 2024
Aggiornato 20:30
la proposta di legge alla camera

Quanto vale la Sharing Economy in Italia

Siamo un paese che condivide, l'Italia è tra i leader della Sharing Economy. Il vuoto normativo ha portato la Camera a presentare una proposta di legge che mira a regolamentare soprattutto il lato fiscale di queste piattaforme digitali

Quanto vale la Sharing Economy
Quanto vale la Sharing Economy Foto: Shutterstock

ROMA - Siamo un Paese che condivide. Che sia una casa, un’auto, uno spazio culturale: con l’avvento della digitalizzazione ci siamo specializzati nella sharing economy, ne abbiamo fatto una fonte di guadagno inestimabile, tanto da guadagnarci il podio, il terzo posto dopo Turchia e Spagna. Chi l’avrebbe mai detto dopo le lotte furibonde che si sono verificate (e ancora si verificano) tra tassisti e driver di Uber?

La Sharing Economy in Italia
Resta il fatto che la ricerca condotta dalla facoltà di Economia dell’Universita’ degli studi Niccolo’ Cusano conferma un trend di crescita in Italia, per la sharing economy, pari al 34% nell’ultimo anno, equiparabile a un fatturato annuo che si attesta sui 13 miliardi di euro. Secondo le stime questo valore è destinato a toccare addirittura i 300 miliardi di euro nel 2025. Si va dalla condivisione della casa a quella dell’auto e della cena. Le piattaforme che mettono a disposizione servizi e beni non si contano più. E’ sufficiente prendere in mano gli ultimi dati del report sui servizi di Airbnb, la piattaforma di «scambio casa» per farsi un’idea: solo nel 2015 questa forma di condivisione turistica ha portato 3,4 miliardi di euro all’economia del Belpaese e l’equivalente di 98400 posti lavoro. In forte crescita le soluzioni per la mobilità condivisa e sostenibile come BlaBlaCar che permette di condividere viaggi o passaggi o Car2Go per prendere in prestito bici e auto e pagare solo l’effettivo utilizzo nei circuiti urbani. In forte crescita anche il fenomeno della «social eating» che vede la startup Gnammo in prima linea nella condivisione di case o spazi pubblici per organizzare pranzi e cene per la propria community. Insomma, mai come oggi la parola d’ordine in Italia sembra essere proprio «sharing economy», il nuovo modo di diventare imprenditori e creare il proprio business.

La proposta di legge sulla Sharing Economy
C’è un limite a tutto questo? Sì, ed è quello normativo, senza trascurare quello culturale, il gap conservatore che guarda sempre un po’ di traverso l’innovazione e punta a tenerla a bada per non soffocare il tessuto imprenditoriale che esiste dalla notte dei tempi. E le lotte tra tassisti e Uber ne sono la conferma. Resta il fatto che, come tutte le innovazioni, anche la sharing economy ha bisogno di una base normativa di riferimento.  Per questo è stata presentata alla Camera un’apposita proposta di legge di disciplina, firmata dagli onorevoli Veronica Tentori (Pd) e Ivan Catalano (Misto). Una proposta che ha già fatto discutere, ma che porta l’Italia a credere nel futuro e in un nuovo tessuto imprenditoriale che si sporca finalmente le mani con il digitale. Molti l’hanno già ribattezzata Sharing Economy Act. È la numero 3564 e ha lo scopo di «disciplinare le piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi» e di «promuovere l'economia della condivisione».

Il lato fiscale
Come hanno più volte portato alla luce le dispute tra tassisti e Uber, il cruccio delle piattaforme di sharing economy è il lato fiscale. Nello Sharing Economy Act è previsto che gli introiti generati dalle piattaforme (ad esempio Airbnb) vengano tassati con una aliquota del 10 per cento. Così fino a un massimo di 10mila euro annui (anche sommabili da diversi servizi). E saranno le stesse piattaforme a dover trattenere la cifra, agendo per sostituto d'imposta, versandola direttamente all'erario per conto degli iscritti. Un introito non da poco dato che i firmatari della proposta di legge sono convinti che questa operazione possa portare il gettito fiscale da 150 milioni a 3 miliardi di euro entro il 2025. Superata la soglia dei 10mila euro, invece, gli introiti saranno considerati redditi veri e propri e dunque - fiscalmente - andranno sommati agli altri percepiti.  Nuove norme anche per i pagamenti: dovranno essere unicamente digitali. Per quanto riguarda la proposta di legge sulla Sharing economy, BlaBlaCar si trova in una posizione diversa rispetto ad altri operatori che vengono generalmente inclusi nel settore dell'economia collaborativa. La piattaforma permette infatti ai viaggiatori di spartirsi le spese di benzina e pedaggio: il suo utilizzo non genera alcuna forma di reddito e, per questo, i contributi che i passeggeri versano agli automobilisti con cui viaggiano non sarebbero soggetti all’applicazione dell’imposta inserita nella proposta di legge medesima. Il primo passo è stato compiuto: ora bisognerà vedere come il Governo intenderà procedere, se nella direzione dell’innovazione o in quella della conservazione.