19 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Occhi puntati su Taormina

Dal summit Nato al G7, la sfida è il terrorismo. Ma senza la Russia non vinceremo questa guerra

Dopo l'attentato di Manchester, il focus del summit della Nato e del G7 si è spostato sul terrorismo, che la stessa Alleanza dice di voler combattere. Ma intanto, l'assenza di Mosca a Taormina è un paradosso insanabile

TAORMINA – Sono giornate pregne, dense, sul piano della geopolitica e delle relazioni internazionali. Perchè l'agenda dei big occidentali ha previsto per queste ore due vertici «illustri»: il primo, a Bruxelles, dell'Alleanza atlantica; il secondo, a Taormina, dei leader dei 7 Paesi più industrializzati del mondo. Il summit della Nato e il G7 – i primi in presenza del nuovo presidente americano Donald Trump e del neo-eletto capo dell'Eliseo Emmanuel Macron –  sono stati peraltro preceduti dal terribile attentato terroristico, avvenuto al termine del concerto della pop star Ariana Grande, che lunedì sera ha sconvolto Manchester e l'Europa intera. Quanto avvenuto in quell'Arena ha naturalmente modificato all'ultimo il programma dei due eventi internazionali: il tema prioritario, così, è tornato ad essere il terrorismo, laddove, soprattutto al G7, era preannunciata un'attenzione particolare sull'immigrazione.

Focus sulla lotta al terrorismo
Ed è proprio il focus sul terrorismo il fil rouge che unisce i due eventi internazionali. E non solo perché, come abbiamo già detto, da Bruxelles a Taormina è stata quella la tematica prioritaria nell'agenda dei leader, ma soprattutto perché ci riporta al «paradosso» che emerge prepotentemente dalla riunione dei 7 big del Pianeta nella storica cornice siciliana. Paradossale, infatti, il fatto che l'Occidente si riunisca per far fronte a una minaccia contro cui lotta (con esiti a dir poco sconfortanti) da quasi vent'anni, escludendo quello che dovrebbe essere il suo partner privilegiato per affrontare la sfida: naturalmente, stiamo parlando della Russia. L'impressione, in effetti, è che il G7 sia sempre più un «club esclusivo» che partorisce vuote dichiarazioni di rito o poco più. E che si dimostra inadeguato di fronte a questioni di portata ormai globale.

Dal G7 al G8 al G20, e di nuovo al G7
Il primo G7 si riunì quando, dopo lo scandalo Watergate, la guerra del Kippur e il disastroso epilogo del conflitto in Vietnam, il presidente francese Valery Giscard d’Estaing convocò nel castello di Rambouillet i leader di Usa, Gran Bretagna, Giappone e Germania, ammettendo al «club» anche l’Italia. Quindi, il progressivo allargamento del G7 di volta in volta in G8 e G20 rispondeva a un'evidenza: quella che, sia che si parlasse di geopolitica sia di economia, sarebbe stato impensabile escludere una fetta di globo che stava acquisendo sempre maggiore influenza. Il ritorno al formato originario, però, parla chiaro: parla del fallimento di un modello che avrebbe dovuto garantire sicurezza e crescita. Un fallimento dovuto anche all'incapacità dei leader occidentali di guardare con meno diffidenza un po' più in là rispetto al proprio spicchio di mondo.

L'assurda assenza della Russia
Affrontare l'emergenza terrorismo senza la Russia è oggi ovviamente un'assurdità: si consideri solo il ruolo sempre più di primo piano che Mosca ricopre in Medio Oriente, e il suo contributo allo sradicamento dello Stato islamico in Siria. Non solo: oggi la Russia di Putin è una potenza che può rivendicare una voce in capitolo in più teatri, dove la «guerra al terrorismo» o il mantra dell'«esportazione della democrazia» all'occidentale hanno già seminato danni evidenti: non solo in Afghanistan, ma anche in Libia.

Il nuovo nemico della Nato è nemico anche della Russia
Eppure, c'è qualche flebile segnale che fa pensare che tale consapevolezza si stia diffondendo anche a Washington, fino a poco tempo fa la principale sostenitrice di questa politica-kamikaze. Certo, non si può dire che il «disgelo» con Mosca tanto annunciato dagli osservatori ai tempi della campagna elettorale di Donald Trump sia effettivamente avvenuto: e come avrebbe potuto, con lo scandalo Russiagate reso ogni giorno più insidioso da media, politica e apparati per il nuovo Comandante in Capo. Ma c'è chi, nelle conclusioni del summit Nato di Bruxelles, scorge un timido ma promettente cambio di rotta. Perché l'Alleanza atlantica, fino ad ora rimasta abbarbicata alla sua funzione originaria – quella di baluardo contro la Russia –, si impegnerà d'ora in poi attivamente nella lotta al terrorismo nell'ambito della coalizione anti-Isis. Mosca, insomma, non sarà più il suo solo e unico nemico. E il fatto che il «nuovo» nemico dell'Alleanza atlantica sia nemico anche del rivale originario – la Russia, appunto – deve far pensare.

Trump riconsidererà le sanzioni?
E qui l'incognita maggiore è naturalmente la piega che prenderà in politica estera la nuova amministrazione statunitense. Ma c'è qualche elemento per pensare che l'inattesa prudenza mostrata da Trump sull'argomento sia più che altro la diretta conseguenza delle insidie tesegli con il Russiagate dai suoi oppositori. Secondo il Washington Post, il Presidente starebbe attentamente riconsiderando la questione delle sanzioni a Mosca. Gary Cohn, il consigliere economico della Casa Bianca, ha dichiarato che in proposito Washington non ha ancora maturato una «posizione chiara», e che il Presidente al momento ha sul tavolo «diverse opzioni». Una vaghezza molto distante dall'irreprensibile severità mostrata dalla precedente amministrazione, il cui lascito, per certi versi, sembra avere ancora pesanti ricadute su quella attuale.

Da Pratica del Mare ad oggi
15 anni fa, il 28 maggio 2002, a Pratica del Mare, venne introdotto il Consiglio Nato-Russia. In quell'occasione, l'Alleanza atlantica sembrava disposta ad abbandonare i lasciti della guerra fredda e ad aprire una nuova fase nei rapporti con Mosca. Poi, la politica di Bush e quella di Obama andarono in tutt'altra direzione, soprattutto in corrispondenza delle crisi georgiana e ucraina. Oggi, però, i leader del G7 si riuniscono per parlare, innanzitutto, della sfida che da 16 anni a questa parte tutto l'Occidente sta perdendo, complici le politiche suicide dei vari Bush, Obama, Sarkozy e Hollande: quella contro il terrorismo. Una sfida che senza un dialogo forte e collaborativo con la Russia continueremo a perdere.