Usa-Russia, 330 soldati americani in Norvegia dal 2017. Il dibattito sulla Nato nei Paesi scandinavi
330 soldati Usa saranno dispiegati in Norvegia (che condivide un confine con Mosca) dal 2017. Quanto a Svezia e Finlandia, che non sono membri Nato, il dibattito è aperto.
MOSCA - Non accenna a placarsi la tensione tra Occidente e Russia. Dopo le recenti rotture diplomatiche sul dossier siriano, le ipotesi, per ora bloccate, di nuove sanzioni, mentre si combatte una cyber-guerra tra Mosca e Washington e dopo le ultime notizie a proposito dei 140 soldati italiani pronti a schierarsi in Lettonia, una nuova notizia giunge a peggiorare il quadro: 330 soldati statunitensi saranno dispiegati in Norvegia a partire dal 2017: in particolare, i Marines saranno dislocati nella base di Vaernes, che dista circa un migliaio di chilometri dal confine con la Federazione russa.
Il commento di Lavrov
Una decisione che Mosca, ovviamente, non ha apprezzato. Proprio ieri, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov davanti al business europeo,dichiarava che «genera preoccupazione l'avvicinamento delle infrastrutture militari ai nostri confini». E secondo il portavoce dell'ambasciata russa a Oslo, Maxim Gurov, «certamente non migliora la situazione della sicurezza nel Nord Europa».
Una misura storica
Il Governo norvegese ha sostenuto che le truppe della Nato sono già regolarmente nel Paese e che il dispiegamento di truppe a rotazione non equivale all'apertura di una base americana permanente. Eppure, la misura è in qualche modo storica: da un lato, perché finora l'esercito americano in Norvegia ha avuto grandi quantità di attrezzature militari posizionate in gallerie scavate nelle montagne, ma mai truppe; dall'altro, perché il precedente è la Seconda Guerra Mondiale: sarà infatti la prima volta dalla fine di quel conflitto che Oslo ospiterà nel suo territorio truppe straniere.
Il dibattito in Norvegia, Finlandia e Svezia
E la questione ha suscitato un certo dibattito interno, con l'opposizione socialista al governo conservatore di Erna Solberg decisamente poco entusiasta della decisione. Un dibattito che peraltro è particolarmente vivido anche negli altri Paesi scandinavi, in particolare Svezia e Finlandia, oggetto - almeno secondo quanto da loro denunciato - di frequenti visite di cacciabombardieri russi nei propri cieli. Oggi, Svezia e Finlandia mantengono la propria neutralità e non appartengono alla Nato, ma c'è chi pensa che la cosiddetta «minaccia russa» così usualmente sbandierata dagli alleati occidentali possa convincerle a cambiare idea. Oltretutto, gli svedesi hanno di frequente accusato Mosca non soltanto di violazioni dello spazio aereo, ma anche di quello marittimo, con sottomarini o altri vascelli russi che avrebbero navigato nelle acque territoriali scandinave.
La Svezia non vuole entrare nella Nato
Ma mentre durante la Guerra fredda la Svezia vantava un'aviazione più moderna di quella francese, con il 4% del Pil impegnato nella difesa, oggi la situazione è molto diversa: solo l'1% del Pil è investito nel settore militare. E ogni cambiamento in positivo provocherebbe tagli paralleli al welfare. L'esecutivo ha comunque già approvato in corsa un importante aumento delle spese militari, ma ci vorranno anni per tradurlo in più armi e tecnologie prodotte e in servizio operativo. Il dibattito, dunque, infuria anche in Svezia, ma per il Paese la scelta di non entrare nella Nato è strategica: «non vogliamo lanciare messaggi geopolitici destabilizzanti», hanno scritto in un articolo congiunto sul Dagens Nyheter la ministra degli Esteri Margot Wallström – considerata il vero uomo forte dell’esecutivo – e il responsabile della Difesa, Peter Hultqvist.
La terza via di Helsinki e Stoccolma
Così, la direzione di Stoccolma, al pari di Helsinki, per ora sarà quella di rafforzare la cooperazione con l'Alleanza atlantica. Una situazione, però, che potrebbe non durare, perché le correnti russofobe rischiano di acquistare sempre più influenza in un Paese come la Svezia, che ha una storia di ostilità verso il vicino russo. Ad oggi, la situazione rimane comunque molto diversa dai Paesi baltici, dove la russofobia è invece imponente, nervosa, a tratti revisionista e assume proporzioni destabilizzanti. La scelta svedese e finlandese è quella della via mediana: rafforzamento delle spese militari e collaborazione con la Nato, senza però entrarvi, alleanza reciproca tra i due «non allineati» del Nord, con l'obiettivo evitare di toccare gli equilibri geopolitici sul piano formale e dei trattati. Del resto, un rapporto elaborato per il governo conservatore finlandese del premier Juha Sipila da un team di esperti ha messo in guardia sugli effetti di un’eventuale adesione della Finlandia alla Nato: «Se prendessimo una decisione simile scateneremmo una crisi pericolosissima per la stabilità mondiale», scrivono i consiglieri. «Ogni decisione del genere dovrebbe al minimo essere sottoposta a referendum, tenendo bene a mente come la Russia reagirebbe».
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