I soldati Usa stanno con Trump, perché probabilmente smetterà di fare guerre
E' stata la candidata che ha ricevuto più soldi dall'industria della Difesa. Ma, a Hillary Clinton, i militari preferiscono Donald Trump. Perché sono stufi di combattere guerre inutili e sanguinose
NEW YORK - Manca ormai poco più di un mese all'appuntamento dell'anno, le elezioni americane. Elezioni che, peraltro, hanno già praticamente rotto ogni schema. Non a caso, il primo dibattito televisivo tra Hillary Clinton e Donald Trump ha letteralmente fatto il boom di ascolti: 100 milioni di telespettatori che spazzano via il record raggiunto nel 1980 nel duello tv tra Ronald Reagan e Jimmy Carter. Insomma: tutto fa pensare che le prossime settimane saranno ad altissima tensione, e che il mondo intero terrà gli occhi incollati all'America e ai sondaggi che tentano di sondarne le intenzioni di voto.
Testa a testa nei sondaggi
Sondaggi che, dopo il duello tv, sembrano aver premiato Hillary Clinton, ma che, nell'ultimo periodo, hanno registrato un costante testa a testa. Fino a qualche mese fa sembrava impensabile: e invece, ad oggi l'immobiliarista miliardario dalla stramba pettinatura ossigenata sta dando seriamente del filo da torcere alla sua rivale. La quale, dalla sua, non ha certo né la simpatia,né tantomeno la trasparenza. Ma la cui innegabile esperienza (certo, sui risultati ci sarebbe da discutere) la rende a prima vista il candidato più papabile a diventare il prossimo Comandante in capo delle Forze armate americane.
Cosa ne pensano i soldati americani
Non la pensano così, però, proprio i soldati a stelle e strisce. Quei soldati che la Clinton ha contribuito a spedire in Iraq nel 2003, con il suo voto da senatrice, oggi non la vogliono Presidente. Lo scopre un'inchiesta del Military Times, che in realtà rileva come i militari Usa, più di tutti, preferiscano Johnson, il semi-sconosciuto candidato indipendente alla Casa Bianca che non ha alcuna chance di vittoria, ma che, nel suo manifesto programmatico, ha inserito il taglio del budget del Pentagono. Ma tolto Johnson, tra Clinton e Trump i soldati americani non hanno dubbi: scelgono Trump.
Perché i militari sostengono Donald Trump
Questo perché i militari americani sono più pacifisti (o meglio, più lucidi) di tanta parte della politica. E alla Casa Bianca non manderebbero mai, dunque, un Presidente propenso a mandare scarponi a stelle e strisce in giro per il mondo. Un Presidente, per intenderci, come Hillary Clinton. E pazienza se lei è stata segretario di Stato, e dunque dovrebbe avere molta più esperienza di Trump nel difficile ambito della sicurezza, delle questioni militari e di difesa e in politica estera. Ciò che conta è che il magnate newyorchese avrebbe un approccio più isolazionista della rivale, meno «entusiasta» nello spedire soldati alla ventura. Ed è proprio per questo che avrà il sostegno dei militari.
Interventismo sì o no
L’inchiesta, condotta con la cooperazione del Syracuse University’s Institute for Veterans and Military Families, è stata realizzata su un campione di 2.200 militari in servizio. Vale la pena dare un'occhiata più nel dettaglio ai risultati. Alla domanda se «il governo Usa dovrebbe continuare a usare militari e soldi per stabilire democrazie in Medioriente e Nord Africa», i no sono stati il 55%, contro un 23% di sì e un 22% di non risposte. Secondo ‘Military Veterans’, tra le forze armate esiste un «salutare scetticismo» sul nation building, cioè sul «vizietto americano» di concorrere alla costruzione di nazioni «democratiche» in giro per il mondo. Soprattutto quando «l’appoggio locale non esiste, o le condizioni locali non sono favorevoli».
Nation building sì o no
Il 62% è assolutamente contrario a fornire aiuti all'estero, contro il 26% per cui non bisogna né aumentare né diminuire l'attuale tendenza e un 10% di favorevoli. Sul nation building, il 51% è sfavorevole, per il 26% va bene così, il 19% è assolutamente favorevole. Quanto alle operazioni militari convenzionali all’estero, il 38% vorrebbe diminuire la tendenza attuale, il 31% la aumenterebbe, il 28% è soddisfatto dallo status quo.
Le intenzioni di voto
Nel merito delle intenzioni di voto, i numeri parlano chiaro: il 37,6% dei militari voterebbe per Trump, il 36,5 per Johnson, il 16,3 per Hillary Clinton, l’1,2 per la verde Jill Stein, e il 5% non voterebbe. Da registrare soltanto una netta differenza tra ufficiali e truppa. Tra i primi, verosimilmente più «ortodossi» e fedeli alle ‘mission’ portate avanti dalle varie Amministrazioni, il candidato Johnson conduce con il 38,6, contro il 28 di Hillary e il 26 di Trump.
Con Donald Marines ed Esercito
Trump va fortissimo in particolare tra i Marines, con il 50,4% di preferenze contro il 26,7 di Johnson e l’appena 10,2 di Hillary. Con lui è anche l’Esercito: 40,6 contro 35,6 di Johnson e 14,2 di Hillary. La Marina e l’Aeronautica sono invece più ‘libertarie’, schierate con Johnson. Con Hillary, come si vede, si schierano davvero in pochi.
Cosa convince di Trump
Da un lato, bisogna rilevare come una certa antipatia per il partito più di sinistra, tra le forze armate, sia tradizionalmente diffusa. La politica dei repubblicani, negli ultimi decenni, è sempre andata nella direzione di un rafforzamento delle spese militari e nel supportare la presenza muscolare dell'America nel mondo. Ma ciò che, tra gli scarponi a stelle e strisce, convince di Trump (che pure, come Johnson, vuole perpetrare tagli al Pentagono) è proprio la sua politica poco interventista e più concentrata sull'«orticello americano».
L'industria bellica finanzia Hillary
Per avere un quadro completo della situazione, aggiungiamo che in questa campagna elettorale i finanziamenti ricevuti da aziende che lavorano nel campo della Difesa abbondano nelle casse di Hillary Clinton, mentre scarseggiano in quelle di Donald Trump. Per la verità, questo dato si registrava anche in tempo di primarie, dove addirittura Bernie Sanders, in teoria il candidato meno propenso di tutti a difendere gli interessi dell'industria bellica e militare, ha ricevuto più finanziamenti del magnate newyorchese e, in generale, dei repubblicani. In testa a tutti i candidati di entrambi gli schieramenti c'era ovviamente lei, Hillary Clinton. Un dato che, secondo alcuni, potrebbe essere spiegato con le previsioni politiche del settore, che avrebbe scelto di puntare fin da subito sullo schieramento più papabile alla vittoria: in questo caso i democratici. Con una preferenza - è ovvio - per la candidata che appariva più ben disposta verso il settore.
L'eccezione Trump
L'eccezionalità di Donald Trump si dimostra anche in questo: sono di norma i repubblicani ad essere più disposti ad aumentare il budget militare, e dunque ad essere beneficiari della generosità delle aziende attive nella Difesa. Del resto, è stato proprio attraverso alcune mosse legislative al Congresso a maggioranza conservatrice che il dipartimento della Difesa americano ha potuto contenere i tagli originariamente previsti dall’Amministrazione Obama. E invece, ad aprile 2016 Trump aveva ricevuto donazioni irrisorie da quel mondo: 10mila dollari, contro i 450mila dollari di Hillary Clinton. Parallelamente, i militari americani voteranno per lui non perché, in quanto repubblicano, aumenterà il budget militare, ma perché, pur essendo repubblicano, promette di «dare un taglio» a una politica estera avventata e controproducente. Una politica che, fino ad oggi, ha fatto molti danni.
- 29/10/2017 Hillary Clinton «pagava» investigatori privati affinché incastrassero Trump
- 05/05/2017 Usa, Clinton parla della sconfitta: ora faccio parte della resistenza
- 05/04/2017 Usa, Trump spiato dal team di Obama? Ecco chi ci sarebbe dietro
- 23/01/2017 Prodi su Trump: «America first? Preoccupante, o l'Europa sta unita o finiamo male»