Usa 2016, primo duello Trump-Clinton in Tv. Ha vinto Hillary?
Dopo il primo dibattito televisivo, la stampa internazionale ha assegnato la palma della vittoria a Hillary Clinton, tecnicamente più precisa e preparata. Sicuri sia davvero così?
NEW YORK - Erano le tre di notte in Italia, quando Hillary Clinton e Donald Trump si sono confrontati per la prima volta in Tv in vista delle elezioni dell'8 novembre. Uno dei dibattiti più attesi della storia politica americana dell'epoca moderna, dato che queste elezioni vengono unanimamente considerate le «più pazze» di sempre. E come ogni duello che si rispetti, ci vuole un vincitore: chi ha vinto, tra il magnate miliardario politicamente scorretto dai capelli ossigentati e l'ex First Lady, nonché ex segretario di Stato dai tanti scheletri nell'armadio?
Per la stampa ha vinto lei
I media internazionali, oggi, non hanno dubbi nell'assegnare la palma della vittoria ad Hillary Clinton. Secondo un sondaggio condotto da Cnn/Orc dopo il dibattito, il 62% degli intervistati ha detto che è stata Clinton a prevalere sull'avversario. Più sicurezza, più competenza, più precisione nelle risposte: senza contare la capacità di attaccare l'avversario. E soprattutto, a differenza di Trump, non si può dire sia mai andata in seria difficoltà: addirittura quando si è parlato del suo «tallone d'Achille», lo scandalo delle e-mail, ha saputo archiviare in poco tempo l'argomento ammettendo il proprio errore e assumendosene pubblicamente la responsabilità.
Nella comunicazione non verbale Trump ha toppato
Senza contare il fatto che, nei dibattiti televisivi, la comunicazione non verbale è fondamentale. Si pensi a un caso di studio che ha fatto scuola: il dibattito del 1960 tra Richard Nixon e John Kennedy - che, per amore di verità, non fu neppure un duello, ma due conferenze stampa parallele in cui i candidati rispondevano alle domande dei giornalisti -. Chi lo ascoltò alla radio - e quindi non potè osservare le immagini - assegnò la vittoria a Nixon, dalla voce meglio impostata. Ma chi lo guardò in Tv, ebbe l'impressione esattamente opposta: perché Nixon, giacca smorta e viso mal rasato, peraltro reduce due settimane in ospedale a causa di un'infezione, sudava sotto i riflettori e appariva, dunque, poco sicuro di sè. Ieri sera, Donald Trump continuava a tirare su con il naso, tanto che sul web sono impazzate le teorie sul raffreddore del magnate o sulle cause di quel comportamento. Mentre la Clinton, nonostante la polmonite, è apparsa in splendida forma.
Le critiche alla figura imprenditoriale di Trump
Se Trump ha messo a segno un punto a sua favore quando ha criticato la rivale democratica per avere cambiato idea sulla Trans-Pacific Partnership, l'ex segretario di Stato è stata particolarmente efficace quando ha criticato Trump per la sua carriera imprenditoriale punteggiata di scorciatoie per eludere il fisco americano, e quando ha ricordato al pubblico gli appellativi denigratori da lui usati in passato contro le donne («scrofe, sciatte e cagne"). Lui ha tentato di difendersi accusandola così tanto - a volte correttamente, altre no - che lei ha replicato strappando sorrisi: «Ho il sentore che questa notte mi verrà data la colpa per qualsiasi cosa successa». «Perché no?», ha chiesto retoricamente lui. «Perché no? Già, perché no», ha tagliato corto Clinton. Aggiungendo: «Ecco, unisciti al dibattito per dire solo cose pazze».
Accuse
Insomma: se uno dei punti di forza di Trump è la sua carriera da imprenditore, la Clinton è riuscito a trasformarla in un punto di debolezza. «Se il motivo principale per cui credi di potere diventare presidente degli Stati Uniti sta nel tuo business, allora forse dovremmo parlarne», ha tuonato. "Qualche volta non c'è un trasferimento diretto di competenze dal business al governo ma talvolta quanto successo nel business sarebbe davvero negativo per il governo» pubblico. Lui - accusato di molteplici bancarotte, di essersi auto-proclamato con vanto come il 're del debito' e di non avere retribuito molti dei lavoratori che gli hanno fornito servizi (incluso un architetto seduto tra il pubblico) - si è rovinato con le proprie mani dicendo: «Approfitto delle leggi del Paese». E vantandosi di avere recentemente aperto un hotel a Washington, a soli tre isolati dalla Casa Bianca, ha dichiarato: «Se non arrivo a Pennsylvania Avenue in un modo, ci arrivo in un altro», riferimento al fatto che la residenza del presidente americano è al civico 1600 di quella via a Washington.
Il fisco e Trump
Ma Hillary ha obiettivamente vinto anche sul tema delle tasse e sul rifiuto del rivale di pubblicare la sua dichiarazione dei redditi. «Ha qualcosa da nascondere: forse non è ricco come dice di essere; forse non è generoso in donazioni come si vanta; ha 650 milioni di dollari di debiti con le banche, anche straniere. Forse non vuole che il popolo americano sappia che non ha versato alcuna imposta federale». Anche qui Trump si è vantato: «Ciò mi rende intelligente». Secondo lui, «l'America non ha soldi perché sono stati sperperati dalle idee [di Clinton] nel corso del tempo». Lei ha colto la palla al balzo insinuando: «O forse perché non hai pagato le tasse?». E lui ha praticamente ammesso di non averle versate, grazie probabilmente alle scorciatoie fiscali di un sistema tributario di riformare: «Sarebbero stati (soldi) sprecati comunque».
Le 'bugie' di Trump
La candidata democratica ha «smascherato» il rivale anche a proposito della sua posizione sul riscaldamento climatico, che il magnate ha in passato definito «Una bufala inventata dai cinesi». Trump ha negato, ma nel giro di pochi minuti sul web sono spuntati degli screenshot che fotografavano un tweet risalente al 2009: alla rete, si sa, non si mente. Qualcosa di simile è avvenuto parlando di politica estera, quando Clinton ha accusato il rivale di aver inizialmente sostenuto la guerra in Iraq e lui ha negato. In verità, anche su questo punto il candidato repubblicano ha mentito, perché nel 2003 si è dichiarato favorevole all'intervento fino a pochi giorni dopo l'inizio della guerra: per poco tempo, insomma, ma sufficiente per far sì che la Clinton possa contare sul fact-checking.
Qualche imprecisione
A tutto ciò, si aggiunga il fatto che Trump si è mostrato su molti temi impreciso e confuso: sulla sicurezza informatica, parlando della quale a un certo punto ha citato suo figlio Barron, che «ha dieci anni ed è bravissimo con i computer», e sul nucleare, a proposito del quale ha detto che la Cina dovrebbe invadere la Corea del Nord. Per queste e altre ragioni, i tecnici hanno assegnato la vittoria alla candidata democratica - che dalla sua, bisogna dirlo, ha già la stragrande maggioranza degli organi di informazione internazionali -.
Però...
Però, c'è un però. Dato che queste, lo abbiamo già detto, sono le elezioni più «pazze» e fuori dalle righe della storia americana, sarebbe forse superficiale analizzarle secondo i soliti canoni, senza tenere presente la specificità del caso. E' indubbiamente vero che, dal punto di vista tecnico e contenutistico, la Clinton sia stata migliore: più precisa, più preparata, sangue più freddo, ironica al punto giusto, più affidabile. Ma Trump piace proprio perchè rappresenta l'esatto contrario di tutto ciò: piace perché rompe gli schemi, piace addirittura per le sue uscite politicamente scorrette (per usare un eufemismo), piace perché rappresenta qualcosa che gli americani non hanno mai visto, perlomeno in politica. Piace perché rappresenta esattamente il contrario della «maestrina» Hillary.
Ricordate quando alle primarie lo davano per spacciato
E c'è un altro aspetto da considerare: mesi fa sembrava impossibile, ma a questo dibattito Donald Trump si è presentato forte di sondaggi che lo davano virtualmente alla pari con Hillary Clinton. Difficile, dunque, che questo dibattito sposti molti voti, come di norma succede. Più probabile che finisca per mobilitare e rafforzare lo zoccolo duro dei singoli candidati. Di certo, la posizione che oggi tutta la stampa occidentale sostiene - e cioè quella pro-Hillary - è in realtà molto difficile da sposare con sicurezza. La prova? Ricordate quando, mesi fa, in tempo di primarie, nessuno scommetteva un centesimo su Trump, e tutti lo deridevano per le varie motivazioni ampiamente documentate dalla stampa? Bene. Guardate ora dov'è oggi. E chissà che, da qui a poco più di un mese, non ce lo ritroveremo alla Casa Bianca.
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