18 aprile 2024
Aggiornato 23:00
Dopo il tentato golpe del 15 luglio scorso

La mappa della stretta di Erdogan sui media turchi

Nell'ultima settimana sono stati emessi mandati di arresto per almeno 89 giornalisti. Tutti accusati di far parte del braccio mediatico dell'«organizzazione terroristica» del predicatore Fethullah Gülen - in esilio volontario dal 1999 negli Stati Uniti - ritenuto da Ankara l'ideatore del putsch.

ANKARA - Dopo il tentato golpe del 15 luglio scorso continua l'ondata di arresti in Turchia. Senza esclusione di colpi per i media. Nell'ultima settimana sono stati emessi mandati di arresto per almeno 89 giornalisti. Tutti accusati di far parte del braccio mediatico dell'«organizzazione terroristica» del predicatore Fethullah Gülen - in esilio volontario dal 1999 negli Stati Uniti - ritenuto da Ankara l'ideatore del putsch. Le operazioni contro i giornalisti accusati di complicità con quella che è considerata essere una "struttura parallela" interna allo stato hanno finora condotto all'arresto di almeno 20 giornalisti. I numeri però risultano tuttora incerti, visto che le autorità non hanno ancora comunicato i dati effettivi degli arresti, mentre un primo bilancio è reso possibile grazie alle informazioni pubblicate dai media locali. E sempre secondo gli stessi media decine di persone risultano ricercate, altri cinque membri della stampa tra cui Orhan Kemal Cengiz, Sibel Hürtas e Levent Kenez, precedentemente fermati, sono stati rilasciati con divieto di lasciare il paese. Ma nel quadro della libertà di stampa già fortemente provata del paese - la Turchia risulta al 151esimo posto nell'ultima classifica sulla libertà di stampa di Reporter senza frontiere - si teme che la caccia alle streghe condotta contro gli operatori della stampa imputati di essere in qualche modo coinvolti nel piano golpista possa trasformarsi in un pretesto per mettere a tacere altre voci critiche.

Decine di mandati di arresto nelle ultime settimane
Secondo la ricostruzione della Piattaforma 24 (Platform 24), un sito che mira a promuovere il giornalismo indipendente, gli arresti sono cominciati a partire dal 22 luglio scorso, con il fermo di Isa Sayi, editor del portale informativo Haberdar. Il 23 sono stati posti agli arresti cinque proprietari di testate giornalistiche regionali, cui sono seguiti altri fermi rivolti nuovamente a tre giornalisti del sito Haberdar. L'Agenzia semistatale Anadolu ha diffuso lunedì scorso la notizia dell'arresto di 14 giornalisti ad Antalya, nella costa mediterranea della Turchia. Ieri è scattato invece l'ordine di arresto per 42 giornalisti ed ex giornalisti afferenti principalmente ai media ritenuti vicini al movimento gulenista. Figurano tra questi numerosi ex membri di quotidiani come Zaman, Bugün, del periodico Aksiyon, come della rete televisiva Samanyolu e dell'agenzia di stampa Cihan. Tutti nel gruppo dei 17 media che lo scorso marzo erano già stati posti sotto commissariamento. Ma ad essere inclusi nella lista ci sono anche giornalisti ed ex giornalisti di altri organi di stampa non pro-governativi, come Hurriyet, Milliyet, Radikal e Fox TV. La lista dei mandati di arresto si è infoltita ulteriormente oggi, con l'aggiunta di 47 nomi di altri ex giornalisti e direttori di Zaman, mentre si registrano altri arresti non connessi al tentato golpe del 15 luglio.

La stretta sui media filocurdi
Si tratta, in questo caso, di giornalisti afferenti ai media filocurdi, già da tempo nel mirino delle autorità turche riguardo alle notizie riportate dal sudest turco, dove da mesi proseguono gli scontri tra l'esercito e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), con centinaia di vittime. Ma dopo la dichiarazione dello stato di emergenza sembra che anche la morsa sui media curdi si sia fatta più stretta. Dal 23 luglio ad oggi sono stati effettuati sei arresti. In particolare, sono stati fermati tre giornalisti delle agenzie di stampa Jinha (l'unica agenzia composta da sole donne in Turchia), 2 dell'agenzia Diha e un membro del quotidiano Azadiya Welat. Due su sei - la giornalista Zehra Dogan e Zeynel Abidin Bulut - hanno visto confermata la custodia cautelare. Intanto oggi è stato bloccato il sito del giornale Ozgur Gundem - si tratta della seconda volta nell'ultimo mese - e quello dell'agenzia Diha - per la 43esima volta in 12 mesi.

30 siti d'informazione bloccati, censurata rivista satirica Leman
Engelli Web, sito specializzato nel monitoraggio dei siti web bloccati in Turchia, ha contato 30 indirizzi web cui le autorità di telecomunicazioni e i tribunali turchi hanno posto divieto di accesso dopo il 15 luglio. Tra questi figura wikileaks.org, che il 19 luglio scorso ha diffuso quasi 300mila email scambiati tra membri dell'AKP di Recep Tayyip Erdogan. Ma risulta inaccessibile anche il popolare archive.org, che si trova tra i 1000 indirizzi più visitati su internet ed è considerata la memoria digitale del mondo della rete. Tra le pagine bloccate, oltre ai siti legati direttamente a Gulen, figura anche il sito della rivista di satira Leman, nota da sempre per le caricature critiche nei confronti dei potenti, non escluso il movimento gulenista. Ma la scorsa settimana, dopo aver pubblicato un numero speciale sul golpe, la sede della rivista è stata anche presa d'assalto, prima da una folla di civili e successivamente dalla polizia che ha bloccato la distribuzione del periodico su ordine del tribunale. Il medyascope.tv del giornalista Rusen Cakir, altro sito popolare che nella quasi totale assenza di spazi televisivi dove realizzare dibattiti e discussioni liberi rappresenta un'oasi, è stato invece riattivato dopo un giorno di sospensione.

L'atteggiamento conciliatorio del gruppo Dogan
Da tempo alla Dogan, tra i gruppi editoriali e mediatici più forti del paese ed afferente alla holding omonima, si sta assistendo ad una epurazione interna. Decine di giornalisti sono stati licenziati negli ultimi tre anni. Gli organi più importanti del gruppo, il canale televisivo Cnn Turk e il quotidiano Hurriyet, hanno smussato sempre più i toni critici adottando una posizione che evita ogni tipo di scontro con l'esecutivo. E senza dubbio l'apporto della Cnn Turk nello scongiurare il tentato golpe la notte del 15 luglio è stato determinante, grazie al collegamento in diretta con Erdogan, tramite Facetime, con cui il presidente ha incitato la popolazione a uscire per le strade, opponendosi al putsch. In questo quadro va però certamente ricordato che solo sei anni fa il gruppo Dogan, dopo un attrito con l'allora esecutivo, ha ricevuto una multa di tre miliardi di dollari per presunte irregolarità fiscali, ridotte poi con un accordo a un miliardo. E ora Aydin Dogan, magnate del gruppo, si trova nuovamente sotto processo con l'accusa di aver sistematicamente ed illecitamente partecipato ad un traffico di combustibili per il tramite della società turca Petrol Ofisi. Un'accusa per cui si richiede una pena carceraria che va fino a 24 anni e mezzo.

Media indipendenti sempre più in difficoltà
Numerosi piccoli media indipendenti - cartacei e online - che rappresentano ancora una voce libera nel soffocante panorama giornalistico turco risultano da tempo in difficoltà economica e per diversi sono in atto dei processi giudiziari inerenti alle notizie pubblicate. Si tratta di siti come T24, Diken o Bianet, come dello storico quotidiano Cumhuriyet o dei giornali di sinistra come Birgün ed Evrensel uniti tutti nella condanna del golpe, ma che continuano ancora a sottolineare le manchevolezze del paese in materia di democrazia. Un compito che non risulta per niente facile, vista anche la recente campagna di linciaggio avviata sui social media e in alcuni quotidiani progovernativi contro la BBC con l'hashtag #BBCGoHome, perchè il media britannico, dopo aver dato spazio ai sostenitori dell'esecutivo, stava cercando di trovare anche chi abbia delle critiche da rivolgere al governo. Una possibilità non tollerata in alcun modo ma che pericolosamente viene annunciata anche come un attacco alla democrazia turca, fragile più che mai.

(con fonte Askanews)