Libia, dossier sulle stragi dell'Isis a Sirte. Ed è allarme per la proliferazione del jihadismo nel Paese
Mentre la diplomazia internazionale è riunita a Vienna e l'attenzione del mondo focalizzata sulle atrocità dell'Isis in Iraq e Siria, un rapporto punta i riflettori sulle barbarie compiute dai jihadisti in Libia
SIRTE - Nei giorni in cui la diplomazia internazionale è riunita a Vienna per parlare di Libia, ma anche di Siria, l'organizzazione Human Rights Watch lancia l'allarme: lo Stato islamico si sta rendendo protagonista, proprio nelle tribolate terre nordafricane, di nuovi massacri. In particolare, dal febbraio 2015, Daesh ha barbaramente ucciso 49 persone nella sua roccaforte di Sirte. Tra le vittime, oppositori politici e persone accusate di «spionaggio» e di «insultare Dio». I testimoni parlano di «scene dell’orrore», tra le quali la crocifissione o la fustigazione per «reati» come l'aver fumato una sigaretta o l'aver ascoltato musica.
Popolazione prostrata
Ma il rapporto di 41 pagine diffuso da Hrw non si ferma qui. Perché denuncia sistematiche violazioni dei diritti umani messe in atto dai jihadisti nei confronti della popolazione, come l'interruzione delle forniture di cibo, medicine, carburante, contanti, nonché l'assegnazione delle case delle persone fuggite ai propri affiliati. In pratica, alla popolazione è impedito l'accesso ai generi di prima necessità, oltre che ai più basilari diritti umani. L'Isis ha anche rapito e fatto sparire numerosi combattenti libici, e ucciso molti civili. Le testimonianze raccolte da Human Rights Watch, che ha intervistato alcuni tra gli attuali o passati abitanti di Sirte e Misurata, sono impressionanti. Tra di loro, ci sono parenti di persone uccise o rapite da Daesh, che hanno descritto scene di orrore e barbarie senza fine.
Dall'Iraq... alla Libia
Decapitazioni e fucilazioni, insomma, per l'Isis non sono più abbastanza. Secondo Letta Tayler, ricercatore esperto di terrorismo e antiterrorismo, ora Daesh si sta spingendo anche più in là: sta causando, cioè, terribili sofferenze a Sirte anche a quella parte di popolazione musulmana che ha deciso di piegarsi alle sue regole per avere salva la vita. Il tutto, mentre l'attenzione del mondo intero è focalizzata sulle atrocità compiute dallo Stato islamico in Iraq e in Siria. E, aggiungiamo noi, dopo che da Vienna è giunto il «no» italiano all'intervento armato in Libia e la decisione della comunità internazionale di ridiscutere l'embargo sulle armi alla Libia.
Allarme per il vicino nordafricano
Il rapporto giunge, tra l'altro, in un periodo in cui si moltiplicano gli allarmi internazionali per l'espansione dello Stato islamico in Libia. Il governo libico, ma anche i media americani hanno a più riprese parlato di un graduale spostamento di armi e uomini di Daesh dalla Siria e dall'Iraq alla Libia. Non solo: ancora più preoccupante la segnalazione secondo cui, dalla Nigeria, Boko Haram starebbe mandando jihadisti in Libia per accrescere la cooperazione tra i due gruppi. L'allarme è giunto da un ex ufficiale statunitense. Antony Blinken, vicesegretario di Stato Usa, ha citato dei «rapporti» che attesterebbero questi contatti, e che confermerebbero l'intenzione dell'Isis di guadagnare terreno nel Nord Africa, e in particolare in Libia. Dove, nonostante gli sforzi del nuovo Governo di Unità nazionale di Faiez Serraj, la frammentazione delle forze in campo e delle autorità locali e la rivalità tra le milizie crea certamente un terreno fertile per la proliferazione del jihadismo.
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