28 marzo 2024
Aggiornato 20:30
Rubio cresce, ma non c'è vero vincitore

USA 2016, dibattito tra i repubblicani: meno rissa, più sostanza, nessun leader

L'ultimo dibattito tra i repubblicani è stato più calmo e meno litigioso del solito. Il giudizio sulla performance dei candidati arriverà oggi attraverso i sondaggi ma se ieri un chiaro vincitore non c'è stato nell'immediato.

NEW YORK - Il senatore della Florida Marco Rubio e il governatore dell'Ohio John Kasich hanno cercato di affermare sé stessi: il primo promettendo un cambiamento generazionale in un 21esimo secolo che per l'America segnerà una svolta; il secondo presentandosi come un politico di centro. L'ex governatore della Florida Jeb Bush non è riuscito a rilanciare una campagna in difficoltà anche se non sono mancati momenti di scontro con Donald Trump, che invece si è messo meno in mostra rispetto al passato evitando (tranne una volta) di prendere nuovamente di mira l'ex amministratore di HP Carly Fiorina.

Nessuno domina
E' questa la fotografia del dibattito tra candidati repubblicani alle elezioni presidenziali americane del 2016 di ieri. Non sembra sia emerso un vero vincitore a parte Fox Business Network, il canale tv controllato da Rupert Murdoch che ha trasmesso l'evento e che difficilmente verrà criticato (almeno dal Gop) per la gestione del dibattito come successo invece alla rivale storica Cnbc. Basti dire che lo stesso Trump si è complimentato con i conduttori tra cui c'era l'italo-americana Maria Bartiromo.

Cambio di strategia
Il giudizio sulla performance dei candidati arriverà oggi attraverso i sondaggi ma se ieri un chiaro vincitore non c'è stato nell'immediato, la spiegazione sta nel cambio di strategia dei candidati stessi: per una volta hanno deciso di focalizzarsi sulle politiche che adotterebbero se mai riuscissero a mettere piede alla Casa Bianca. Dopo tre dibattiti caratterizzati da attacchi personali, gli aspiranti alla poltrona su cui siede attualmente Barack Obama si sono riuniti a Milwaukee per discutere di economia, finanza, immigrazione e politica estera. Certo. Non sono mancate delle scaramucce a due, come quando Bush ha detto «Grazie, Donald, per permettermi di parlare a questo dibattito». O come quando il magnate del real estate newyorchese ha fatto riferimento a Fiorina dicendo «Perché deve sempre interrompere?». Comunque sia, non si sono visti gli attacchi personali che hanno dominato il primo dibattito (dominato da Trump); non è andata in scena una lotta comune contro Trump come nel secondo; e appunto non sono stati presi di mira i moderatori come nel terzo dibattito.

Sostanza
Il risultato? Anziché gridare l'uno contro l'altro, i candidati si sono concentrati sulla sostanza (talvolta perdendosi in dettagli, specialmente in tema tributario e fiscale, difficili da comprende per i non addetti ai lavori). Così facendo sono emerse differenze non solo stilistiche ma anche di contenuto, specialmente in tema di immigrazione. Mentre Kasich e Bush si sono presentati come persone con esperienze tali da potere gestire le sfide poste dal problema, Trump e il senatore texano Ted Cruz si sono schierati contro quella che chiamano «amnistia» dicendo che i lavoratori privi di permesso di soggiorno stanno frenando i salari degli americani e che tutti i migranti presenti illegalmente in Usa dovrebbero essere rispediti nel loro Paese d'origine. Trump ha difeso il piano di costruire un muro lungo il confine con il Messico e di identificare e deportare 11 milioni di persone. Ai critici del muro ha detto (con cattivo gusto) «chiedete a Israele se il suo muro non funziona». A quel punto Kasich ha invitato a «pensare alle famiglie, ai bambini. Non si possono prendere e rispedire indietro. E' una tesi stupida, non è da adulti». Trump gli ha risposto: «Non si diventa più amichevoli. Non abbiamo scelta». A quel punto Bush lo ha messo in guardia. Con una simile retorica il voto degli ispanici va alla candidata democratica Hillary Clinton: «In questo momento, ascoltandoti la campagna di Clinton batte un cinque».

Carson e Trump non spiccano
Nonostante gli sforzi di tutti, nessuno degli otto principali candidati repubblicani alla Casa Bianca è dunque uscito vincitore ieri da un dibattito che ha visto attacchi personali dei precedenti, ma anche qualche scambio vivace sull'immigrazione e la sicurezza nazionale. Se le differenze di contenuto e stile tra gli otto si sono fatte sentire, il dibattito non ha cambiato il profilo della gara. L'ex neurochirurgo Ben Carson e il magnate dell'immobiliare Donald Trump sono entrati nello studio tv del Fox Business Network come i favoriti alla nomination repubblicana per il voto di novembre 2016. Ma sono stati rivali dell'establishment a occupare la scena ieri sera con i loro programmi sull'economia e e mettendo nel mirino il presidente Barack Obama e la favorita tra i candidati democratici, Hillary Clinton.

Clinton nemico comune
Durissima sulla Clinton l'ex amministratore delegato di Hewlett-Packard Carly Fiorina. «Una presidenza Clinton corroderebbe il carattere di questo Paese. Perchè? Per lo stile Clinton. Dì quello che ti pare, menti finchè non ti beccano» ha detto Fiorina. Jeb Bush, ex favorito, figlio del 41esimo presidente fratello del 43esimo, oggi costretto a lottare per la sua sopravvivenza politica, ha tentato di sfondare usando un tono meno paternalistico e più tagliente. «Hillary Clinton ha detto che le politiche di Barack Obama si meritano un 10, davvero?» ha detto Bush, elencando una serie di problemi, dai lavoratori scoraggiati agli alti livelli di povertà ai bambini che si nutrono con buoni alimentari. «Forse è il meglio che Clinton può fare, ma non il meglio per l'America».

Immigrazione
Bush si è scagliato anche contro Trump sull'immigrazione definendo il suo piano non irrealistico e antipatriottico. Parlando della proposta del magnate di rimpatriare 12 milioni di immigrati clandestini Bush ha detto «500mila al mese semplicemente non è possibile, non corrisponde ai valori americani e farebbe a pezzi le comunità». Trump ha contrattaccato affermando: «abbiamo bisogno di confini, avremo un muro,il muro ci sarà e sarà un successo. E se pensate che i muri non funzionino, chiedete a Israele».

Rubio in crescita
A contendergli la corona di candidato prediletto dell'establishment, se non dei sondaggi, il suo ex allievo politico Marco Rubio, che ancora una volta ha messo a segno una performance raffinata e disciplinata. Rubio ha scatenato applausi respingendo al proposta del suo rivale Rand Paul, che vuole ridimensionare la politica della sicurezza e della difesa. «So che il mondo è un luogo più sicuro e migliore quando l' America è la potenza militare più forte» ha detto Rubio.

Carson ringrazia
Il dibattito di ieri non ha assunto i toni litigiosi del precedenti. L'ultimo, ospitato dalla tv finanziaria via cavo CNBC, è stato caratterizzato dal tono di sfida dei moderatori nei confronti dei candidati, che si solo lamentati in seguito. Carson, ex neurochirurgo finito nei mirino da qualche giorno per i molti dubbi sulla veridicità della storia personale che racconta ai media, ha evitato di farsi mettersi sotto esame. «Grazie e voi per nona vermi chiesto cose che ho detto in seconda media. L'ho apprezzato» ha detto Carson.

(Con fonte Askanews)