Ecco perché, nonostante Obama, la legge contro le armi in America non si farà
Il discorso di Obama all'indomani della strage dell'Oregon ne ricorda tanti altri, pronunciati in circostanze simili. La promessa è sempre la stessa: una riforma sul controllo delle armi. Ma, come le altre volte, le probabilità di riuscita sono minime. Ecco perché
WASHINGTON – Barack Obama è apparso profondamente commosso e irato insieme, quando, ieri sera, è comparso in tv a esprimere il suo cordoglio alle famiglie delle vittime dell’ultima, insensata strage avvenuta in terra americana. Con i suoi 15 morti, la sparatoria dell’Oregon ha già ottenuto un primato tutt’altro che onorevole, quello di strage peggiore del 2015, scalzando il massacro di Charleston del 17 giugno e quello di Waco, in Texas, del 17 maggio. «Non bastano le nostre parole, né le nostre preghiere», ha detto il presidente. «La responsabilità è di tutti noi, ma da solo io non posso cambiare», ha aggiunto, confessando di essere profondamente stanco di esprimere condoglianze ogni pochi mesi.
Una riforma che il Congresso non vuole
In effetti, il discorso di Obama sembra quasi un déjà vu. Pare di essere sbalzati indietro nel tempo di circa tre anni, al 4 dicembre 2012, giorno di una delle stragi forse più terribili, e difficili da digerire, degli ultimi tempi: quella di Newton. In quella occasione, un 20enne uccise 26 persone, tra cui 20 bambini, nella scuola elementare Sandy Hook a Newton, in Connecticut. Allora, il presidente Obama promise «azioni concrete per impedire il ripetersi di tragedie simili, a prescindere dalle resistenze politiche» e incaricò alcuni esperti di redigere una proposta di legge per la messa al bando (almeno) delle armi semiautomatiche, in grado di scaricare con efficienza bellica centinaia di proiettili al minuto sugli inconsapevoli bersagli. Eppure, nulla è cambiato da quel giorno, e l’America si ritrova gli occhi addosso del mondo intero per l’ennesimo, vergognoso massacro. In effetti, Obama cercò di portare a casa una riforma sul controllo delle armi, ma le ben note «resistenze politiche» gli hanno sbarrato la strada. Nell’aprile 2013, il Senato bocciò un passaggio chiave della legge, che riguardava l'estensione dei controlli a tutte le transazioni riguardanti armi. I seguenti tentativi di portare a casa la riforma furono bloccati, addirittura, dall’introduzione, da parte di singoli Stati, di leggi interne mirate a far sì che nuove norme federali che limitassero il possesso e l'uso di pistole e fucili non potessero essere applicate nei loro territori. Da allora, la legge sulle armi è in uno stato di stallo, mai passata al Congresso. Da allora, almeno altre 7 tremende stragi si sono consumate negli Stati Uniti, provocando centinaia di morti.
Più di un morto al giorno
A giudicare dai dati, i tempi per una svolta sarebbero maturi. Il 29 settembre, il conteggio annuale delle vittime di simili massacri ha raggiunto 365, un morto al giorno. Oggi, questo dato è stato tristemente superato. Il sito shootingtracker.com monitora costantemente una situazione che si aggrava ogni giorno di più. In pratica, siamo di fronte a una guerra segreta, che si consuma quotidianamente per le strade americane e fa decisamente più vittime del terrorismo. Dal 2004, da quando George Bush fece cadere il bando alla vendita dei fucili semiautomatici introdotto dal precedente governo Clinton, le statistiche non hanno potuto che registrare sempre più sangue. Ma come si è arrivati fino a questo punto?
Armi e soldi
All’indomani dalla strage di Newton, il Washington Post sottolineava i due principali ingredienti della «miracolosa» ripresa dell’industria delle armi, che a fine anni Novanta navigava in cattive acque. Il primo consiste nella recessione, che ha alimentato nella classe media e medio-alta timori di un aumento della criminalità, inducendo le persone ad armarsi; e non è un caso che a crescere siano state le vendite di pistole. Il secondo ha un nome e un cognome: (suo malgrado,) Barack Obama. Infatti, la ventilata reintroduzione di limiti alla vendita di armi particolarmente letali ha spinto in alto le vendite, aumentate dal 2007 al 2012 di quasi il 6% l’anno, con macabri picchi proprio in prossimità delle stragi: nella domenica dopo quella di Newton, gli americani comprarono ben 130mila armi.
Contro le armi... più armi?
Ma il dato forse più preoccupante di tutti non riguarda tanto i biechi interessi politici e delle lobby – la cui esistenza e resistenza, in un Paese come gli Stati Uniti, sono quasi scontate –. Piuttosto, ciò che deve più far riflettere è che argomenti come «Contro le armi, usiamo più armi» proposti dalla famigerata National Rifle Association (Nra, potente lobby delle armi da fuoco) continuino a fare enormemente presa sulla popolazione. Addirittura, l’«antidoto» proposto all’indomani di Newton consisteva nell’armare insegnanti e assistenti scolastici per proteggere gli alunni. Non a caso, nel suo discorso di ieri Barack Obama ha apostrofato la Nra come «quell'organizzazione che pretende di parlare per voi». Una definizione azzeccata, purtroppo, visto che, nonostante i continui massacri, gli americani sembrano fortemente soggetti alla sua influenza: la Nra vanta infatti 39 milioni di dollari l’anno in donazioni, 100 milioni di dollari spesi negli ultimi 10 anni in attività di lobbying (molto più dei gruppi anti-armi), e la gran parte del Congresso impegnata a difenderne gli interessi. Così, la rinnovata promessa di Obama di cambiare la legge sulle armi, per ora, sembra l’ennesimo, vuoto déjà vu. A cui – se qualcosa non cambierà davvero – rischiano di seguire altri, drammatici déjà vu: nuove stragi, nuovi morti.
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