18 agosto 2025
Aggiornato 11:00
L'intervista esclusiva del presidente siriano ai media russi

Assad contro l’Occidente: «Se aveste voluto sconfiggere l’Isis, l’avreste già fatto»

Mai così chiaro. Bashar al Assad, presidente della Siria, ha rilasciato una lunga intervista ai media russi, in cui dice la sua sul conflitto che dilania il suo Paese. E sull'ambiguo ruolo che l'Occidente ha in esso

DAMASCO – La crisi siriana è ormai prossima a compiere cinque anni, ma ancora tante, troppe domande rimangono spalancate riguardo al destino del Paese. Nonostante i maldestri tentativi e le speculazioni occidentali,  Bashar al Assad è ancora presidente, ma la notizia di riunioni tra alti funzionari del suo governo e gli avversari dell’Arabia Saudita ha indotto a pensare che la sua estromissione fosse vicina. Di certo, il conflitto siriano pare avviarsi verso una nuova fase: lo fanno pensare il fermento diplomatico internazionale intorno a Damasco, i raid anglo-francesi contro l’Isis e la discesa in campo di Vladimir Putin a fianco delle truppe lealiste contro il Califfato. Nonostante ciò, la pace sembra ancora lontana. Ad ammetterlo, lo stesso presidente Assad, in un’esclusiva intervista rilasciata ai media russi e pubblicata su Russia Today. Che diventa un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’Occidente.

Il ruolo dell’Occidente
L’affondo scatta quasi subito:  «I paesi occidentali con un occhio piangono i rifugiati, con l’altro gli puntano la pistola», afferma. Il motivo? «L’Occidente si addolora per i rifugiati sostenendo i terroristi dall’inizio della crisi». Assad non usa mezzi termini: «Originariamente  l’Occidente ha definito gli eventi siriani ‘proteste pacifiche’, poi ‘azioni dell’opposizione moderata’ e ora supporta l’esistenza del terrorismo, che si chiama Isis e Al Nosra, ma attribuisce la colpa al governo siriano, il ‘regime’, la Siria e il presidente siriano. Pertanto, continuando con questa linea di propaganda, non hanno altra scelta che accettare più rifugiati», accusa.

Gli interessi ambigui dell'Ovest
L’affondo, poi, si estende alla Turchia: «Il Presidente Recep Erdogan e il primo ministro Ahmed Davutoglu non fanno nemmeno un passo senza prima coordinarsi con gli Stati Uniti e altri paesi occidentali. Sia il Fronte Nusra e che lo Stato Islamico devono il loro potere crescente nella regione alla protezione dell’occidente che considera il terrorismo come un jolly periodicamente estratto dalla manica e pronto per l’uso», afferma Assad. Anche il possibile «uso» occidentale di al Nusra contro l’Isis non convince il presidente siriano: perché se gli occidentali avessero davvero voluto sconfiggere lo Stato islamico, «lo avrebbero già fatto». Solo la Russia, l’Iran e l’Iraq sarebbero partner affidabili, mentre «nel caso della cosiddetta coalizione contro lo Stato islamico guidata dagli Stati Uniti, non vediamo questa determinazione. La realtà è che, anche se questa coalizione ha iniziato le sue operazioni, lo Stato Islamico continua ad espandersi».

Quale vita vale di più?
Tornando poi al problema dei rifugiati, gli europei sarebbero colpevoli di possedere una «doppia morale»: «La vita di coloro che annega in mare è più prezioso di quella di chi muore in Siria? Perché deve essere più preziosa di quella di coloro che muoiono macellati per mano dei terroristiche sostenete? Come ci si può commuovere per il bambino che è morto in mare e  non notare le migliaia di bambini, anziani, donne e uomini che sono diventati vittime di terroristi in Siria? Questa vergognosa doppia morale degli europei è diventato evidente a tutti e non è più accettata». La responsabilità occidentale, per Assad, è profonda, al punto che attribuisce l’origine di questa crisi alla guerra in Iraq: «Eravamo totalmente contrari a questa aggressione, e abbiamo capito che a causa di questa guerra l’Iraq sarebbe stato diviso in fazioni settarie». Proprio in Iraq, nel 2006, è nato l’Isis, «tutelato dagli Usa», «che Washington non combatte affatto». Parole forti, che non lasciano nulla sottinteso. Sullo sfondo, l’Occidente rimane silente e indeciso, del tutto incapace di contribuire alla risoluzione di una delle peggiori crisi dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi.