19 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Domani discorso del premier, sabato quello di Akihito

Giappone, su pace e difesa tensioni tra Abe e l'Imperatore

Aspettativa, in Giappone e all'estero, in vista dell'intervento che Shinzo Abe pronuncerà domani per il settantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Ma anche quello dell'Imperatore è atteso, e potrebbero sorgere sorprese...

TOKYO (askanews) - Da settimane c'è grande aspettativa, in Giappone e all'estero, in vista dell'intervento che Shinzo Abe pronuncerà domani per rimarcare il settantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Ma, in realtà, nelle ultime ore sta crescendo l'attesa per un altro discorso, che potrebbe mettere a nudo un'inaudita discrasia di vedute tra il primo ministro giapponese e l'uomo che rappresenta lo spirito della nazione nipponica: l'imperatore Akihito.

Costituzione della pace
La costituzione della pace, elaborata dagli occupanti americani con l'obiettivo di togliere il pungiglione militare al Giappone ma anche di ridimensionare la figura del Tenno (l'imperatore), in nome della quale l'Armata nipponica aveva portato guerra al resto dell'Asia, definisce in realtà questa figura come un simbolo dell'unità del popolo giapponese, senza poteri reali. Per questo motivo, il Tenno si astiene dall'entrare nell'agone politico e Akihito, che siede sul Trono del Crisantemo dal 1989, ha sempre fatto prova di rispettare rigidamente questo dettato. Per quanto l'Agenzia della casa imperiale tenga la bocca cucita sul contenuto del discorso, è quindi certo che non ci saranno attacchi diretti, entrate a gamba tesa, ma affermazioni indirette e sfumate. Bisognerà, insomma, leggere tra le righe. Tuttavia, al di là dei formalismi, la voce del Tenno ha valore politico, in quello che dice e in quello che non dice.

Conflitto con l'imperatore?
Abe, nonostante il suo approccio alla storia largamente visto come revisionista dai suoi detrattori, è consapevole di non poter tirare troppo la corda. In un momento in cui è impegnato a far passare nella Camera alta la sua discutibile riforma della sicurezza, che amplia le capacità delle Forze di autodifesa pur mantenendo intatta la lettera della Costituzione pacifista, di tutto ha bisogno meno che di un conflitto con l'imperatore. Il premier è in un momento di freddo con l'opinione pubblica, coi sondaggi che danno il suo gradimento in caduta libera: una polemica con il Tenno rappresenterebbe un qualcosa di mai visto prima nel Giappone post-bellico.

Abe contestato a Hiroshima e Nagasaki
D'altronde Abe, nei giorni scorsi, è andato già a prendersi schiaffoni a Hiroshima e Nagasaki. Nella prima città martire dei bombardamenti nucleari americani, quando ha pronunciato il suo discorso alla commemorazione in ricordo delle vittime, s'è scordato di citare i «tre principi non nucleari» (non produrre, non acquistare, non introdurre nel territorio nazionale armi nucleari) ed è stato prontamente rimbrottato. A Nagasaki, poi, dal palco Sunao Tsuboi, uno «hibakusha» («esposto alle radiazioni»), ha detto chiaro e tondo che la riforma della sicurezza promossa dal capo del governo è «inaccettebile».

Il parere dell'imperatore
Che Akihito abbia le idee chiare su quale sia la parte giusta nel dibattito sulla difesa, è apparso evidente nei mesi scorsi. Nel suo discorso d'inizio anno, il Tenno ha detto: «Io penso che per noi sia importantissimo cogliere questa opportunità per studiare e imparare dalla storia della guerra, partendo dall'Incidente manciuriano del 1931, per considerare il futuro della nazione». Molti osservatori hanno visto già in questa dichiarazione un velato rimbrotto.

Guardare al passato con modestia
Poi, a febbraio, l'erede designato al trono, Naruhito, ha pronunciato un discorso nel suo 55mo anniversario. «Io sono nato dopo, ma credo che sia importante guardare al nostro passato con modestia e che, visto che oggi è ancora possibile, le generazioni che hanno visto la guerra, trasmettano correttamente a quelle che non l'hanno conosciuta, la storia e le esperienze tragiche attraversate dal Giappone». Akihito, poi, è tornato ulteriormente sul tema della guerra, incontrando Benigno Aquino III, il presidente delle Filippine, un paese che ha conosciuto del colonialismo nipponico. «Durante la seconda guerra mondiale, feroci combattimenti tra Giappone e Stati uniti hanno avuto luogo nel territorio filippino e hanno prodotto la perdita di molte vite di civili», ha detto l'imperatore. «Questo - ha continuato - è qualcosa che noi giapponesi dobbiamo ricordare a lungo con profondo senso di rimorso».

Ruolo costituzionale
E' come se il Tenno, interpretando fino in fondo il suo ruolo costituzionale, stesse lanciando un segnale: attenzione ad avventurarsi in una strada che poi potrebbe portare a ripetere gli errori del passato. «Mi pare che stia cercando di parlare il più possibile», ha commentato Yasushu Kuno, un giornalista che ha raccontato le vicende della casa imperiale per decenni, al Washington Post. «L'imperatore - ha proseguito - sta dicendo a tutti di ricordare la guerra e la gente che è stata uccisa ancora una volta, perché la memoria del popolo riguardo alla guerra si sta assopendo rapidamente». D'altronde, Akihito ormai ha 81 anni e potrebbe sentire che questo è il momento in cui trasmettere il messaggio della sua esperienza. Il discorso di sabato, che ricorda il giorno fatale in cui il discorso di resa del padre Hirohito (nome postumo Showa) fu diffuso alla radio a un attonito popolo giapponese.

Abe, insomma, è consapevole che si sta muovendo su un terreno estremamente sdrucciolevole. E quanto è già filtrato nei giorni scorsi del discorso del capo di governo dimostra un approccio prudente. Abe vi ha incluso le parole «rimorso» e «aggressione», seguendo la formulazione adottata dall'allora primo ministro Tomiichi Murayama: «Durante un certo periodo di un passato non troppo distante, il Giappone, seguendo una politica nazionale sbagliata, è avanzato lungo la via della guerra finendo per intrappolare il popolo giapponese in una crisi fatale, e, attraverso il suo governo coloniale e l'aggressione, ha causato terribili danni e sofferenze ai popoli di altri paesi, in particolare a quelli delle nazioni asiatiche. Nella speranza che tale errore non venga mai più commesso in futuro, osservo in uno spirito d'umiltà questi irrefutabili fatti della storia ed esprimo, qui ancora una volta, il mio sentimento di profondo rimorso, presentando le mie scuse di cuore».