Libia, portavoce del premier: dimissioni? Solo un'offerta per favorire la pace
L'annuncio a sorpresa del premier libico Abdullah Al-Thani di voler lasciare l'incarico di governo rappresenterebbe semplicemente un'offerta di dimissioni, qualora servisse a risolvere i problemi del Paese
TRIPOLI (askanews) - L'annuncio a sorpresa del premier libico Abdullah Al-Thani di voler lasciare l'incarico di governo rappresenta semplicemente un'offerta di dimissioni, qualora servisse a risolvere i problemi del Paese. Lo ha precisato il portavoce del premier, Hatem Oraibi, sottolineando che al momento non sono state presentate dimissioni ufficiali. Lo stesso Al-Thani, intervenendo ieri sera a un talk show di un'emittente televisiva libica, ha detto: «Se la mia uscita è la soluzione, bene allora annuncio le mie dimissioni adesso».
Solo un'offerta
Tuttavia, stando a quanto riporta oggi il sito Libya Herald, già nelle scorse settimane il premier aveva espresso l'intenzione di lasciare, in incontri privati con diversi diplomatici stranieri, dopo che lo scorso aprile aveva dichiarato pubblicamente di non voler più ricoprire la carica di premier. Non è chiaro, però, se l'annuncio in tv sia dovuto alla critica mossa nei suoi confronti dall'inviato Onu per la Libia, Bernardino Leon, durante la conferenza stampa tenuta ieri, nel primo giorno della ripresa del dialogo tra le fazioni a Ginevra. Alla domanda se la nomina da parte di al Thani di persone fedeli al suo governo e al parlamento di Tobruk alla guida di istituzioni di governo parallele nell'Est del Paese sia contraria allo spirito del dialogo, Leon ha risposto che «tali iniziative unilaterali sono contrarie allo spirito di un accordo», sottolineando la necessità di concordare la struttura di tali istituzioni, prima di indicarne i vertici.
Dimissioni faciliteranno il compito a Leon?
Rimane il fatto che le dimissioni del premier potrebbero facilitare il compito di Leon, che ieri ha fissato per la fine di agosto, prima dell'assemblea generale dell'Onu di settembre a New York, la nuova scadenza per arrivare a un'intesa che coinvolga tutti gli attori libici. L'accordo per un governo di unità nazionale raggiunto il 12 luglio scorso in Marocco è stato infatti sottoscritto solo dal parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, dai delegati di Misurata e dai rappresentanti di movimenti indipendenti e di municipalità, mentre il parlamento di Tripoli lo ha respinto perchè «insoddisfacente».
Tanti gli ostacoli
I delegati di Tripoli sono presenti ai colloqui ripresi ieri a Ginevra; tuttavia hanno già fatto sapere che non firmeranno alcun documento che riconosca il ruolo dell'attuale capo di Stato maggiore delle forze armate di Tobruk, il generale Khalifa Haftar. «Non ci sarà alcun accordo se il generale Haftar continuerà a guidare l'esercito in Libia - ha detto Mohammed Ali Abdallah Addarrat, deputato a Tripoli e leader del partito Fronte nazionale - quanti sono stati coinvolti nell'escalation della crisi politica e militare della Libia non possono essere quelli che portano a una soluzione».
Dialogo parallelo
Leon ha riferito di un dialogo parallelo in corso tra i leader di forze armate e milizie libiche, lamentando però scarsi progressi. «C'è bisogno di maggiore convergenza», ha detto, rimarcando come, in assenza di un totale appoggio da parte delle forze impegnate sul terreno, un accordo politico non riuscirebbe a tenere. Le milizie legate ad al Qaida e ai jihadisti dello Stato islamico (Isis) non riconosceranno mai un governo di unità, ha ammesso Addarrat, ma la migliore speranza per la Libia di contrastare l'estremismo risiede proprio in un'autorità unica, riconosciuta: «Ci sono sempre estremisti e altri che non vogliono una soluzione politica. La soluzione è un governo di unità nazionale in grado di fronteggiarli».