25 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Dis-Unione Europea

Grecia? Immigrazione? No, la UE pensa al formaggio

Nulla di fatto sulle quote degli immigrati e sulla crisi greca: in compenso i funzionari di Bruxelles trovano il tempo di obbligare i nostri caseifici a non usare più il latte. Così si è ridotta questa Unione sotto la guida di Angela Merkel

ROMA – State tranquilli, cittadini del vecchio continente: l'Unione europea vigila attenta su di voi, pronta a intervenire con le sue efficaci soluzioni a qualsiasi problema che vi minacci. Lo scorso weekend, inflessibile come sempre, si è scagliata con una lettera ufficiale di messa in mora per infrazione contro l'Italia. Stavolta, bisogna ammetterlo, ce lo siamo meritati: il nostro Paese, infatti, insiste a voler conservare una normativa antica e inspiegabile, che minaccia il progresso tecnologico e l'intera economia dell'Europa. Si tratta della legge 138 dell'11 aprile 1974, che impone ai nostri caseifici di produrre il formaggio utilizzando il latte. Avete capito bene: formaggio fatto con il latte, una follia anacronistica che resiste ancora soltanto in Italia, mentre nel resto del continente sono «ampiamente utilizzati», spiega la Commissione europea, il latte in polvere e quello concentrato. Per fortuna che è finalmente intervenuta Bruxelles ad imporci, dopo la produzione del cioccolato senza cacao e del vino senza uva, anche quella del formaggio senza latte. Così sì che l'Ue ci aiuterà a difendere la qualità del Made in Italy e la salute dei consumatori. Non vi sentite già tutti più sereni?

C'è accordo solo a parole
Certo, i funzionari continentali, per quanto encomiabilmente solerti, sono pur sempre umani, quindi non dotati del dono dell'ubiquità. Mentre si occupavano di questioni cruciali per il nostro futuro come quella del formaggio, non hanno avuto proprio il tempo di dedicarsi ad altri trascurabili dettagli come l'invasione degli immigrati e il default della Grecia. Sull'immigrazione si è tenuto un fondamentale vertice, in cui il presidente del Consiglio italiano ha fatto la voce grossa, litigando per una notte intera con i paesi dell'est: «Se questa è la vostra idea d’Europa, tenetevela. O c’è la solidarietà oppure non fateci perdere tempo». Eppure, inspiegabilmente, alle spaventose minacce di un leader evidentemente credibile come Matteo Renzi i suoi colleghi hanno risposto con una pernacchia. O, per meglio dire, con una «novità significativa», come la definisce lui: il «principio che 40 mila persone saranno accolte». Peccato che l'accoglienza non sarà né obbligatoria e né volontaria, come a dire che questa tanto sbandierata intesa è solo aria fritta. Gli immigrati, del resto, non sono mica caciotte, quindi alla soluzione l'Ue ci penserà con calma la prossima volta.

Il cappio greco
Stesso nulla di fatto anche nelle trattative dell'Eurogruppo sulla crisi greca. L'Ue aveva proposto ad Atene un'offerta definita «straordinariamente generosa» da Angela Merkel. Che prevedeva, spiega il primo ministro Alexis Tsipras: «Misure per deregolamentare ulteriormente il mercato del lavoro, tagli alle pensioni, e ulteriori riduzioni dei salari del settore pubblico, come pure un aumento dell’Iva sui prodotti alimentari, ristoranti e turismo, eliminando le agevolazioni fiscali delle isole greche». Mancava solo che gli chiedessero in omaggio anche il Partenone. Nessuna sorpresa se la Grecia ha respinto l'accordo, sottoponendolo alla decisione dei suoi cittadini tramite referendum. I creditori, insomma, si sono trasformati in strozzini, attenti più a dare allo Stato ellenico una lezione per la sua politica economica che pure negli ultimi anni è stata tutt'altro che virtuosa piuttosto che a risolvere un problema che pesa appena per l'1,5% del pil europeo. Una bazzecola che Bruxelles avrebbe potuto risolvere per tempo, se la signora Merkel non fosse caduta preda dei suoi stessi deliri d'onnipotenza, trasformandosi in una maestrina dalla penna rossa, la cui unica missione era quella di punire e umiliare l'ultimo della classe. Questa è diventata l'Europa a guida tedesca: non la proverbiale unione (di politiche, di intenti e di solidarietà) che fa la forza di tutte le sue componenti, ma una litigiosa riunione di condominio in cui ogni Stato pensa solo al suo piccolo orticello, e guarda in cagnesco tutti i vicini di casa.