L'Europa e l'importanza della «frontiera»
«Frontiera» è una parola chiave per interpretare la storia dell'Europa. L'Unione europea doveva «abbattere i confini», ma l'unico risultato che ha ottenuto è che oggi hanno più importanza che mai. E che le tre crisi che stiamo vivendo - migratoria, greca e ucraina - si giocano proprio intorno a questi
BRUXELLES – «Frontiera»: parola chiave per interpretare natura e problematiche dell’Europa. Il secondo più piccolo continente del mondo ha più di 50 diversi Stati nazionali, alcuni dei quali appartengono all’Ue. Alla base del suo progetto di fondazione, c’era l’intento di ridurre quanto più possibile l’importanza delle frontiere, e di farci sentire, prima ancora che italiani, tedeschi, e così via, «europei». Oggi più che mai, non possiamo non notare che qualcosa, nel meccanismo, deve essersi inceppato.
Concetto storico
«Frontiera» è un concetto da sempre alla base dell’Europa. La nascita degli Stati nazionali con l’Illuminismo si fondava sull’idea di confine, che delimitava i territori accomunati dalla medesima lingua, cultura, religione e così via. Il principio di autodeterminazione conferiva alle nazioni il potere di decidere liberamente del proprio destino. Ma per i confini si è anche versato molto sangue: tra il 1914 e il 1945 l’Europa è stata dilaniata da guerre, combattute proprio intorno al concetto di «frontiera». E non è un caso che oggi, nelle tre principali crisi che l’Europa sta vivendo – quella migratoria, quella greca e quella ucraina –, la «frontiera» sia, ancora una volta, tanto centrale.
Crisi migranti
Se dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Europa considerava i flussi migratori dai Paesi sottosviluppati un fenomeno temporaneo che avrebbe apportato preziosa forza lavoro, oggi la concezione è completamente cambiata. Nelle retoriche populiste, si parla di «invasione» e «sostituzione della razza», come se il flusso migratorio potesse mettere a repentaglio in primis la nostra identità. Oggi, il tentativo è anche quello di bloccare i flussi migratori interni, degli europei che si spostano in cerca di opportunità lavorative, contro ogni principio di libertà di movimento. E se anche la legislazione comunitaria si è faticosamente spinta nella direzione di attuare politiche migratorie comuni, ciò non ha evitato che l’Europa si frantumasse nel tentativo di preservare le rispettive «purezze» nazionali dagli «invasori» stranieri.
Crisi greca
Anche nella crisi greca la «frontiera» è fondamentale. I greci, nel timore del collasso economico, hanno spostato grosse quantità di capitali all’estero. Ma nel caso di Cipro, il libero movimento dei capitali, uno di capisaldi dell’Unione, fu di fatto inibito, e lo stesso potrebbe accadere oggi ad Atene. Anche il principio del libero commercio ha dei limiti. Perché se in linea di principio esso è un beneficio per tutti, la realtà è che gli obiettivi a breve termine raggiunti da uno Stato possono danneggiare quelli a lungo termine di un altro. Oggi la Germania esporta il 50% dei suoi prodotti totali, ma se perdesse la sua capacità di controllare il movimento delle merci nel Sud Europa, potrebbe incappare essa stessa nel declino economico.
Crisi ucraina
L’importanza della frontiera, nella crisi ucraina, è intuitiva. Il confine rappresenta l’inviolabilità del territorio nazionale, principio su cui l’Europa si è sempre fondata. Eppure, tale norma è stata travolta dal collasso dell’Urss, e più volte violata fino alla fine della Guerra fredda. Le conseguenze sono state fondamentali: si pensi alla Yugoslavia, all’Ucraina e alla Georgia, all’Azerbaijan e all’Armenia. Nel caso del Kosovo, fu l’Europa stessa a «congeniare» le modifiche dei confini. E’ in tale contesto che la crisi ucraina deve essere considerata: la tesi occidentale è che la Russia stia cercando di cambiare confini inviolabili; eppure, questa crisi è figlia di tante crisi precedenti, che hanno portato, ad esempio, gli abitanti della Crimea a sentirsi russi a tutti gli effetti. Questa crisi, in ultima istanza, è soltanto l’ultimo esempio di tante modifiche o «violazioni» dei confini, spesso perpetrate dagli europei. Come si vede, la presenza o l’assenza di una frontiera, anche in un territorio che aspirava a costruirsi al di sopra di esse, può rivelarsi a dir poco vitale.
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