28 marzo 2024
Aggiornato 10:30
Il disastro più grave degli ultimi 80 anni

Nepal, numeri e volti della catastrofe

Si rincorrono le cifre della catastrofe nei media di tutto il mondo: 4000 morti, più di 6500 feriti, 1 milione di bambini bisognosi di soccorso, decine di migliaia di sfollati; una magnitudo di 7.8, 80 secondi drammatici che hanno lacerato 140 km di faglia. Dietro ai numeri, tanti, troppi volti. E un vuoto che solo il disastro più grande degli ultimi 80 anni poteva lasciare.

KATHMANDU - Un'autentica catastrofe. I morti aumentano ogni minuto, avvicinandosi pericolosamente a quota 4000. Le stime sono ancora peggiori: «Il bilancio delle vittime continua a salire costantemente. Siamo a oltre tremila morti ma le stime, considerando i distretti colpiti, potrebbero toccare seimila persone. Si calcola vi siano già 5.000 feriti e migliaia sono sfollati e senzatetto»: a parlare, Pius Perumana, direttore della Caritas del Nepal a Fides.

Una faglia di 140 km laceratasi in 80 secondi
Tredici scosse, dopo la prima di magnitudo 7.8: molte delle successive hanno superato i 6. L’area in cui si è scatenato il terribile sisma era considerata da tempo ad altissimo rischio. «Si aspettava che potesse succedere», ha commentato al «Corriere» Alberto Michelini, direttore del Centro nazionale terremoti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Da varie centinaia di anni, in quella zona la terra era immobile, in un’area, però, dove è in atto un maestoso scontro geologico. Non a caso, la catena dell'Himalaya è nata proprio dallo scontro tra la placca indiana e quella euroasiatica, sotto la quale è scivolata la prima, correndo verso nord alla velocità di cinque centimetri all’anno. Una faglia lunga circa 140 chilometri che si è lacerata in ottanta secondi, mentre tutto si è originato in un punto ad una decina di chilometri di profondità. Una catastrofe geologica quasi senza precedenti, che si avvicina al record storico mai registrato sulla Terra e legato al terremoto in Cile del 1960: in quell'occasione, i sismografi hanno segnato una magnitudo di 9.8. 

Due italiani morti, cinque dispersi
Ben oltre i 6000, poi, i feriti, mentre l'Unicef denuncia un'emergenza umanitaria in corso che coinvolge quasi 1 milione di bambini. Intanto, i Paesi contano i propri morti. L'Italia già ne piange due: Renzo B. e Marco P. sono morti travolti da una frana staccatasi dalla montagna mentre erano impegnati a 3.500 metri di quota in un trekking nella Rolwaling Valley. I corpi delle due vittime sono stati ritrovati, come hanno confermato due loro compagni, ricoverati in ospedale. Il numero complessivo di italiani dispersi è attualmente di cinque.

Il dramma sull'Everest
Al momento è stata accertata anche la morte di 18 persone in seguito ad una valanga che ha colpito un campo base sull'Everest. Altri 61 morti si registrano in India. Alcuni alpinisti sono stati inghiottiti dai ghiacci nei crepacci che si trovano in una delle zone più pericolose dell'Everest. Sono invece state portate a termine le operazioni di evacuazione dei 100 scalatori bloccati sull'Everest dopo il terremoto. Tre elicotteri sono riusciti a raggiungere i campi base 1 e 2 situati a oltre 6mila metri.

Decine di migliaia di sfollati
Ma i numeri della catastrofe non si fermano qui. Decine di migliaia di sfollati hanno passato la seconda notte all'addiaccio a Kathmandu e negli altri centri della vallata colpiti dal sisma di sabato. L'aeroporto è stato preso di assalto da decine di turisti stranieri, soprattutto vacanzieri indiani, ma anche diversi europei che sono in lista di attesa per rientrare. L'India ha organizzato dei voli speciali per evacuare i connazionali. 

Numeri della solidarietà, numeri della disperazione
Cifre, bilanci, numeri, chilometri, faglie, magnitudo, che rimbalzano da una pagina all'altra, online e offline, dei quotidiani di tutto il pianeta. Eppure, ciò che è più spaventoso pensare è che quei numeri hanno un volto. Il volto di donne, uomini, bambini, anziani, autoctoni e non, nostri connazionali e non. Morti, feriti, sfollati. A quelle cifre si aggiungono poi quelle della solidarietà: 1 milione di dollari dagli Usa, 3 milioni di euro dalla Cei, un primo contributo di 100mila euro dalla Caritas, «mezzi supplementari» inviati dalla Francia, mentre l'Onu annuncia «una grande, imponente, operazione», e l'Oms distribuisce aiuti sanitari per coprire le necessità di 40mila persone per tre mesi. Quello che è certo, però, è che, quando si supereranno le prime, tragiche ore dell'emergenza, a dominare sarà il vuoto. Un vuoto enorme, drammatico; un vuoto come soltanto il più grave disastro degli ultimi 80 anni poteva lasciare dietro di sé.