20 aprile 2024
Aggiornato 04:30
Si è sciolto il Parlamento libico

Rischio di guerra civile a Tripoli

La Libia è nel caos: la Corte Suprema ha annullato l'esito delle elezioni di giugno, ordinando de facto lo scioglimento del parlamento Gentiloni: pericolo di «ulteriore deterioramento della situazione», che costituirebbe «una minaccia per tutti noi»

TRIPOLI - La Corte Suprema ha annullato l'esito delle elezioni di giugno, ordinando de facto lo scioglimento del parlamento, la cui legittimità è stata riconosciuta dalla Comunità internazionale. Lo ha riferito l'agenzia Lana. Un deputato islamista aveva presentato ricorso, chiedendo un giudizio sulla costituzionalità dell'assemblea. Il verdetto che invalida il parlamento minaccia di complicare ulteriormente il quadro politico, già immerso nel caos, del Paese in preda alla guerra civile. Il verdetto, festeggiato a Tripoli con colpi di arma da fuoco sparati in aria dalle milizie islamiste che controllano da agosto la capitale, ha annullato anche l'emendamento che aveva consentito le elezioni lo scorso 25 giugno, invalidando il risultato delle urne e tutte le decisioni che ne hanno fatto seguito. Un quadro che fa temere «un ulteriore deterioramento della situazione», ha sottolineato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Il primo ministro Abdullah al-Thani e il suo governo riconosciuto dal diritto internazionale si nascondono a Tobruk, ai confini con l'Egitto, e non hanno più il controllo delle tre principali città libiche.

«VERDETTO DECISO SOTTO MINACCIA ARMATA» - La commissione legislativa parlamentare ha convocato un incontro di emergenza per cercare di sovvertire la decisione della Corte. «I deputati non riconosceranno un verdetto deciso sotto minaccia armata», ha scritto su Facebook da Torbuk il parlamentare Issam al-Jehani. Nessuna reazione, invece, da parte di Thani, nominato primo ministro ad interim lo scorso marzo da un Parlamento che è stato poi sciolto. Ad agosto aveva presentato le sue dimissioni, ma la nuova assemblea gli ha chiesto di formare un nuovo governo. La decisione della massima autorità giudiziaria è stata sollecitata da Abderrauf al-Manai, che insieme ad altri ha boicottato le sedute del Parlamento a Tobruk sostenendo che la legislatura fosse incostituzionale perché l'assemblea non si riuniva nè a Tripoli, nè nella seconda città del paese, Bengasi. «Spero che tutte le parti ora rispettino le decisioni della Corte», ha detto Manai all'emittente Al-Nabaa.

IL PAESE E' NEL CAOS - Gli ex ribelli che hanno combattuto Gheddafi hanno formato delle milizie armate molto potenti e hanno preso il potere in larga parte della Libia negli ultimi tre anni. Molti deputati che boicottano il Parlamento di Tobruk sostengono Fajr Libya, un'alleanza islamica che ha formato un governo parallelo. Negli ultimi tre giorni, gli scontri fra i miliziani filogovernativi e quelli islamisti hanno provocato oltre 30 morti a Bengasi. Dallo scorso luglio la città è quasi totalmente nelle mani del gruppo radicale Ansar Al-Sharia, inserito da Washington nella lista nera delle organizzazioni terroristiche dopo l'attacco al consolato americano a Bengasi avvenuto nel 2012. Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno presentato nei giorni scorsi una richiesta al Consiglio di Sicurezza dell'Onu affinché il gruppo venga inserito anche nella lista nera delle Nazioni Unite per i suoi legami con Al-Qaeda.

GENTILONI: LA CRISI LIBICA IMPATTA SUL NOSTRO PAESE - L'Italia, ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, sostiene lo sforzo per impedire «un ulteriore deterioramento della situazione», avvertendo che il rischio di «uno scivolamento verso la guerra civile è molto grande». Gentiloni ha sottolineato la necessità di rilanciare l'iniziativa dell'inviato delle Nazioni unite, Bernardino Leon, aggiungendo che la crisi in Libia «rappresenta una minaccia per tutti noi". "A maggior ragione - ha proseguito il ministro - insieme con l'inviato dell'Onu occorre rilanciare l'iniziativa di negoziato per ricomporre una situazione che impatta direttamente sul nostro Paese».