Sea Watch in mare da 11 giorni, rischio malattie: «E' l'odissea di Capodanno delle ong»
Sea Watch, con l'altra ong tedesca Sea Eye, negli ultimi giorni ha preso a bordo rispettivamente 32 e 17 migranti
ROMA - «Mare mosso, da 11 giorni senza un porto, l'odissea di Capodanno delle Ong». E' il tweet della ong Sea Watch che ribadisce la richiesta di sbarcare subito i 49 naufraghi soccorsi nel Mediterraneo. Sea Watch, con l'altra ong tedesca Sea Eye, negli ultimi giorni ha preso a bordo rispettivamente 32 e 17 migranti. Per la nave di Sea Watch si tratta dell'undicesimo giorno in mare. Proseguono intanto gli appelli da parte dell’equipaggio affinché venga aperto un porto sicuro. «Undicesimo giorno bloccati in mare. Non è sostenibile e non è umanamente giustificabile. Questo braccio di ferro politico infligge sofferenza a donne, uomini e bambini, scappati dall’inferno libico. Siamo increduli di fronte a governi che rifiutano 32 persone» scrivono su Twitter gli operatori della ong che ieri avevano lanciato un appello per il rischio dello svilupparsi di malattie a bordo.
Rischio malattie a bordo
«La nostra nave non è attrezzata per ospitare le persone per un lungo periodo», aveva spiegato il team medico in un video: «La Sea Watch è progettata per il soccorso medico e per la prima assistenza, non per ospitare le persone a bordo per un periodo così lungo. Al momento i migranti stanno bene ma i rischi aumentano, dalle possibilità di contrarre malattie alla carenza di approvvigionamenti». «Siamo ancora alla ricerca di un porto e ci stiamo preparando al peggioramento delle condizioni meteo» ha raccontato ad Askanews il volontario britannico Robin Jenkins, contattato a bordo della nave. «La nostra situazione non è cambiata. Non ci sono novità dall'Europa» su un porto dove far sbarcare i migranti, e «non sappiamo cosa dire ai nostri passeggeri su quello che accadrà». «Siamo preoccupati per le condizioni dei nostri passeggeri, ma li stiamo rassicurando e abbiamo sviluppato un ottimo rapporto con loro - ha proseguito - queste persone non sono più solo semplici vittime che abbiamo salvato, stanno diventando nostri amici... esseri umani insieme».
La «lista nera» dei Paesi rifiutanti
Nel frattempo Sea Watch ha pubblicato l’elenco dei paesi e delle istituzioni «che hanno negato aiuto»: Malta, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Germania, Ue. «Speriamo di ricevere supporto dal ministero degli Esteri tedesco nella ricerca di un porto sicuro», aggiunge l’Ong. Il capo della missione, Jan Ribbeck, ha usato parole dure: «Siamo delusi dal comportamento del centro di coordinamento del soccorso marittimo di Brema: non hanno dichiarato né verbalmente né per iscritto di condividere la nostra visione, ma si sono limitati a dirci di seguire gli ordini dei libici».
Sea Eye si è opposta alla Guardia costiera libica
Altre 17 persone sono state salvate dalla Sea Eye il 29 dicembre. Appello anche dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, che ha chiesto agli Stati europei di offrire un porto sicuro e garantire lo sbarco alle due navi che trasportano anche donne, minori non accompagnati e anche bambini piccoli. «La legge del mare dice chiaramente che il tempo che le persone devono trascorrere in mare, dopo essere state tratte in salvo da una situazione di stress, deve essere ridotto al minimo», ha dichiarato ancora Ribbeck. Sea Eye ha spiegato che i propri volontari si sono «opposti alla consegna delle persone soccorse alla Guardia costiera libica» perché avrebbe rappresentato una «violazione delle leggi internazionali». Nel resoconto si aggiunge che nel momento in cui è stato soccorso, il barchino rischiava di ribaltarsi. Il 28 dicembre scorso la nave di un’altra Ong, la Open Arms, era approdata in Spagna, nel porto di Algesiras, con a bordo 310 migranti recuperati una settimana prima.
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