20 agosto 2025
Aggiornato 09:00
Il default argentino

L'Argentina valuta il ricorso all'Aja

Mentre si resta in attesa di sviluppi, i mercati finanziari argentini sono stati colpiti: i principali bond, l'azionario ed il peso sono stati venduti a piene mani. Anche i titoli di società argentine quotate in USA hanno subito forti perdite. Ma gli investitori sperano in un intervento delle banche (forse JP Morgan) che potrebbero comprare i bond in mano agli hedge fund sbloccando la situazione.

BUENOS AIRES - Dopo la caduta in default dell'Argentina - la seconda volta in 13 anni - i fari si spostano sulla giornata di domani, quando ci saranno due appuntamenti cruciali.

Si comincia alle 11 di New York, le 17 in Italia, quando l'International Swaps and Derivatives Association (Isda) si riunirà per decidere se fare scattare i pagamenti dei cosiddetti credit default swap, le assicurazioni con cui gli investitori si proteggono da un eventuale fallimento di un emittente (in questo caso l'Argentina). L'ente ha così accolto una richiesta avanzata da Ubs.

Tre ore dopo si terrà un altro evento, di diversa portata: ci sarà l'udienza del giudice americano che sta presiedendo la disputa tra Buenos Aires e i creditori «holdout», il gruppo di hedge fund che diversamente da altri obbligazionisti non accettò le ristrutturazioni del debito avvenute dopo il default del Paese sudamericano del 2001 (si tratta di NML Capital, divisione di Elliott Management, e Aurelius Capital Management). In quell'occasione si discuterà «dove le parti andranno» dopo che ieri le trattative in extremis non hanno portato ad alcuna soluzione.

E' quel giudice, Thomas Griesa, ad avere stabilito nel 2012 che il governo di Cristina Fernandez de Kirchner non può onorare i suoi impegni con i creditori se prima non rimborsa gli hedge fund, che chiedono 1,5 miliardi di dollari. Ed è per via di quella decisione, confermata lo scorso giugno dalla Corte Suprema Usa, che i 539 milioni di dollari depositati lo scorso 26 giugno dall'Argentina alla Bank of New York Mellon non sono stati versati ai creditori. E resta nelle casse della banca. Da qui nasce il default, definizione contestata dal ministro argentino dell'economia Axel Kicillof, secondo cui non si può usare tale termine visto che i soldi ci sono. E chiedendo più tempo per trattare Kicillof ha lanciato un messaggio anche a S&P, che ieri ha bocciato il Paese: «chi crede alle agenzie di rating?». Moody's e Fitch non si sono ancora espresse dopo gli eventi di ieri.

Intanto il capo di gabinetto argentino Jorge Capitanich si prepara a portare la battaglia alla Corte internazionale dell'Aia mentre NML punta il dito contro Buenos Aires: il mediatore americano «ha proposto numerose soluzioni creative» ma l'Argentina «si è rifiutata di prenderle in considerazione e invece ha scelto il default».

Mentre si resta in attesa di sviluppi, i mercati finanziari argentini sono stati colpiti: i principali bond, l'azionario ed il peso sono stati venduti a piene mani. Anche i titoli di società argentine quotate in USA hanno subito forti perdite. Ma gli investitori sperano in un intervento delle banche (forse JP Morgan) che potrebbero comprare i bond in mano agli hedge fund sbloccando la situazione.