Siria, non si fermano le violenze del regime di Assad: almeno 17 morti
Le autorità siriane hanno promesso un'amnistia a tutti coloro che consegneranno le armi alla polizia entro otto giorni. Gli USA ai siriani: Non credete alla promessa di amnistia. La partita siriana di Recep Tayyip Erdogan
NICOSIA - E' di almeno 17 morti il bilancio delle violenze odierne in Siria, dove, nel venerdì di preghiera, ci sono state numerose manifestazioni «contro i despoti e i tiranni» organizzate dai militanti pro-democrazia che non credono che Damasco seguirà il piano della Lega araba per uscire dalla crisi politica.
Il piano prevede lo stop delle violenze, la liberazione delle persone arrestate nel quadro della repressione, il richiamo dell'esercito nelle caserme, la libera circolazione degli osservatori e media internazionali, prima dell'avvio di colloqui tra il regime e l'opposizione.
Ma, malgrado la decisione di mercoledì del regime del presidente Assad di accettare «senza riserve» l'iniziativa, la repressione in Siria, che ha già fatto oltre 3.000 morti da metà marzo, secondo l'Onu, non si attenua.
Due siriani, tra cui un disertore, hanno cercato questa mattina di fuggire in Giordania. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco, uccidendo un civile e il disertore nella regione di Tal-Shihab» alla frontiera tra Siria e Giordania, ha precisato l'ong. Altri sei siriani sono stati uccisi sempre questa mattina nell'area di Baba Amro, a Homs, una delle roccaforti della rivolta contro il regime del presidente Bashar Al Assad.
Ad Hama, a nord di Homs, quattro civili sono stati uccisi dalle forze dell'ordine, mentre a Kanaker, nella provincia di Damasco, altri quattro manifestanti sono morti raggiunti da colpi d'arma da fuoco sparati dall'esercito di Assad. Un uomo è deceduto a Hamourié.
Oggi, le autorità siriane hanno promesso un'amnistia a tutti coloro che consegneranno le armi alla polizia entro otto giorni, hanno riferito i media ufficiali. «Il ministero dell'Interno lancia un appello a coloro che detengono armi a consegnarle al commissariato più vicino tra il 5 al 12 novembre. Queste persone saranno immediatamente rimesse in libertà e beneficeranno di un'amnistia», hanno detto la televisione siriana e l'agenzia ufficiale Sana.
Ieri, le forze di sicurezza hanno ucciso 20 civili e arrestato decine di persone. Come tutte le settimane dall'inizio della rivolta in Siria, lo scorso marzo, anche oggi i militanti hanno lanciato un appello alla mobilitazione dopo la preghiera del venerdì, sotto lo slogan «Allah è grande, contro i despoti e i tiranni». «Più il regime reprime e uccide, più noi siamo determinati - si legge sulla pagina Facebook di 'Syrian Revolution 2011' - il regime non potrà resistere nonostante (l'appoggio) della Russia e della Cina, né a causa delle decisioni della Lega Araba, perchè il popolo è deciso a ottenere la libertà».
Gli USA ai siriani: Non credete alla promessa di amnistia - Gli Stati Uniti hanno sconsigliato ai siriani di presentarsi alla polizia del regime del presidente Bashar al-Assad, malgrado la promessa di un'amnistia delle autorità di Damasco a chi detiene armi entro otto giorni. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato. «Non consiglierei a nessuno di presentarsi alle autorità del regime in questo momento», ha detto Victoria Nuland ad alcuni giornalisti, manifestando preoccupazione per la sicurezza dei civili siriani.
La partita siriana di Recep Tayyip Erdogan - La Turchia non rinuncia a giocare un ruolo nella «questione siriana», a costo di influire negativamente sulla mediazione messa in campo dalla Lega araba per un negoziato con l'opposizione. E anche a costo di inimicarsi definitivamente il presidente Bashar Assad, ex amico ed alleato, che, accettando la trattativa dei Paesi arabi, spera di rilanciare la sua leadership. Ma Ankara vuole giocare la sua partita su un altro fronte, quello della difesa dei diritti umani, puntando a rafforzare la sua influenza nella regione, sensibilmente accresciuta sull'onda della «Primavera araba».
Proprio in nome dei diritti, dal giugno scorso la Turchia ha accolto migliaia di profughi in fuga dalle persecuzioni del regime siriane, mentre il governo di Ankara cercava di convincere il presidente Assad a introdurre le riforme promesse da tempo. Alla luce delle crescenti violenze, e della repressione messa in campo dal regime siriano, la Mezzaluna ha scelto la rottura. E nei campi allestiti per i rifugiati ha preso forma una vera e propria falange armata, l'Armata per la Siria Libera (SFA, che conta sino a 15mila uomini, secondo le dichiarazioni degli stessi militanti. Siamo «dell'ala militare dell'opposizione popolare siriana al regime». ha detto il suo leader, colonnello Riad al Assad, in un'intervista pubblicata oggi dal Daily Telegraph.
L'obiettivo è quello di di addestrare una sorta di corpo speciale che possa condurre operazioni militari di alto livello contro l'esercito governativo e i servizi segreti siriani. Ma c'è anche il disegno politico di diventare il braccio armato del Consiglio Nazionale Siriano, che si è riunito per la prima volta proprio a Istanbul. E che, pur auspicando una soluzione pacifica, ha dichiarato tramite fonti, che «la pazienza ha un limite».
In questo terreno si muove il governo islamico-moderato di Erdogan, che nei mesi scorsi aveva tentato di porsi come mediatore presso Assad. Lo stesso premier aveva più volte definito Assad «un caro amico», e ora tutela tramite il ministero degli Esteri i ribelli. Un atteggiamento, quello turco, argomenta su Hurriyet il giornalista Mehmet Ali Birand, è partito con la certezza di poter cambiare le situazione, influendo su Damasco, e si è andato via via modificando fino a diventare aperta opposizione.
- 02/03/2020 Mosca avverte Ankara: «Non possiamo garantire la sicurezza dei vostri aerei»
- 20/11/2019 Siria, rapporto del Pentagono: «Isis rafforzato da attacco turco e ritiro USA»
- 16/11/2019 Assad: «Donald Trump? E' una sorta di direttore esecutivo di un'azienda chiamata America»
- 11/11/2019 Lavrov accusa Washington di «rubare» il petrolio siriano: hanno danneggiato il processo politico