29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Rivolta in Egitto

Hosni Mubarak pone fine a trent'anni di potere

Dimissioni annunciate dal vice Suleiman, gioia in piazza Tahrir dopo al delusione di ieri sera, le manifestazioni erano riprese questa mattina con la folla che aveva cercato di raggiungere anche il palazzo presidenziale ad Eliopoli

IL CAIRO - «In nome di Allah il misericordioso e il compassionevole: cittadini, durante le difficili circostanze che sta attraversando l'Egitto il presidente Honsi Mubarak ha deciso di lasciare l'incarico di presidente della Repubblica e ha incaricato lo stato maggiore delle forze armate di amministrare gli affari del Paese. Che Allah possa aiutare tutti».

Con queste parole il vicepresidente Omar Suleiman ha annunciato in un brevissimo intervento televisivo l'abbandono del potere - dopo trent'anni - da parte del rais, senza aggiungere alcun dettaglio sul suo futuro personale o quello del premier Ahmed Shafiq. Mubarak, che in un discorso trasmesso ieri aveva rifiutato di dimettersi, ha lasciato stamattina il Cairo per recarsi nella sua residenza di Sharm-el-Sheikh. Alla notizia delle dimissioni la folla ammassata nella piazza Tahrir del Cairo, epicentro per due settimane delle proteste anti-governative, è esplosa di gioia: dopo al delusione di ieri sera, le manifestazioni erano riprese questa mattina con la folla che aveva cercato di raggiungere anche il palazzo presidenziale ad Eliopoli.

In base all'articolo 84 della Costituzione egiziana in caso di vacanza del potere la Presidenza viene assunta ad interim dal presidente della Camera; le elezioni devono venire celebrate entro i successivi 60 giorni; non è tuttavia chiaro se le regole verranno rispettate anche nel caso di un'amministrazione militare del Paese.

La comunità internazionale - con Washington in prima fila - aveva ritenuto insufficiente quanto promesso ieri dal rais e chiedeva un cambiamento immediato: secondo fonti israeliane Mubarak stava però cercando solo «una via d'uscita onorevole». Prime reazioni positive alle dimissioni da parte dell'Unione Europea, mentre l'Amministrazione Obama ha annunciato una dichiarazione del Presidente per le 19.30 ora italiana; cauto Israele che spera in una «transizione senza scosse» mentre l'addio del rais è stato accolto con gioia dalla palestinese Hamas e dalla popolazione tunisina.

L'attesa è ora tutta per le decisioni delle forze armate, arbitro della crisi chiamate in causa anche dal principale esponente dell'opposizione moderata, Mohammed Elbaradei. Al momento, Suleiman appare il candidato preferito da Washington - e anche dallo Stato ebraico - perché considerato la migliore garanzia di stabilità e continuità per l'intera regione: non è però chiaro se l'ex responsabile dei servizi segreti goda del totale appoggio dell'esercito. Non va infine dimenticato che entrambe le parti hanno due efficaci strumenti di pressione: gli aiuti militari statunitensi da una parte e il trattato di pace con Israele dall'altra; di fatto, come si legge sui documenti di WikiLeaks, l'esercito egiziano considera gli aiuti un indennizzo dovuto per il rispetto del trattato.

Qualsiasi soluzione venga trovata ai piani alti tuttavia non servirà a placare le proteste a meno che non venga accompagnata da quelle riforme per una transizione democratica che l'esercito, nei comunicati diffusi ieri, si è impegnato a sostenere: in quale modo, i generali dovranno deciderlo nelle prossime ore e un nuovo comunicato dello stato maggiore è atteso a breve.