L'industria italiana dei media si sta indebolendo
Un fenomeno «preoccupante», su cui ha lanciato un allarme il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Giacomo Lasorella
L'industria italiana dei media si sta indebolendo. Un fenomeno «preoccupante», su cui ha lanciato un allarme il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Giacomo Lasorella, in occasione della sua prima presentazione al Parlamento della relazione annuale dell'Agcom.
«I servizi digitali come i media on demand, il video streaming e la broadband Tv, le piattaforme social, i servizi Over-the-top stanno trasformando radicalmente la tradizionale nozione di contenuto audio-video, così come le dinamiche del mercato, le opzioni tecnologiche e le abitudini di consumo. Il fenomeno è globale, ma viene ovviamente declinato in ciascun Paese in modo diverso. In Italia l'effetto più evidente, e più preoccupante, è quello dell'indebolimento dell'industria italiana dei media, il cui valore economico è in calo da oltre un decennio», ha evidenziato Lasorella che ha posto l'accento sulla sfida di «governare questa fase complessa, caratterizzata da una tumultuosa transizione verso il mondo digitale, a maggior ragione in relazione all'attuazione del Pnrr».
Per il presidente dell'Agcom «ciò conferma non solo la fragilità della nostra industria culturale, ma segnala probabilmente anche un vuoto di politica industriale da colmare in un settore che gode di grande prestigio nel mondo quanto a sapienza tecnica e qualità dei contenuti».
In particolare lo scorso anno il settore dei media ha perso un miliardo di ricavi, fermandosi a 11 miliardi. «La crescita della domanda di informazione dovuta alla crisi pandemica non ha avuto effetto sui ricavi del settore media decisamente penalizzati dal calo della pubblicità. Nel 2020 i risultati economici sono fortemente negativi per tutti i mezzi di comunicazione con una flessione degli introiti pubblicitari «causata sia dalla minore disponibilità di spesa degli inserzionisti sia dall'abbassamento dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari, ad eccezione di quelli dell'online».
«Tutto ciò si traduce in una riduzione complessiva dei ricavi per i media, che alla fine del 2020 scendono a 11 miliardi, con una perdita rispetto al 2019 di oltre 1 miliardo, corrispondente a una variazione negativa del 9,5%, in analogia con il generale quadro macroeconomico (con una variazione del Pil pari a -9%)». In particolare la stampa è vittima di una crisi strutturale sempre più marcata, mentre cresce l'editoria elettronica laddove la televisione si conferma come il mezzo principale per l'acquisizione di informazioni.
«La crisi strutturale della stampa tradizionale - ha sottolineato Lasorella - si sta rilevando sempre più marcata e mostra di non aver beneficiato particolarmente della accresciuta domanda di informazione dovuta alla crisi pandemica. Nel secondo trimestre 2020, solo il 17,6% degli italiani ha scelto in media di informarsi sui quotidiani, secondo un trend in discesa che è comune a tutta l'Unione europea».
In particolare lo scorso anno la vera «protagonista» è stata la rete sia mobile sia fissa, «un anno di pandemia in cui l'uso della rete si è ampliato e intensificato», ha detto Lasorella. Attualmente la copertura del territorio nazionale, considerando l'infrastruttura qualitativamente capace di garantire prestazioni in termini di velocità di connessioni migliori, ovverosia la fibra ottica (tecnologia Ft), risulta pari al 33,7% delle famiglie italiane, in crescita rispetto al 30% del 2019.
Resta tuttavia un forte divario Nord-Sud. «Sussistono ancora differenze molto significative tra i diversi territori del Paese e, in particolare, tra Centro Nord e Sud e, come si usava dire, tra città e campagna», ha detto Lasorella secondo cui tuttavia «gli ingenti investimenti pubblici e privati attualmente in campo ed un contesto di concorrenza crescente nei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa lasciano intravedere una situazione infrastrutturale in forte evoluzione».
«Il Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr) recentemente approvato in via definitiva con decisione di esecuzione da parte del Consiglio europeo - ricorda il presidente - prevede infatti 6.7 miliardi di euro per le reti ultraveloci (fibra ottica, Fwa e 5G)».
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