ROMA – Lorenzo Bini Smaghi, l’economista fiorentino già membro dell’esecutivo Bce, oggi presidente di Société Genérale e di Italgas, un’idea precisa di come andranno le cose se l’è già fatta: vede il deficit al 3% del pil per tre anni, una pericolosa stretta al credito, un rischio di recessione e un governo gialloverde che gli pare «un treno lanciato contro un muro».
Deficit in crescita
Meno crescita e più deficit… «Personalmente – dice in un’intervista a La Stampa – trovo basso il 2,7% del rapporto deficit/Pil, perché nella manovra ci sono misure di cui non conosciamo la portata, entrate ed uscite da verificare. Gli interessi sul debito saranno almeno 0,1-0,2 punti in più. Ci sono forti probabilità che il disavanzo superi il 3%. Per i prossimi tre anni. Nello schema del 2020 è previsto il ricorso alla clausola di salvaguardia. Ritengo improbabile che vogliano aumentare l’Iva» ma, spiega Bini Smaghi «siamo in una fase in cui è venuto meno il ruolo della politica, intesa come quella cosa che deve rendere compatibile desideri e promesse con la realtà, magari anche spalmandoli nel tempo. Oggi abbiamo due partiti che ragionano meccanicamente, come un treno che non può cambiare binari e va contro un muro. Manca la capacità di mediare».
Draghi guardiano della stabilità
Quanto agli attacchi a Draghi il presidente di Italgas osserva: «Se chi investe in Italia vede che attaccano il guardiano della stabilità, penserà che non si voglia la stabilità. Non è positivo per il Paese e nemmeno per la manovra stessa». Cosa rischiano le banche? «La perdita di valore dei titoli di stato erode il capitale – spiega Bini Smaghi – Poiché esistono dei vincoli patrimoniali, gli istituti reagiscono riducendo il credito. Tagliano i prestiti e chiedono ai clienti di rientrare. Non sono le banche, ma il sistema economico a soffrire». E «l’economia che rallenta e rischia di andare in recessione nel quarto trimestre. È capitato nel 2011: le banche hanno ridotto il credito già nell’estate, appena lo spread è salito. Il Pil italiano è sceso dello 0,6 nel terzo trimestre e nel quarto dello 0,9. La caduta è cominciata per effetto dello spread, già prima di Monti. Il fenomeno si sta riproponendo. Il governo, che pure si circonda di pseudo economisti, non lo ha capito».
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