29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Economia

Ocse: il 35% degli italiani fa lavori slegati dal suo percorso formativo

La fotografia del nuovo rapporto Ocse sulla scuola e il mondo del lavoro indica forti elementi di criticità nel Belpaese

Il ministro del Lavoro e del Welfare, Giuliano Poletti
Il ministro del Lavoro e del Welfare, Giuliano Poletti Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA - Oltre un italiano su tre è occupato in lavori che non sono direttamente legati alla sua formazione. E' quanto emerge dal nuovo rapporto Ocse sulla scuola e il mondo del lavoro. L'Ocse rileva che le recenti riforme del sistema educativo (la Buona Scuola), del mercato del lavoro (Jobs Act) e le misure di politica industriale (Industria 4.0) mostrano importanti sinergie e possono contribuire a ridurre i preoccupanti squilibri fra l'offerta e la domanda di competenze nel mercato del lavoro Italiano. Stefano Scarpetta (Direttore per l'Occupazione, il Lavoro e le Politiche Sociali dell'OCSE) ha ribadito tuttavia come esistano ancora diversi nodi irrisolti all'attuazione efficace delle riforme. I risultati dei nuovi indicatori OCSE Skills for Jobs, presentati in concomitanza con il rapporto, forniscono una fotografia dettagliata delle competenze più richieste nel mercato del lavoro Italiano e delle differenze a livello regionale. «L'Italia si trova in un equilibrio, dove offerta e domanda di competenze tendono ad appiattirsi verso il basso in un circolo vizioso che ha evidenti ripercussioni negative sulla produttività, la crescita e l'utilizzo delle nuove tecnologie» ha affermato Stefano Scarpetta.

L'Italia è indietro sulle nuove tecnologie
I dati mostrano infatti una forte domanda di competenze in aree legate alle conoscenze delle nuove tecnologie quali computers e elettronica, programmazione software e utilizzo delle tecnologie digitali. L'Italia, dice Scarpetta, «ha ancora lavoro da fare per sviluppare le competenze informatiche necessarie per poter affrontare le sfide del mercato del lavoro, adesso e nel futuro e i nostri dati mostrano chiaramente una forte domanda di competenze digitali su tutto il territorio nazionale». Professionisti con buone conoscenze informatiche e delle nuove tecnologie digitali, così come quelli delle aree mediche e ingegneristiche sono premiati nel mercato del lavoro Italiano con performance nettamente sopra la media sia in termini di occupabilità che di salari.

Il 35% dei lavoratori è occupato in contesti lontani dagli studi fatti
Ciononostante, la domanda di queste competenze (e più in generale di competenze di alto livello) rimane ancora troppo debole e circoscritta alle richieste delle grandi imprese italiane. Il resto del tessuto produttivo italiano - circa l'85% delle imprese italiane è di piccole dimensioni e prevalentemente a conduzione familiare - si concentra in settori tradizionali a bassa produttività in cui la domanda di competenze di alto livello è ridotta. Il rapporto evidenzia, inoltre, come a fronte di una domanda, sebbene ancora troppo debole, di competenze tecniche, ingegneristiche, tecnologiche e matematiche, siano molti gli italiani che, invece, si specializzano in aree con scarsi sbocchi occupazionali. Circa il 35% dei lavoratori italiani è occupato in lavori che non sono direttamente legati al loro percorso formativo e il 21% si ritrova in posti di lavoro per i quali sono sovra-qualificati.

La perdita salariale è di circa il 17%
Il rapporto, inoltre, evidenzia come questa situazione si leghi a una perdita salariale media di circa il 17% rispetto a chi, invece, si specializza in un'area con chiari sbocchi occupazionali e le cui competenze sono richieste dalle imprese. Il rapporto inoltre indica che l'Italia ha bisogno di creare legami più forti fra il sistema educativo e il mondo del lavoro a tutti i livelli. La creazione degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), basati su forti legami con il tessuto produttivo locale, è un'innovazione importante nel panorama dell'offerta professionalizzante italiana e ha dato, finora, risultati estremamente positivi consentendo lo sviluppo di competenze che sono rapidamente assorbite dal mercato del lavoro Italiano.

Le politiche attive del lavoro sono una sfida cruciale
Le nuove Lauree Professionalizzanti, inoltre, hanno anch'esse il potenziale per colmare il deficit di competenze tecniche in Italia ma, a questo fine è importante sviluppare legami più stretti tra università e imprese fin dal loro inizio puntando sullo sviluppo di competenze professionali e tecniche di alto livello. L'alternanza Scuola Lavoro è un passo nella giusta direzione ma molte sfide rimangano aperte. In particolare, è necessario, da un lato, rafforzare il ruolo delle imprese nella definizione del contenuto delle attività d'apprendimento basate sul lavoro (work-based learning) e dall'altro, fornire ai managers scolastici le risorse adeguate (sia finanziarie che pedagogiche) per sviluppare contatti efficaci con le imprese su tutto il territorio nazionale. Ciò è particolarmente importante in aree economiche più depresse dove le possibilità ricettive da parte delle imprese sono più limitate. Le politiche attive del lavoro rappresentano un'altra sfida cruciale per l'Italia.