25 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Banche Ue

Mutui in valuta estera, Avvocato Corte Ue: «Non sono abusivi»

L'avvocato della Corte Ue è stato chiamato a presentare una soluzione giuridica per un caso sollevato dalla Corte d'appello di Romania e che riguarda tutti i mutui bancari contratti in valuta estera

BRUXELLES - Le clausole su mutui e prestiti che prevedono la restituzione dei fondi ottenuti in valuta estera non costituiscono necessariamente delle clausole abusive. Questo, in sintesi, il parere (non vincolante) dell'avvocato presso la corte di giustizia europea, Nils Wahl, in merito a un caso sollevato da un gruppo di risparmiatori della Romania che avevano contratti prestiti i franchi svizzeri tra 2007 e 2008. Da allora il cambio del franco elvetico sul leu romeno è quasi raddoppiato.

La clausola non è abusiva
Secondo l'avvocato generale Wahl, la clausola di un contratto di credito che prevede il rimborso dell'importo prestato nella valuta estera nella quale il credito è stato concesso non costituisce necessariamente una clausola abusiva. Il requisito secondo il quale le clausole contrattuali devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile non può imporre al professionista di predire le evoluzioni successive non prevedibili, quali le fluttuazioni eccezionali dei tassi di cambio, e di informarne il consumatore.

Il caso dei risparmiatori della Romania
Tra l'aprile 2007 e l'ottobre 2008, riporta un comunicato della Corte di giustizia Ue, la signora Ruxandra Paula Andriciuc e 68 altre persone hanno concluso con la banca rumena SC Banca Romaneasc contratti di credito in franchi svizzeri finalizzati all'acquisto di beni immobili, al rifinanziamento di altri crediti o al soddisfacimento di esigenze personali. I mutuatari erano tenuti a rimborsare le rate mensili in franchi. Il tasso di cambio tra sul leu rumeno è quasi raddoppiato tra il 2007 e il 2014.

Il diritto dell'Unione a salvaguardia dei consumatori
I mutuatari ritengono che la banca fosse in grado di prevedere tali fluttuazioni del tasso di cambio. Essi hanno dunque adito gli organi giurisdizionali rumeni adducendo che le clausole che prevedevano il rimborso del credito in franchi pongono a loro carico il rischio di cambio e costituiscono pertanto clausole abusive. Il diritto dell'Unione tutela i consumatori nella stipula di contratti con un professionista. In particolare, esso prevede che una clausola possa essere considerata abusiva se determina a danno del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

I tre quesiti della Corte d'appello di Romania
Il carattere abusivo di una clausola è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione di quest'ultimo, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto. La valutazione del carattere abusivo di una clausola non può vertere sulla definizione dell'oggetto principale del contratto se la clausola è formulata in modo chiaro e comprensibile. L'adita Curtea de Apel Oradea (Corte d'appello di Oradea, Romania) sottopone tre questioni alla Corte di giustizia in merito all'esame della clausola contrattuale di cui trattasi.

Le conclusioni dell'avvocato Nils Wahl
Due di tali questioni sono dirette a stabilire se si possa ritenere che la clausola controversa riguardi l'oggetto principale del contratto e se essa sia formulata in modo «chiaro e comprensibile», cosicché il suo carattere potenzialmente abusivo non potrebbe essere esaminato. Inoltre, la Corte è chiamata a fornire chiarimenti riguardo al momento in cui deve essere valutata l'esistenza di un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi delle parti. Nelle sue conclusioni odierne, si legge, l'avvocato generale Nils Wahl fa riferimento, oltre che al testo delle clausole contrattuali di cui trattasi, al contesto di fatto e di diritto nel quale sono stati conclusi i contratti di credito.

Il rischio di cambio
Egli prende in considerazione due elementi fondamentali. In primo luogo, egli osserva che ai contratti di credito in valuta estera è generalmente applicato un tasso d'interesse più basso rispetto a quelli in valuta nazionale per compensare il «rischio di cambio» che essi possono determinare in caso di svalutazione della valuta nazionale. In secondo luogo, l'avvocato rileva che la banca ha concesso i prestiti in franchi svizzeri e che ha diritto a ottenere i rimborsi di tali prestiti nella stessa valuta. Secondo l'avvocato generale, l'obbligo di rimborso delle rate mensili in CHF non può essere considerato un elemento accessorio del contratto, ma fa effettivamente parte degli elementi chiave del contratto di credito in valute estere.

L'oggetto principale del contratto
'avvocato generale ne trae la conclusione che la clausola di un contratto di credito in cui si stabilisce che il mutuatario deve rimborsare l'importo nella stessa valuta in cui è stato concesso rientra nella nozione di «oggetto principale del contratto». Per quanto riguarda la seconda questione sottoposta alla Corte, l'avvocato generale precisa che il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile presuppone che la clausola controversa sia compresa dal consumatore sul piano formale e grammaticale, ma anche riguardo alla sua portata concreta.

Gli obblighi del consumatore medio
Pertanto, un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto dovrebbe non solo essere informato circa la possibilità di un aumento del valore o di una svalutazione della valuta estera, ma anche essere posto in grado di valutare le conseguenze di una tale clausola sui propri obblighi finanziari. Il requisito secondo cui le clausole contrattuali devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile non può tuttavia giungere fino al punto di imporre al professionista di predire le evoluzioni successive non prevedibili, come le fluttuazioni dei tassi di cambio delle valute oggetto della controversia, di informarne il consumatore e di assumersene le conseguenze.

Un professionista non può predire le fluttuazioni del cambio
Infine, l'avvocato generale si pronuncia sulla questione riguardante il momento in cui deve essere effettuata la valutazione dell'esistenza di uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi delle parti. Egli precisa che tale questione rileva soltanto qualora la Corte dovesse concludere che la clausola controversa non rientra nella nozione di «oggetto principale del contratto» o che essa non è stata redatta in modo chiaro e comprensibile. L'avvocato generale ritiene che un professionista non possa essere considerato responsabile di evoluzioni successive alla conclusione del contratto e indipendenti dalla sua volontà (come, in particolare, variazioni del tasso di cambio). Se così non fosse, non soltanto sarebbero posti a carico del professionista degli obblighi sproporzionati, ma sarebbe compromesso anche il principio della certezza del diritto.

Ora tocca alla Corte Ue
L'avvocato generale conclude, al riguardo, che si deve tener conto di tutte le circostanze che il professionista avrebbe potuto ragionevolmente prevedere al momento della conclusione del contratto. Il significativo squilibrio non può, per contro, essere valutato in funzione di evoluzioni successive alla conclusione del contratto sulle quali il professionista non esercitava alcun controllo e che non poteva prevedere (come le variazioni del tasso di cambio). Va infine ricordato, come riporta la stessa Corte, che le conclusioni dell'avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell'avvocato generale consiste nel proporre ai  giudici, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva.