Pensioni, arriva il part time agevolato in uscita. Ecco come funziona
La nuova norma contenuta nella Legge di Stabilità 2016 ha come finalità quella di promuovere un principio di “invecchiamento attivo” e una graduale flessibilità in uscita nel mondo del lavoro
ROMA – Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha dato il via libera al decreto che introduce la novità del part-time agevolato in uscita. Ecco in cosa consiste, chi e come può usufruirne, e perché il sistema paese dovrebbe puntare proprio su una maggiore flessibilità in uscita per coadiuvare la ripresa economica nazionale.
Dal 2015 al 2016: frenano i dati sull'occupazione
Nel 2015 è aumentata l'occupazione e, per la prima volta dopo sette anni, il tasso di disoccupazione ha subito una flessione significativa, passando dal 12,7% del 2014 all'11,9% dello scorso anno. A dicembre c'è stato un vero e proprio exploit, perché i contratti a tempo indeterminato, al netto delle cessazioni, sono cresciuti di circa 186mila unità. Con il trascorrere dei mesi, però, la realtà è tornata ad imporsi con dati tutt'altro che rassicuranti: i nuovi contratti di lavoro, a gennaio, hanno subito una battuta d'arresto registrando un saldo negativo tra cessazioni e attivazioni. In parole povere, nei primi mesi del 2016 sono stati distrutti più posti di lavoro di quanti ne siano stati creati.
La novità del part-time agevolato in uscita
Dati alla mano, si evince che la movimentazione contrattuale relativa agli ultimi mesi del 2015 è ascrivibile soprattutto agli incentivi per le nuove assunzioni messi in atto dal governo con gli sgravi fiscali. Ma poiché gli effetti positivi che hanno avuto sull'occupazione nazionale sono destinati ad esaurirsi rapidamente, non resta che una strada per combattere la disoccupazione e la parola d'ordine è flessibilità in uscita. Il nuovo decreto firmato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si muove proprio in questa direzione.
A chi è riservato il beneficio
La nuova norma del part-time agevolato in uscita, contenuta nella Legge di Stabilità 2016, ha come finalità quella di promuovere un principio di «invecchiamento attivo» e una graduale uscita dal mondo del lavoro delle generazioni più anziane. Questa possibilità, però, è riservata solo ai lavoratori del settore privato con regolare contratto indeterminato full time che abbiano raggiunto il requisito minimo per la pensione di vecchiaia (almeno 20 anni di contributi) e che matureranno anche quello anagrafico entro dicembre 2018 (66 anni e 7 mesi per gli uomini e 65 anni e 7 mesi per le donne per quanto riguarda il biennio 2016-2017).
Cosa spetta al lavoratore
Questi lavoratori e lavoratrici che intendono usufruire della nuova norma potranno richiedere al proprio datore di lavoro il passaggio al part-time, ottenendo così una riduzione dell'orario di lavoro tra il 40% e il 60%. Ogni mese riceveranno in busta paga, oltre alla retribuzione del part-time, anche una somma esentasse che corrisponde ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l'orario non lavorato. L'azienda, infatti, deve impegnarsi a versare al lavoratore i contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti in caso di full-time e in aggiunta anche una contribuzione computata sulla prestazione non effettuata a carico della finanza pubblica.
Uno «svecchiamento attivo»
La misura sarà finanziata dal governo con 60 milioni di euro nel 2016, 120 milioni nel 2017 e 60 milioni nel 2018. Consentirà quindi ai lavoratori vicini alla pensione di trasformare il loro contratto full time in part-time, la cui durata sarà pari al periodo che intercorre tra la data di accesso al beneficio e quella che permetterebbe di raggiungere a tutti gli effetti la pensione di vecchiaia. Si tratta di un modo per agevolare il ricambio generazionale e promuovere la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. Oltre a questa novità, è allo studio anche una nuova formulazione della cosiddetta «opzione donna», vale a dire la possibilità per le lavoratrici dipendenti di andare in pensione con 57 anni e 35 di contributi, ma con il ricalcolo contributivo.
Perché è importante puntare sulla flessibilità in uscita
In primis, una maggiore flessibilità in uscita permetterebbe di sbloccare finalmente il turn over generazionale, consentendo a molti giovani in cerca di lavoro di trovare un'occupazione. Inoltre, una maggiore flessibilità in uscita ridurrebbe l'età media della forza lavoro, perciò farebbe aumentare non solo la produttività del sistema paese, ma anche la sua capacità innovativa. Come sottolinea Felice Roberto Pizzuti nell'articolo pubblicato su sbilanciamoci.info, gli effetti positivi sarebbero non solo economici, ma anche sociali, perché le generazioni più anziane potrebbero dedicarsi ad altre attività socialmente utili aiutando il sistema paese. Sbloccare il turn over generazionale è una necessità impellente, perché troppi giovani vivono come un dramma l'ingresso nel mondo del lavoro. E non si tratta affatto solo di un conflitto intergenerazionale, ma di un problema economico rilevante che soffoca la domanda interna perché priva le nuove generazioni di risorse economiche adeguate, e che per questo rischia di compromettere drammaticamente ogni sforzo messo in atto per favorire la ripresa. Il part time agevolato in uscita è un piccolo passo nella giusta direzione, ma ne serviranno degli altri.
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