27 agosto 2025
Aggiornato 22:30
Si teme una guerra delle valute

La finanza internazionale ha paura della Cina

In aumento l'acquisto degli asset sicuri e dei beni rifugio (in rialzo anche il prezzo dell'oro), e aumentano le vendite a Wall Street

NEW YORK (askanews) - Le continue preoccupazioni per la crescita globale hanno messo a tappeto i listini mondiali e riacceso un'avversione al rischio che ha spinto al rialzo i beni considerati rifugio. Basti citare gli acquisti sul Treasury a 10 anni, il cui rendimento, che si muove inversamente ai prezzi, è sceso sotto il 2,1%. Inoltre l'oro con un +2,2% a New York ha messo a segno il maggiore rialzo percentuale giornaliero dal 27 aprile, portandosi a 1.152,30 dollari l'oncia, ai massimi dal 14 luglio. Allora a sostenere i prezzi era stata la crisi greca, oggi tornata alla ribalta sul piano politico con le dimissioni del premier Alexis Tsipras e con la chiamata alle urne a settembre.

Crollano i listini a New York
Diversamente dagli asset sicuri, i listini a Wall Street sono protagonisti di forti vendite con il Dow Jones che potrebbe chiudere la peggiore seduta del 2015. L'S&P 500 intanto ha riportato in negativo il bilancio da inizio anno (già in rosso per l'indice delle 30 blue chip) e il Nasdaq potrebbe archiviare il maggiore declino mensile dall'ottobre 2012. Il tutto mentre il petrolio ha iniziato la giornata sfiorando i 40 dollari al barile al Nymex, minimi che non si vedevano dalla recessione del 2009, salvo poi recuperare quota: il contratto a settembre, in scadenza oggi, ha finito in rialzo di 34 centesimi a 41,14 dollari al barile.

Sale l'indice «della paura»
In questo quadro, non è un caso che il Cboe Volatility Index (l'indice della volatilità, altrimenti chiamato «della paura» che misura la volatilità implicita sulle opzioni dell'indice S&P 500) sia in rialzo del 18% a 17,992 punti, sulla strada giusta per chiudere sui massimi dal 9 luglio. Il Dow Jones cede 283,31 punti, l'1,63%, a quota 17.065,42. Finora la giornata di scambi peggiore risale al 30 gennaio, quando l'indice delle 30 blue chip aveva terminato le contrattazioni a quota 17.164,95 archiviando un mese in ribasso del 3,7%. Per il Dow si tratta della peggiore tre-giorni da marzo. In questo arco temporale sono stati persi circa 400 punti. L'S&P 500 scivola di 34,14 punti, l'1,64%, a quota 2.045,47. Il Nasdaq perde 116,19 punti, il 2,32%, a quota 4.902,92.

In Europa maglia nera per Piazza Affari
In Europa, Piazza Affari si è aggiudicata la maglia nera: con una flessione del 2,60%, l'indice Ftse Mib è tornato sotto la soglia psicologica dei 22.500 punti mandando in fumo una capitalizzazione di 13,6 miliardi di euro. Solo Atene ha fatto peggio con -3,52%. A Parigi, il CAC-40 ha segnato un -2,06% a 4.783,55 mentre a Londra il Ftse 100 ha perso lo 0,6% a 6.367,89 (ieri aveva ceduto l'1,9%). L'indice britannico benchmark è così in correzione: è in calo del 10,4% dalla chiusura record del 27 aprile a quota 7.103,98, complice otto flessioni consecutive (la striscia temporale più lunga dal novembre 2011).

La Cina spaventa e si teme una guerra delle valute
Il clima resta quindi condizionato da uno scenario economico globale sempre più incerto. È la Cina prima di tutto a preoccupare. Non solo perchè è la seconda economia al mondo ma anche perchè è il principale acquirente di materie prime. E la volatilità osservata nei suoi mercati finanziari solleva dubbi sulla capacità delle autorità locali di stabilizzarli. Oggi lo Shanghai Composite ha perso il 3,4%, lunedì aveva ceduto il 6,2% e ieri era salito dell'1,2% dopo avere perso fino al 5%. Intanto le borse a Hong Kong e Taiwan sono entrate in zona "orso", ossia hanno perso il 20% dai loro recenti massimi. Si teme peraltro una guerra delle valute.

La valuta kazaka perde un quarto del suo valore
L'11 agosto la banca centrale cinese aveva svalutato lo yuan rispetto al dollaro. Ieri il Kazakistan è stato forzato a lasciare il tasso di cambio libero di fluttuare, provocando una flessione del 25% della sua valuta, il tenge. Il governatore della banca centrale kazaka ha precisato che non è stata una svalutazione ma una transazione verso un tasso di cambio libero. Di fatto però la mossa è arrivata su richiesta di aziende che dipendono dalle esportazioni.

Pechino mette a tappeto i paesi emergenti
Ieri la banca centrale del Vietnam ha svalutato il dong dell'1% contro il dollaro, il terzo aggiustamento dell'anno in corso e simultaneamente ha ampliato al 3% dal 2% il trading range della valuta (il secondo ampliamento in sei anni). Le mosse cinesi stanno mettendo al tappeto le valute dei mercati emergenti, dal rand sudafricano (sceso sui minimi del 2001 contro il dollaro) alla lira turca e al rublo russo (entrambi in calo di oltre l'1%). E il peso colombiano ha raggiunto minimi record contro il biglietto verde.

La Fed rimane cauta
Per riportare un po' di sollievo a nulla sono valsi i toni dei verbali della riunione di luglio della Federal Reserve diffusi ieri e da molti interpretati come "dovish». In Usa il fatto che le vendite di case esistenti siano cresciute a luglio ai massimi visti prima della recessione e che l'indice manifatturiero della Fed Philadelphia sia salito più del previsto (buona premessa per l'Ism manifatturiero nazionale in arrivo a inizio settembre) non è bastato a controbilanciare una contrazione inattesa del superindice il mese scorso. È la dimostrazione che il mercato studierà con attenzione ogni singolo dato macroeconomico in arrivo da qui al prossimo settembre, quando la Fed si riunirà.L'appuntamento per il governatore Janet Yellen sarà una prova del nove. È da mesi che la banca centrale Usa segnala l'intenzione di stringere la cinghia, ma in molti scommettono che alzare i tassi in questo contesto sarebbe un errore. E infatti le probabilità di un aumento del costo del denaro (fermo ai minimi storici raggiunti nel dicembre 2008 allo 0-0,25%) il mese prossimo, così come calcolate dai future sui Fed funds, sono scese al 24% e per Morgan Stanley scenderanno allo 0% il 17 settembre.