Yemen: chiuso per «forza maggiore» l'unico terminal Gnl del Paese
Fermo il cuore pulsante dell'economia yemenita. La compagnia che gestisce l'impianto, la Yemen Lng, ha interrotto qualsiasi operazione nell'area a causa dei forti scontri nella regione meridionale di Belhaf.
SAN'A – Fermo il cuore pulsante dell'economia yemenita. La compagnia che gestisce l'unico terminal di gas del Paese, la Yemen Lng, ha interrotto qualsiasi operazione nell'area dichiarando lo stato di «forza maggiore», a causa dei forti scontri che si stanno registrando nella regione meridionale di Belhaf. Il Paese mediorientale dal 2009 ha puntato sempre più sulla produzione di gas naturale liquido (Gnl) al posto dell'estrazione di petrolio, a causa dei numerosi attacchi alle infrastrutture per l'estrazione di idrocarburi.
DA LI' PARTONO IL 3% DELLE ESPORTAZIONI MONDIALI DI GNL - In un comunicato della compagnia, controllata dalla francese Total (39,62%%) e da Hunt Oil Company (17.,22%), Yemen Gas Company (16,73%), SK Corp. (9,55%), Kogas (6,00%), Hyundai Corporation (5,88%), e dall'ente pensionistico dello Yemen (5%) è scritto che dopo il «nuovo peggioramento delle condizioni di sicurezza attorno a Belhaf», Yemen Lng ha «deciso di sospendere tutte le operazioni di produzione ed esportazione, e di evacuare il proprio personale», stando a quanto si legge in un comunicato. Il Gnl prodotto a Belhaf è stato per il 90 per cento esportato sui mercati asiatici (85%), americani (14%) ed europei (1%), mentre il restante 10 per cento è stato consumato all'interno del Paese. La zona di Belhaf, sul Golfo di Aden nella provincia di Shabwa, è contesa fra i sostenitori del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi e i ribelli sciiti Houthi. Da lì sono stati estratti nel 2013 10,363 miliardi di metri cubi di Gnl, circa il 3 per cento della produzione mondiale secondo le stime di IHS Global Insight. Al gennaio 2014, secondo l'Oil & Gas Journal nel sottosuolo yemenita si trovano riserve provate di Gnl per 4mila 700 miliardi di metri cubi.
I CONTRACCOLPI SUL PETROLIO - Recentemente molti analisti hanno collegato l'aumento dei prezzi petroliferi alla guerra civile in corso in Yemen. Nonostante il Paese non sia un grande produttore di «oro nero», (ne estraeva 100mila barili al giorno nel marzo 2014, contro gli oltre 400mila dei primi anni 2000 secondo l'Agenzia Usa per l'Energia) è comunque uno Stato chiave nel settore degli idrocarburi. Dallo stretto di Bab el-Mandab, che divide lo Yemen da Gibuti, passano infatti 3,4 milioni di barili di petrolio ogni giorno facendone uno dei punti chiave del trasporto marittimo mondiale. Nel caso venisse impedita la navigazione in quel tratto di mare largo 30 chilometri e lungo 3,2 le navi dirette in Europa e nelle Americhe dovrebbero circumnavigare l'intero continente Africano.
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