18 agosto 2025
Aggiornato 02:30
Lavoro

Caos Jobs act

Mancano i decreti attuativi. Quello sui nuovi ammortizzatori è bloccato perché la Ragioneria dello Stato, che deve «bollinarlo», ha chiesto chiarimenti al governo sulle risorse stanziate. Non è comparso sulla Gazzetta Ufficiale nemmeno il tanto atteso contratto a tutele crescenti. Altri 3 sono ancora da scrivere

ROMA – Caos Jobs act: mancano i decreti attuativi. Il governo aveva promesso che la riforma del mercato del lavoro sarebbe stata almeno parzialmente operativa dai primi di gennaio, convocando con un certo clamore un Consiglio dei ministri il 24 dicembre proprio per sciogliere gli ultimi nodi. Ci si aspettava risposte sopratutto per quanto riguarda il nuovo contratto a tutele crescenti, che sarebbe dovuto approdare in Parlamento il 7 gennaio e che stando a Teresa Bellanova, sottosegretario al Lavoro, dovrebbe diventare operativo da metà febbraio dopo aver ricevuto il parere non vincolante dalle commissioni Lavoro di Camera e Senato.

I DUBBI DEL TESORO - Nè alla Vigilia di Natale, né nei giorni successivi però è comparso un novello Alessandro Magno in grado di recidere di netto il nodo gordiano del Job act che da mesi assilla l'esecutivo Renzi. Anzi, come riportato dal Sole 24 ore, per il decreto attuativo sulla Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego), si dovrà attendere la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato, a cui spetta il compito di valutare se le coperture individuate dal governo siano adeguate. Per i contabili del Tesoro infatti, non è chiaro se basteranno i 2,2 miliardi l'anno per il triennio 2015-2017 che l'esecutivo ha ipotizzato per finanziare il novello sussidio di disoccupazione, che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo primo maggio. Da parte sua il governo è arrivato a quella cifra partendo dalle stime inserite nel Documento di economia e finanza (Def), che prevedono una discesa graduale del tasso disoccupazione, che dovrebbe passare dal 12,5% del 2015 (dall'attuale 13,4%), al 12,1% del 2016 e all'11,6% del 2017. In questo calcolo però, è stato omesso il conteggio di quanti, soprattutto dal 2017, avranno diritto alla Naspi, che allarga il sussidio di disoccupazione anche a chi ha un contratto di lavoro a tempo determinato.

NASPI E DIS-COLL - Inoltre nel decreto attuativo del Naspi erano inseriti anche l’assegno sperimentale di disoccupazione (Asdi) e l’indennità per i collaboratori rimasti senza lavoro (Dis-coll). L'Asdi, di cui ci si aspetta l'operatività dal 1 maggio 2015 (in via sperimentale per l'anno), ha il compito di fornire assistenza a coloro che esaurita la Naspi, siano ancora alla ricerca di un nuovo impiego. Lo si potrà richiedere per massimo 6 mesi e l'importo sarà pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della Naspi. Anche la Dis-coll è una misura varata in via sperimentale per il 2015, indirizzata ai collaboratori (coordinati e continuativi e a progetto) che perdono il lavoro dal 1 gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015: sarà riconosciuta ai soli iscritti alla Gestione separata, mentre ne resteranno esclusi i pensionati e chi è privo di partita Iva. L'indennità sarà corrisposta a chi ha accumulato almeno tre mesi di contribuzione dal primo gennaio dell’anno solare precedente. L'importo sarà pari al 75% del reddito percepito nei casi in cui sia pari o inferiore a 1195 euro mensili per crescere per chi ha percepito di più, ma non oltre i 1300 euro mensili. Potrà essere corrisposta per la metà dei mesi di contribuzione.

LE MODIFICHE ALL'ARTICOLO 18 - Tutto fermo anche per quanto riguarda il decreto attuativo sull'articolo 18, che varrà per i neo assunti mentre non sarà applicabile ai dipendenti statali, a chi è già assunto a tempo indeterminato in aziende con più di 15 dipendenti e per i nuovi e vecchi dipendenti di aziende con meno di 15 dipendenti. Con la nuova formulazione potranno essere reintegrati quei lavoratori licenziati per motivi discriminatori, ma anche, in casi limitati, coloro che sono stati espulsi dall'azienda per motivi disciplinari. Se il licenziamento invece è dovuto a motivi economici, il lavoratore potrà vantare solo diritti di natura monetaria. Riceverà due mensilità per ogni anno di anzianità, partendo da un minimo di 4 e arrivando a un massimo di 24 mensilità, senza reintegra. E' stato poi inserito l'istituto della conciliazione: l'azienda potrà offrire al dipendente licenziato una certa somma (un mese di retribuzione per ogni anno di anzianità, con un minimo di 2 mesi e un massimo di 18, tutto esentasse), che se accettata «comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta».

LA QUESTIONE PRODUTTIVITÀ - Come ha fatto notare Lavoce.info, il lavoratore, ritenuto poco produttivo, non potrà più utilizzare come arma il reintegro perché «se il salario è nettamente superiore alla produttività del lavoratore (e non può essere ricontrattato), all’azienda può convenire pagare l’indennizzo monetario previsto per il licenziamento e sostituire il lavoratore – magari più anziano e meno produttivo – con uno più giovane e più produttivo. Se negli anni a venire un lavoratore anziano sarà pagato molto più della sua produttività rischierà di essere licenziato». Poi c'è la questione dei licenziamenti collettivi (due o più dipendenti), che in passato faceva scattare la mobilità nelle aziende con più di 15 dipendenti. Ora l'azienda potrà procedere contemporaneamente a più licenziamenti individuali (dal costo certo), senza doversi preoccupare delle contromisure da parte dei sindacati.

DA SCRIVERE ALTRI 3 DECRETI ATTUATIVI - Tutti da scrivere invece gli altri 3 decreti attuativi che riguardano la conciliazione di maternità e lavoro, le politiche attive, e lo snellimento della burocrazia per lavoratori e imprese. Per redarli l'esecutivo ha sei mesi di tempo, dall'entrata in vigore della legge datata 16 dicembre 2014, mentre saranno poi modificabili ancora per un anno con eventuali integrazioni o migliorie.